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CIRCOLO ACLI MARIO CIATTONI (PESCARA): IL CIRCOLO DELLA RIVIERA E IL PARCHEGGIO IN MEMORIA DEL PRESIDENTE CIATTONI, SNODO DELLA VITA AGGREGATIVA NEL TERRITORIO.

Antonio Iachini Vicepresidente delle Acli provinciali di Pescara e Presidente del Circolo Acli “Mario Ciattoni” ci racconta il percorso di questo circolo, situato nella zona nord di Pescara, sulla Riviera. “Il nostro Sindaco uscente”, dice Antonio, “volle istallare una targa a nome di questo importante personaggio di nome Mario Ciattoni”. Fu presidente provinciale delle Acli negli anni ’50, prematuramente scomparso il 15 novembre 1963 in un incidente stradale, nonché anche fondatore del centro di formazione professionale Enaip e della Città dei ragazzi. Un uomo straordinario impossibile da dimenticare.

Quanti siete Antonio e quali sono le attività del vostro Circolo?

Siamo circa 120 iscritti. Il trenta per cento frequenta abitualmente e si tratta soprattutto di persone anziane. Per il resto dipende dalle attività e dalla posizione in cui ci troviamo, vicino al mare; abbiamo un ampio parcheggio e nel periodo soprattutto estivo il circolo è frequentato da numerose famiglie che non sono però sempre della zona. Un gruppo di persone del circolo, che si occupano di altro nella vita, almeno una volta l’anno danno vita ad una manifestazione e degustazione di cucina importante, con l’utilizzo del barbecue e sistemi particolari per la cottura dei cibi. Nel 2021 abbiamo ospitato un evento per imparare a cucinare le gustose ricette abruzzesi, attraverso l'utilizzo del barbecue con Abruzzo BBQ, la prima barbecue Community 100% abruzzese. Questo è solo un esempio.

Organizziamo delle cene per ritrovarsi e giocare insieme, a scopo puramente ricreativo. Durante l’estate, ogni anno a luglio, prepariamo una festa storica chiamata “festa della Porchetta” invitando soci e famiglie per un totale di quasi 250 partecipanti. Io sono di Pescara e riesco a trovare anche nei luoghi circostanti dove trovare le materie prime di qualità per organizzare la festa. Nel paese di Colledara la loro economia è centrata sulla porchetta e mi rifornisco dalle aziende di queste zone. Mandiamo un invito anche alle autorità locali e ci occupiamo anche della musica.

Un’altra attività che non manca per inostri soci sono le gite, almeno due volte l’anno, che organizziamo al santuario a Caserta, oppure ad Assisi e dintorni o in alcune parti della Toscana.

Queste sono le principali attività del nostro circolo.

Mi parlavi di un parcheggio e quali altri spazi avete a disposizione per ritrovarvi?

Ci sono locali che a suo tempo costruì i locali dove siamo, quattro, cinque stanze. Abbiamo un piccolo bar dove non ci occupiamo della ristorazione vera e propria, facciamo il caffè, proponiamo il gelato o la birra, quello che serve per un consumo veloce. Nel dopoguerra, attorno agli anni ’60, Ciattoni si preoccupò di costruire le palazzine dell’ENAIP per l’istruzione professionale dei ragazzi e poi una palazzina al piano terra, di cui parlavo all’inizio, dove le stanze al piano terra vengono usate dalla Sede provinciale e nel resto ci siamo noi del Circolo.

Abbiamo anche un gruppo di ciclisti con noi si chiamano “Cicloamatori”, sono nostri soci, ma sono dei professionisti e loro ci aitano nell’organizzazione di tutte le iniziative che pensiamo: quando mettiamo in piedi l’evento arrosticini, fava e prosciutto; oppure a novembre quest’anno abbiamo voluto preparare la “Festa del Cornuto”. Lo so è bizzarro, ma si tratta di una ricorrenza storica da noi che si festeggia il 10 novembre ed è usanza consumare castagne essendo il periodo adatto. Siamo un Circolo storico e tradizionale, qui le persone hanno bisogno di ritrovarsi in spazi comuni, di parlare e di vivere esperienze piacevoli insieme. Noi cerchiamo di creare queste occasioni anche con le poche risorse che abbiamo a disposizione.

Durante il periodo della Pandemia, abbiamo fatto un po' di autofinanziamento, poi ho riunito il direttivo e con il denaro che siamo riusciti a raccogliere, grazie ai soci, abbiamo dato in beneficenza per il sostegno agli ucraini. Abbiamo anche contributi da parte di diversi sostenitori.

Voi vi caratterizzate per……

Di certo per la dimensione. Siamo tra i più grandi di Pescara e dintorni e abbiamo una posizione favorevole. Inoltre, collaboriamo in modo stretto e molto produttivo con il Provinciale di Pescara. Poi tra le cose più importanti è che siamo Associazioni Cristiane Lavoratori Italiane, questo è lo spirito che coinvolge tutti noi; le porte sono aperte a chiunque senza nessuna distinzione. Questo è il nostro essere Acli.

“AMICI DI CASA JORN” APS DELLE ACLI (SAVONA): UN “MUSEO DI NUOVA GENERAZIONE” DIVENTA LA CASA IN CUI LA STORIA LOCALE INCONTRA I SUOI ABITANTI

A Savona conosciamo “Amici di Casa Jorn”, una aps delle Acli che nasce essenzialmente per la gestione della Casa Museo di Albissola Marina. L’origine dell’idea, ce la facciamo raccontare da Paola Gargiulo, operatrice museale, curatrice di mostre, e parte della grande famiglia degli “Amici di Casa Jorn”.

Tutto si concentra nel 2014 (inizia Paola) ma l’idea di un museo diffuso nasce prima, all’incirca nel 2011 e prevedeva che si mettessero in rete tutte le realtà che sono proprietà del Comune di Albissola Marina, ovvero le sedi civiche Centro esposizioni MUDA, Fornace Alba Docilia e Casa museo Jorn. Quando è stata avviata la gestione sperimentale del MUDA, la direzione del Comune ha deciso di affidare a delle associazioni culturali il coordinamento di questi tre luoghi. Ad Amici di Casa Jorn è stata affidata la Casa museo. Quindi Amici di Casa Jorn, associazione di promozione sociale, nasce nel 2015 con lo scopo di convogliare energie e risorse in un progetto di valorizzazione e sostegno della Casa Museo Asger Jorn di Albissola Marina. L’associazione nasce dall'incontro e dal desiderio di diversi professionisti nei campi della gestione, conservazione e promozione dell’arte e del patrimonio culturale. L’Associazione è composta nello specifico da storici dell'arte, alcuni di loro all'epoca, appena iniziata questa gestione, erano giovani studenti dell'Università di Genova. In collaborazione con il Comune di Albissola Marina, lavoriamo con passione alla valorizzazione di Casa Museo Jorn, migliorandone la conoscenza e fruizione e contribuendo a renderla un luogo vivace e creativo dove fare esperienza dell’arte, della cultura e della ricerca contemporanea.

Quindi, ora il gruppo come si compone?

Questo gruppo di studenti è cambiato nel tempo, si è specializzato con componenti che lavorano orami da anni nel settore e alcuni sono diventati dottorandi all’Università. C’è tra di noi sempre un importante ricambio, riusciamo a coinvolgere anche professionisti più giovani, altri trovano altre attività. Per capirci il più grande di noi ha 31 anni. Riguardo la possibilità di coinvolgere soci attivi indirizziamo la scelta su chi ha questo genere di competenze, con un background simile, sebbene con delle differenze, ma persone in grado di cimentarsi con il lavoro che facciamo di gestione museale. Però non sempre. Abbiamo anche una volontaria, ad esempio, che si occupa del giardino.

Il nostro intento è stato, ed è tuttora, quello di valorizzare l’eredità di Asger Jorn, che nel 1973 lascia la propria casa al Comune di Albissola Marina con l’intenzione di renderla un punto di riferimento per la popolazione del territorio. Jorn concepiva l’arte e l’architettura come un insieme organico di spazio, forme, colori spontanei, liberi e vivaci, in grado di migliorare la vita delle persone e della comunità. Rispettava la natura, gli animali, i bambini e condivideva volentieri con essi e con gli amici i momenti di festa e di relax, che alternava al tenace impegno artistico e intellettuale. Oggi, anche grazie al nostro contributo, Casa Museo Jorn è un “museo di nuova generazione” dove alla conservazione, alla ricerca e alla mediazione si affianca forte il desiderio di essere attore culturale attivo sul territorio, punto di riferimento per le comunità, nel rispetto delle eredità artistiche e umane che Jorn, anche tramite i racconti dei molti albisolesi.

Questo impegno si traduce per noi in due distinte attività: quella della gestione della Casa museo, in senso stretto, secondo i desideri del suo proprietario e quella della promozione e realizzazione di eventi culturali, mostre e quanto renda possibile alla comunità interagire con questo patrimonio incredibile. Nel perseguire la nostra mission collaboriamo all’accoglienza e organizziamo, in partnership con istituzioni nazionali e internazionali, visite guidate, laboratori, proiezioni, mostre e altri eventi che aspirano ad arrivare a molti con interessi variegati. Così facendo contribuiamo a promuovere una risorsa economica e sociale per il territorio.

Come procede questa seconda direzione? Che eventi organizzate?

C’è da dire che questa è stata un'esigenza che sta un po' nella natura stessa della casa e nei desideri del suo illustre abitante: Jorn ha dichiarato di donare la propria casa affinché potesse essere poi fruita da quante più persone possibili. Sapevamo che non potevamo permettere restasse una casa statica e immobile e che dovevamo sperimentare modi diversi.  Inoltre, la rete Muda, il museo diffuso di cui Casa Jorn fa parte, è gestito da una direzione scientifica, che ha indicato come modalità di operare la realizzazione di attività diverse. Il nostro è il polo che più è stato destinato alle attività in quanto ben si presta ad accogliere artisti del contemporaneo, piuttosto che rassegne di varia natura, o simili. Si tratta anche di attività che si pensano in base anche alle professionalità disponibili nel nostro gruppo, definendo meglio il taglio e il carattere dell’evento. Siamo liberi di proporre, immaginare. Progettiamo noi totalmente la proposta e curiamo un pò tutti gli aspetti, dalla comunicazione, all’organizzazione, e altro.

Quindi ci sono anche professionalità nell’ambito della comunicazione?

Siamo sempre noi ad occuparci di tutto, sebbene in affiancamento ad incarichi curatoriali, svolgiamo anche la comunicazione. Ci siamo strutturati nel tempo, nel senso che, ad esempio, adesso abbiamo un Dipartimento educativo molto importante che prima non avevamo e alcune ragazze si sono specializzate proprio nell'educativo ad esempio. Si tratta dei laboratori per bambini, ma anche per adulti, legate alle mostre o alle altre iniziative che organizziamo, alla storia dell’arte, che coinvolgono diverse fasce di pubblico.

Sul territorio costruite reti con altre realtà vicine a voi? E in che modo?

La particolarità della location, la spettacolarità del suo giardino e gli ampi spazi interni, sono elementi fondamentali per le tante partnership che negli anni si sono concretizzate. Alcune hanno portato alla realizzazione nei nostri spazi di veri e propri eventi esperienziali, altre alla concessione di certificazioni di qualità, altre ancora permettono allo staff di Amici di Casa Jorn di creare, anno dopo anno, un calendario ricco di iniziative diversificate e uniche.

In prevalenza, ovviamente, siamo in rete con le altre associazioni che gestiscono gli altri due poli museali, che sono “Cultura e solidarietà” e Associazione la fornace. Poi abbiamo lavorato con altre associazioni in passato

Molto bello abbiamo collaborato insieme a BAM! Strategie Culturali, per conto dell’Amministrazione del Comune di Savona, per portare avanti un percorso volto ad avvicinare sempre più i musei della città ai suoi cittadini, e viceversa. Dopo il progetto “Cari albisolesi”, siamo andati a Savona per lavorare insieme ad altre otto realtà museali e culturali (All About Apple Museum, Complesso Monumentale del Brandale, Complesso museale della Cattedrale e Cappella Sistina, solo per dirne alcune) e alla cittadinanza tutta. Abbiamo studiato come i musei di Savona conoscono e monitorano il loro pubblico e in che modo i cittadini savonesi percepiscono e frequentano il loro patrimonio culturale, per poi incontrare alcuni target di pubblico, per capire i loro bisogni e creare un bacino di potenziali ambasciatori dei musei. Inoltre, mi viene in mente l'associazione Angelo Ruga, un'associazione sul territorio con cui condividiamo magari progetti espositivi. Insomma, ce ne sono diverse. Siamo convinti che per offrire un prodotto culturale di qualità sia indispensabile creare una rete di collaborazioni ampia e variegata. Ecco perché abbiamo sempre coinvolto altre istituzioni culturali nei nostri eventi: da quelli sul territorio fino a partner di valore internazionale. Non manca uno stretto rapporto con le botteghe artigiane di ceramica delle Albisole.

Nel 2020, ad esempio, l’Associazione si è concentrata sulla stesura di nuovi progetti editoriali: in particolare, la fine del 2020 e il 2021 abbiamo pubblicato la prima guida del museo e uno strumento di mediazione a fumetti pensato appositamente come “guida dei piccoli visitatori”.

Una caratteristica che vi distingue, che sia solo vostra, quale potresti indicare?

Probabilmente il nostro valore aggiunto sta nella preparazione all’interno dell'ambito nel quale lavoriamo. Abbiamo tutti una formazione piuttosto specifica che in parte ci distingue da altre associazioni gemelle; abbiamo proprio una specifica competenza nelle cose che facciamo, anche a livello professionale elevato. La ricaduta è evidente, abbiamo un riscontro positivo su questo aspetto, sia sul territorio nazionale che internazionale. I progetti che abbiamo realizzato hanno sempre avuto una vasta risonanza anche loro. Poi il nostro è un modo di avvicinarci alle persone attraverso l'arte e la cultura.

CIRCOLO ACLI “NUOVA SCENA” (CATANZARO): LA FUNZIONE EDUCATIVA E SOCIALE DEL TEATRO AL SERVIZIO DELLA CITTA’

Il Circolo Acli “Nuova scena” si colloca nella zona Nord di Catanzaro, vicino allo stadio. Catanzaro è una città su tre Colli, per percorrerla a piedi impieghi in tutto mezz'ora. Alle spalle del laboratorio teatrale del circolo ci sono i Monti della Presila e alle volte la mattina i monti sono imbiancati. A sud c’è il mare: il circolo dista 15 km dal mare e 25 km dalla neve. Dal punto di vista della sua privilegiata posizione nel territorio non manca nulla.

Trent’anni prima esisteva il Circolo Catanzaro centro. Spiega Salvatore Conforto, Presidente di “Nuova scena” e delle Acli Provinciali di Catanzaro. Continua Salvatore: sono un’aclista da 45 anni. Sì, praticamente ho iniziato a fare Acli a 15 anni, con US Acli, con attività di pallavolo e poi sempre di più. Ho fatto un corso di formazione professionale all’ENAIP, che è durato due anni, per rimanere all’interno tutor. Oggi ho 33 anni di banca, ma se sono quello che sono lo devo esclusivamente alla formazione che mi hanno detto le Acli.

Nuova scena nasce da un mio desiderio, da un’esperienza che porto con me. Da bambino facevo teatro, ho anche fatto tournée con attori di un certo livello, poi sono andato all'Università e mi sono dedicato ad altro, ma non ho smarrito la passione per questa forma di arte. Per tale ragione nel 2009 nasce “Nuova scena” che, all’inizio però, si cimenta in alcune presentazioni di libri. Successivamente ci siamo dedicati al teatro, aprendo un laboratorio che, il 10 di giugno di quest'anno, fa il suo quasi ventesimo saggio. Abbiamo un laboratorio prettamente teatrale e una scuola che, praticamente negli ultimi 10 anni, non ha mai registrato meno di 25 allievi. I genitori dei ragazzi sono soci del circolo. Legata al laboratorio teatrale e sempre Acli, abbiamo fondato una compagnia teatrale. L'abbiamo chiamata “La compagnia di Irene”, il nome di una nostra allieva che purtroppo a 14 anni ci ha lasciato, senza neanche dirci il perché. E’ rimasta sul divano di casa sua e non l’abbiamo mai più potuta avere tra noi. Tutto quello su cui la compagnia ha lavorato lo abbiamo dedicato a lei.

Nel 2019, ci siamo fatti un po' più grandi, ricordiamo l’apertura di un Piccolo Teatro di 50 posti. In questo spazio continuiamo la presentazione di libri, e a settembre iniziamo una rassegna, che presenterà un libro ogni mese, all'interno del nostro del nostro circolo, con scrittori e poeti esclusivamente dell'hinterland catanzarese. L'abbiamo pensata come: “Aclilibriamoci”. Vediamo un attimo che tipo di riscontro avrà in futuro, perché Catanzaro non è grande, ma è piena di iniziative culturali. Ogni volta che qualcuno propone qualcosa ci dobbiamo coordinare, altrimenti alla fine chi ha 100 persone, chi ne ha 50, chi ne ha 20, chi ne ha ne ha 30. Spesso non riusciamo però.  

Con Nuova scena, poi, da sette anni abbiamo messo in piedi un momento che abbiamo chiamato “serata d'artista”, praticamente. Per il mio cinquantesimo compleanno, invece di una festa classica ho privilegiato l’idea di affittare un piccolo teatro e far inscenare qualcosa agli invitati, fummo 200 persone. Questa idea è piaciuta molto. Tutte le Compagnie teatrali di Catanzaro e le associazioni e anche i laboratori musicali aspettano questa festa e poi diventa una festa per poter partecipare e potersi esprimere. Quest'anno lo facciamo al teatro Politeama di Catanzaro, uno dei teatri più importanti da Napoli in giù, 900 posti, 25 per 25 il palco.

In un contesto così variegato come racconti, voi siete riusciti ad instaurare delle collaborazioni con altre realtà del territorio?

Allora noi abbiamo collaborato con Città solidale, che è una importante associazione di volontariato della zona. Ecco, qui a Catanzaro diciamo che il leader è Don Piero Puglisi, che non è quello lì che immaginiamo, ma un altro e con loro abbiamo lavorato molto. Loro realizzano molti progetti.

Noi dal 2015, perciò sono quasi 10 anni, l'anno prossimo facciamo 10 anni, portiamo in giro uno spettacolo che si chiama Barbablù. Praticamente è basato su circa dieci racconti che, ogni anno rinnoviamo e riadattiamo. Sono storie di impatto sul tema del femminicidio e in generale sulla violenza di genere. Vengono rappresentate dagli allievi più meritevoli della nostra scuola e con lo spettacolo abbiamo già girato mezza Calabria, siamo quasi alla venticinquesima replica, in dieci anni. Parliamo sempre di uno spettacolo che si autofinanzia e che non chiede contributi a nessuno. Città solidale ci ha supportato. Ci ha invitato per tre volte a una sua manifestazione sua, perché loro hanno anche una Casa-famiglia e propongono alle ospiti questo spettacolo. Quest'anno l'abbiamo rappresentato al teatro comunale di Soverato, che è una zona di mare vicino Catanzaro.

Durante il buio periodo della pandemia, abbiamo investito su un paio di progetti, sia con il Provinciale, sia con il Regionale. Ci siamo occupati di “Una mano per la spesa”, iniziativa promossa dalle Acli. Molto interessante perché abbiamo avvicinato anche persone che credevamo non potessero aver bisogno di noi. In quel periodo è stato tutto veramente un po’ difficile, ma poi ci siamo ripresi. Abbiamo collaborato con l'assessorato ai servizi sociali. Lì c'è un pozzo senza fondo, purtroppo. Abbiamo incontrato persone che non vogliono far conoscere la loro condizione di fragilità. Allora devi affrontare due problemi: quello del supporto primario e l’altro è il problema emotivo. È difficile, però qualche volta ci riusciamo.

Avete in piedi altre progettualità? Collaborate con altri circoli nel territorio vicino?

Comunque, noi i progetti non proviamo a farli, devi avere una struttura alle spalle per fare una cosa del genere e farla bene, altrimenti rischi di farti male. Però collaboriamo con un altro circolo qui a Catanzaro che si chiama Città del vento. Loro con, Alessandra Storino in testa, progettano molto e fanno progettazione di livello, hanno preso due o tre progetti anche importanti. Quello è un circolo, diciamo che si rivolge molto a progetti di reinserimento di persone disagiate. Poi ne hanno proposto uno sulla città di Catanzaro, praticamente bandito dal Comune e poi, l'anno scorso, hanno vinto un progetto della Regione Calabria. Poi ci si supporta.

Adesso anticipo che il 13 di settembre a Catanzaro ci sarà una cena straordinaria, sulla falsa riga di quanto organizzano a Parma, si tratta della “cena dei 1000”.  In pratica, il corso della città sarà attrezzato con mille posti a sedere, dove ci accomoderanno le persone che comprano il biglietto, per prendere parte ad una cena con la presenza dei sei cuochi più stellati di Calabria. Stiamo collaborando anche con Acliterra e anche con gli altri circoli è chiaro. Chissà speriamo di poter organizzare un bel tavolo Acli anche al Nazionale in occasione dell’Ottantesimo anniversario della nostra associazione. Al netto di tutto quello che si spenderà e non sarà poco, il ricavato della serata sarà devoluto agli “Insuperabili”, un'associazione di volontariato, con cui Acli Città del vento collabora da un po'.  L’associazione coinvolge ragazzi prevalentemente down che una squadra di calcio. E se tu vai a cercare qualche cosa su Internet, vedrai che sono rappresentati da Chiellini, Baggio e altre figure di spicco del calcio. Quindi questa è una manifestazione che promuoviamo insieme con il circolo, poi anche come provinciale.

Buone collaborazioni le abbiamo con la nostra parrocchia di San Pio decimo di Catanzaro. Poi con il circolo Arci Hercules: abbiamo fatto un esperimento comune, occupandosi loro di tetro dialettale, noi ci siamo occupati della rappresentazione in lingua e loro hanno fatto il teatro dialettale. Loro stanno nella parte sud di Catanzaro e noi siamo nella parte nord e loro hanno portato una piccola commedia nel nostro circolo e noi siamo andati da loro a portare il nostro spettacolo. Poi lavoriamo molto e da molto tempo con il Centro di solidarietà, un centro per tossicodipendenti su Catanzaro. Tu pensa che il Presidente una volta era Don Mimmo Battaglia, oggi arcivescovo di Napoli. Loro hanno in gestione un centro polivalente e ogni anno facciamo una prova generale aperta degli allievi a cui assistono i loro ospiti.

Ma è vero che vi occupate anche di radio?

Assolutamente. Facciamo un programma radiofonico come circolo che è aperto, su radio Ciak, una radio in FM su Catanzaro. La nostra città ha un primato sulle radio libere, avevamo in proporzione tante radio quante ne aveva Milano. Poi con l’avvento della legge Mammì sono scomparse e per cinque anni c'è stato il buio totale. Ci siamo rimessi insieme con un'altra associazione che si chiama “Darwin”, sempre a livello volontaristico, non c'è niente di commerciale, è una radio libera a tutti gli effetti. Io faccio un programma la mattina di domenica e invece con tutta la mia troupe lo facciamo il giovedì pomeriggio dal titolo “Sipario aperto”, sempre attinente ad arte, musica e spettacolo.  

Il gruppo di Nuova scena che si attiva per l’organizzazione delle attività è composto da quante persone?

Come soci saremo una ottantina, poi dipende dagli anni: salgono e scendono, ovviamente. Mentre la cerchia di persone più attive che mi supporta è composta da circa una quarantina di soci. Adesso non siamo pochi, diciamo che dopo il Covid ci siamo un po’ ripresi: Durante il periodo del Covid, non abbiamo chiuso perché facevamo le lezioni online, però è stato terribile.

Dal tuo punto di vista, perché Nuova scena è importante per il territorio, quale è il significato della sua presenza a Catanzaro?

Offre a tutti l’opportunità di fare comunicazione e teatro come importante occasione di aggregazione, per stare insieme. Penso che abbiamo creato una combinazione tra chi ha interesse professionale per il teatro, chi viene per confrontarsi ed esprimersi e chi del teatro ne ha davvero bisogno. Noi non facciamo teatroterapia, però abbiamo coinvolto persone che hanno problemi di comunicazione e non riescono ad esprimersi; poi altri ragazzi che hanno disagi di carattere fisico e chi ha subito violenza sotto forme diverse. Per questo collaboriamo con la casa di Nilla, un'altra casa-famiglia, e da quest'anno abbiamo inserito due allieve che, purtroppo, hanno subito delle violenze in famiglia, e vengono dalla casa-famiglia. Probabilmente il teatro dovrebbe essere una materia scolastica ancora in Italia, non l'abbiamo capito.

Qualche sogno nel cassetto per il prossimo futuro?

Abbiamo programmato l’evento “Serata d'artista”.  Il 10 giugno facciamo il saggio e l'anno prossimo vorremmo provare a prendere in gestione un teatro di 100 posti, per farlo diventare un circolo. Abbiamo già trovato il posto, sono cento posti, vicino al centro storico, però va fatto un progetto perché i costi sono abbastanza importanti. Si tratta di un grande sogno. Vedremo se si realizzerà.

CIRCOLO ACLI DON PIERO CARPENEDO (VICENZA): PASSATO E PRESENTE SI INTRECCIANO NELLE OPPORTUNITA' AGGREGATIVE DEL CIRCOLO DI BREGANZE

Le radici del circolo di Breganze affondano nel territorio di un Paese collocato tra la pianura e le colline dell’Altipiano di Asiago, un riferimento forte all’agricoltura e alla produzione del vino.

“Il nostro comune vicentino conta circa 7000 abitanti e in una frazione vicino al nostro circolo, possiamo trovarne un altro con Acli Arte e Spettacolo. Dal punto di vista aclista, la presenza dell’associazione è piuttosto diffusa. Così racconta Oreste Fraccaro, Presidente, ora pensionato ed ex Direttore di Patronato Acli, dall’anno ’91, fino al 2011.

Quello che oggi è il circolo lo deve soprattutto al suo lontano passato. Per questo è impossibile comprendere se non si cerca di riscostruire i passi di questa esperienza lontana e i segni che ha lasciato.

Oreste prosegue: il nostro è un circolo storico. Il primo nucleo Acli costituito, sebbene ancora non proprio un circolo, risale al 1945. Dalla documentazione in nostro possesso si riscontra il circolo già costituito, presente ad un incontro provinciale del 13 gennaio del 1946, in cui si definiscono gli obiettivi associativi a livello locale. Pochi giorni dopo a Breganze si tiene una conferenza con Mariano Rumor, già membro del Comitato di liberazione Nazionale per promuovere la causa aclista. L’allora presidente del circolo di Breganze è Attilio Boschiero, maestro di musica, organista e partigiano e con grande capacità di visione del futuro. Con il passare del tempo prendono piede anche le iniziative acliste destinate al mondo del lavoro che all’epoca versava in una profonda crisi, all’interno di alcuni principali stabilimenti metalmeccanici. A Breganze, in particolare, c’era un’azienda di nome “Daverda” che si occupava di produrre strumenti meccanici per l’agricoltura, diventato poi il maggiore produttore di macchine agricole cambiando nome e storia. Quando ha attraversato una fase di crisi le Acli entrarono all’interno dell’azienda, un nucleo che sosteneva le attività e le lotte dei lavoratori. La prima sperimentazione.

Ad opera del circolo, in coincidenza con i tempi, nasce il “Segretariato del popolo” cioè il Patronato per l’assistenza ai lavoratori. Per un lungo periodo non viene collocato in una sede specifica e la funzione di addetto sociale viene svolta dal socio Armido Cogo. Nel 1946 il circolo vanta già circa 650 iscritti e già all’epoca inizia una tradizione storica molto viva anche oggi delle gite sociali. Adattandosi ad alcune prescrizioni di quel periodo di Mons. Borsato, queste escursioni riguardavano per lo più pellegrinaggi ad alcuni santuari e le zone montane, più adatte a non indurre la promiscuità. Il principale ricordo riguarda una gita a Recoaro. Degli stessi anni è l’attività culturale promossa dalle Acli breganzesi, percorsi educativi rivolti ai bambini in età scolare e lezioni di sociologia cristiana agli operai che apprendevano a confrontarsi sulle questioni sindacali. I soci passano a 800 e si cerca una sede appropriata con spazi adeguati a contenere persone e attività che si moltiplicano. All’inizio i contrasti con il parroco sono forti e questo impedisce di trovare una naturale collocazione nei locali della parrocchia, dopo però i contrasti si risolvono.

Il 1947 fino al 1949 rappresentano anni significativi per il ruolo assunto dall’emigrazione italiana all’estero con l’apertura delle frontiere dell’Argentina a circa centomila italiani che hanno l’opportunità di diventare proprietari delle terre che sono chiamati a coltivare laggiù. Il circolo di Breganze si attiva per promuovere corsi di lingua e di supporto con l’obiettivo di preparare i lavoratori alla partenza. Si segnala la fioritura di altre iniziative, corsi di istruzione professionale e la nascita di cooperative promosse dalle Acli, in particolare di generi alimentari (produzione vino), vestiario, edili (costruzione del Villagio Acli) e agricole. Molte anche le attività ludico-ricreative (teatro, giochi di bocce, gite, ecc.).

Importante, in quegli anni fu il progetto del corso di cultura post-elementare, per andare incontro al desiderio espresso dai lavoratori di allargare le proprie cognizioni ferme alla quinta elementare, considerando che per accedere alle scuole medie era necessario allontanarsi di molto da Breganze. Si chiese il concorso economico da parte del comune, ottenendo alcune aule del fabbricato scolastico per poter realizzare i corsi. Successivamente si attivano i corsi serali per l’apprendimento dell’italiano, del disegno e della matematica, con un’accoglienza di oltre 120 partecipanti.  

E volendo provare ad avvicinarci più ai giorni nostri, cosa è successo al circolo? Come è cambiato e su cosa si concentra maggiormente?

Io, di fatto ho un’esperienza più recente. Promuoviamo un calendario di attività molto diversificato che cerca di accogliere le necessità delle diverse fasce di età qui a Breganze. Abbiamo immaginato “le Acli e una fede” un ciclo di incontri di promozione e spiritualità: commenti settimanali al Vangelo con vari autori e condivisione di preghiere dal Vangelo; inoltre, approfondimenti di tematiche di fede, sulla Parola, gli avvenimenti, ecc. la vita con relatori vari.

Ci si è proposti di realizzare una banca del tempo, ci sembrava una cosa carina. Inoltre, stiamo pensando alla realizzazione di un progetto iniziativa “Gli angeli del bello” che riguarderebbe l’individuazione di alcune figure disponibili a promuovere iniziative di sensibilizzazione sull’ambiente e la sostenibilità. Questo riguardo ciò che c’è in cantiere. Poi svolgiamo corsi di inglese per bambini e adulti, sono sei diverse fasce d’età che abbiamo coinvolto nei corsi.

Un impegno particolare, che ancora è in corso, è il percorso di formazione politica per giovani e adulti ed è interessante sottolineare che alcune liste civiche, qui a Breganze, si sono costituite a partire dai nostri corsi e hanno amministrato. Anche per le prossime elezioni in programma, una lista civica è nata a partire da una nostra proposta. Un altro ambito di cura da parte nostra è quello dei bambini piccoli e delle mamme, sopportando i genitori con dei corsi di accompagnamento grazie all’ausilio di esperti psicologi e professionisti del comune. L’obiettivo è creare la possibilità di riflettere sull’esperienza di crescita ed educazione dei bambini fino ai tre anni, con l’appoggio di una figura o più figure competenti. Non dimentichiamo il corso di dama e scacchi che coinvolge anche i ragazzi e di teatro.

Le camminate sono un altro nostro fiore all’occhiello. “Le feste in cammino” sono un calendario di nostre proposte che spaziano dalla passeggiata all’alba, alla camminata della salute, pensata in orari momenti diversi del giorno, così da consentire la partecipazione anche a coloro che non riescono molto a muoversi, ma vogliono aderire ad un momento aggregativo, ad uno spazio della giornata da vivere in comune e contrastare la solitudine. Poi, un altro filone di uscite è rivolto alle scuole con cui collaboriamo. I temi sono di interesse anche per gli istituti quando intendono affrontare con i ragazzi gli aspetti della storia passata dei nostri luoghi, oppure per far conoscere come si fa il pane, il latte e la produzione locale delle nostre terre.

Abbiamo promosso nel 2018 anche il “Progetto essere giovani” occasione per stare incontro e realizzare momenti di condivisione su questi temi: “come stare insieme”; “la società ecologica e decrescita felice”; “la filosofia e condivisione nella società multietnica” e “la disabilità”; “la pace”; “la corruzione”; “i valori della politica” e “la finanza etica”. A seguito di questo progetto si è anche costituto un gruppo di lavoro.

In due parole, per concludere, se dovessi dire perché è importante il vostro circolo per il territorio, cosa diresti?

Ritengo che siamo una presenza stimolante e attenta al territorio, anche se adesso un po' di preoccupazione per il futuro c’è anche sulla sostenibilità del circolo, soprattutto dopo il covid è cresciuta l’incertezza. Ma siamo una presenza radicata nel nostro territorio e continuiamo a fare il possibile per aprire delle prospettive alla nostra comunità.

CIRCOLO ACLI PACHINO (SIRACUSA) CORALE TETRACORDUS. IL CORO "ETEROGENEO" E INTERGENERAZIONALE CHE ANIMA IL TERRITORIO

Nella punta più a sud della Sicilia si trova una località famosa per il pomodoro, testimonianza di tante culture approdate nella regione: il comune di Pachino. Tra questi luoghi, nel 2012 si costituisce sulla carta il Circolo Acli “Tetracordus”, al cui centro c’è il coro, un ensemble vocale che nasce nell’ambito dell’area di Arte musica e spettacolo. Non hanno una definizione Unasp, se così si può dire, sono un piccolo circolo che, insieme al Circolo Acli di Cassibile, investono in attività di promozione sociale, educative e aggregative, in una realtà, quella siciliana, difficile, in cui le iniziative non sempre riescono a germogliare.

“La maggior parte dei nostri aclisti si dedicano al canto corale, a cappella e quindi abbiamo voluto avviare una fase di sperimentazione”, spiega Giusi Spagnolo, Presidente del circolo. “Ci definiamo un circolo amatoriale, che nasce come coro parrocchiale, questo è il circuito in cui ci siamo mossi inizialmente. Avevamo dei legami con Caritas e con Don Maurizio Novello, ci siamo legati a lui e con lui è nata questa avventura, nello spirito cristiano che ci legava.

E con questa vostra “avventura”, Giusi, quali iniziative avete promosso?

In collaborazione con le Acli provinciali abbiamo certato di portare avanti progetti che ci sembravano utili e interessanti. Innanzitutto, siamo stati molto vicino ai terremotati dell’Emilia-Romagna. In quella triste occasione, non so ricordate, con il terremoto molte aziende locali hanno assistito alla distruzione di numerose forme di parmigiano e quelle rimaste rimanevano invendute. Allora, con il supporto delle Acli di Modena, con le Acli siciliane abbiamo avviato un’operazione per vendere pezzi di parmigiano da noi, inviati dalle Acli Modena. Il ricavato lo abbiamo rispedito con l’obiettivo di sostenere la ricostruzione. Seconda esperienza significativa è stata quella di “Mille voci per cominciare” questa volta a favore dei terremotati dell’Umbria. Insieme ad altri artisti provenienti da tutta Italia, abbiamo realizzato numerosi concerti, raccogliendo delle somme importanti da devolvere per la costruzione del teatro e a sostegno delle persone senza casa. Con le Acli di Siracusa, poi, un’altra raccolta di fondi recente l’abbiamo organizzata a favore degli ucraini, muovendoci con le parrocchie e le diocesi del luogo.

Abbiamo aderito al progetto “Smonta lo stereotipo”, con le Acli Sicilia e le Acli provinciali destinato a programmare nelle scuole interventi finalizzati alla prevenzione del fenomeno della violenza di genere e alla diffusione della riflessione sulla parità di genere. Noi lo abbiamo attuato in collaborazione con l’Istituto Paolo Calleri e nella versione serale dedicata agli adulti. SI è trattato di una magnifica esperienza vissuta insieme ad un nostro amico aclista che è psicoterapeuta. Dove c’è necessità noi ci siamo. Non siamo mancati alla PassioChristi, la processione ci vede coinvolti come coro. Aderiamo all’“Inverdurata”, famosa per l’arte effimera qui da noi, e con l’occasione proponiamo musica particolare. Metto insieme anche il concerto all'Hospice di Siracusa (per il fine vita) rivolto ai malati della struttura; inoltre, a Natale abbiamo regalato una sedia a Rotelle alla RSA della città di Pachino, luogo che accoglie malati di Alzheimer, o altre problematiche, ai quale serve riabilitazione, ed essendo Natale, abbiamo anche regalato dei panettoni.

Ci piace anche l’esperienza interessante al Congresso Regionale delle Acli, dove ci hanno chiamato e siamo stati visti anche dalle altre Acli, non più solo della zona di Pachino.  In Sicilia, forse, siamo una realtà unica: uno al massimo due saranno le associazioni coro delle Acli in questo territorio.

 

Dovendovi definire con una caratteristica distintiva, che vi renda riconoscibili nel panorama della musica e come circolo Acli, quale sarebbe?

Di sicuro possiamo ritenerci un coro “eterogeneo”, i nostri coristi spaziano dalla presenza di ragazzi di terza media fino alla partecipazione dei sessantenni. L’inclusione e il coinvolgimento dei diversi livelli di età per noi è un obiettivo. Siamo un circolo con una trentina di soci e un direttivo di circa 6, però le decisioni sulle attività sono prese per lo più di comune accordo, ci conosciamo da più di dieci anni e le idee possono venire da tutti, poi il direttivo si riunisce per capire come declinare meglio le azioni previste. Ci conosciamo da tanti anni e ci comprendiamo, questo è un altro punto di forza considerevole. Tutti i soci cantano, solo io mi occupo delle scartoffie e delle questioni amministrative.

Ci caratterizziamo per il grado di professionalità dei nostri insegnanti: Maria Laura Lizzi e Lucia Franzò sono insegnanti di livello nazionale e ci portano anche altrove. Di solito ci muoviamo all’interno del nostro contesto territoriale, ma quando è necessario, se ci chiamano per iniziative benefiche altrove, allora superiamo lo stretto di Messina. Loro come insegnanti sono spesso fuori dalla Sicilia, per dei corsi di aggiornamento. Noi, invece, tutti, ci siamo spostati per partecipare ad un importante evento a Napoli, qualche tempo fa, il “Mille cori”, che riuniva cori provenienti anche dall’estero. Siamo stati a Pompei, poi in Puglia. Dalla fine del Covid dobbiamo ancora un po' riprendere ma siamo stati in Vaticano con i cori delle diocesi riuniti, a Palermo, a Zafferana e Selinunte.

Quale significato ha per voi la parola comunità e il vostro maggiore contributo per coltivarla?

Come circolo Acli, che è anche un coro, il nostro principale lavoro per generare comunità è prenderci cura della scuola, portando un contributo per sostenere quella difficile funzione educativa che svolge nei riguardi dei ragazzi. La musica è un potente veicolo di coinvolgimento e di educazione; il cambiamento è un processo che nasce dalla sensibilità, dall’ascolto, dalla disciplina, che la musica può attivare, per questo le possibilità scaturiscono dalla scuola media, elementare e soprattutto dai bimbi più piccini. Lucia Franzò è il direttore artistico del nostro coro ed è anche insegnante di musica a scuola. Il nostro gruppo sente questa impronta. Anche Maria Laura Lizzi, l’altra nostra insegnante, fa corsi di piano ai ragazzi. L’obiettivo è offrire loro degli strumenti per avvicinarli, per fargli sperimentare un impegno di tipo diverso, solidale, sensibilizzandoli alla musica, ma anche a quello che succede nel loro territorio.

Una opportunità incredibile per fare la differenza è arrivata con il “Coro delle mani bianche”, una iniziativa in collaborazione con l’Associazione “Dopo di Noi”. Un’organizzazione riconosciuta a livello nazionale che accoglie coloro che con problematiche e disabilità varie si troveranno a non poter contare su nessuno al momento della morte dei propri genitori. Quindi persone che non possono appoggiarsi ad una rete di supporto in grado di andare oltre la più stretta cerchia familiare. Questa realtà pone problemi di solitudine e il rischio concreto di non poter essere accuditi e accompagnati nella vita in assenza dei genitori. Ci sono età varie, dai più piccoli agli adulti e noi abbiamo composto con loro il coro di voci delle mani bianche, chiamato così perché i partecipanti indossano dei guanti bianchi e cantano attraverso un sistema di segni, con i gesti, perché hanno difficoltà motorie e di linguaggio. Lucia e i ragazzi del nostro coro hanno lavorato per costruire questa meravigliosa esperienza, resa possibile grazie alle Acli di Pachino. Poter supportare le persone in difficoltà, anche giovani, dando l’opportunità di esprimersi è incredibile!

Lucia è il veicolo, è un vulcano e questo ci sostiene, però la nostra forza è nel collettivo. I ragazzi sono il cuore del nostro progetto, ma è complicato tenerli agganciati ad un impegno come quello del coro e comunque del circolo. Sono oberati, spesso stanchi, e noi chiediamo anche del tempo per le prove serali; forse la chiave è nel cambiare modalità di approccio, cercando di rendere la loro partecipazione più ludica. Alcune famiglie non riescono a sostenere questa partecipazione e contribuiamo. Ad esempio, li agganciamo attraverso la proposta di lezioni di piano ad un importo irrisorio, perché per alcune famiglie e gravoso. Quindi dedicano del tempo. Un’altra bella occasione è nata quando da una scuola ci hanno chiamato per preparare dei giovani per una esibizione con una canzone scelta. Un modo per entrare a scuola e stare a contatto con loro, tutto volontariato da parte nostra. Con amore per i giovani e per la musica. Poi, insomma 10, 12 ragazzi ci aiutano un po' anche nell’organizzazione.

Avete attraversato fasi critiche in questi anni?

Penso che la parentesi del Covid sia stata drammatica e deleteria per ogni realtà come la nostra, ma puoi immaginare cosa possa significare per un coro non esibirsi davanti al proprio pubblico, non potersi incontrare. Devi ripensarti insomma e trovare il modo per viverla al meglio. Così, con so se altri hanno fatto lo stesso, ci siamo esibiti via web. Fare corale online è difficilissimo: iniziano i bassi e prima che arriva la voce il tempo non aiuta, però è stata un’esperienza molto formativa. Non ci siamo limitati al canto web, ma abbiamo voluto esagerare con un concerto vero e proprio realizzato in una chiesa vuota, chiedendo il permesso all’Arcivescovo di Pompei e il parroco ci ha aperto la parrocchia. Da lì abbiamo fatto una diretta online aperta chiunque si volesse collegare, avvertendo la cittadinanza di questa opportunità durante il periodo natalizio. Non ci siamo mai fermati, siamo stati attivi per la cittadinanza anche in un periodo così buio come il covid. In particolare, a Natale, dove non ci si poteva incontrare. Le nostre esibizioni, sebbene a distanza, hanno ricevuto commenti sensibili e affettuosi e questo ti fa sentire bene. Il coro non è solo un mestiere o un veicolo di solidarietà, è un impegno che ti prendi se hai passione: durante la pandemia si cantava dai balconi, le persone cercavano di mantenere un legame attraverso la musica e il canto e per noi è stata una risposta, una esperienza positiva e malinconica allo stesso tempo, un’opportunità per essere nel territorio, già molto provato dagli eventi. Ma anche un’esigenza, un bisogno da parte dei coristi di incontrarsi la sera, provare e condividere insieme questo momento difficile senza fermarsi, facendolo però come di consueto con lo stesso rigore e determinazione, come fanno i cori di un certo livello, paragonabili a molta esperienza del Nord Italia. Qui al Sud, il coro non ha una tradizione come altrove, invece il nostro può vantare di una certa professionalità perché è un valore, fare musica impegnativa.

Giusi, progetti per il futuro?

In questo momento ci stiamo preparando per l’attività corale estiva. Molti sono gli eventi nella Provincia a cui saranno invitati i nostri coristi. Ci piacerebbe fare con le Acli di Cassibile, promotrici dell’iniziativa, i “Giochi senza quartiere” di cui sono io innamoratissima. Ovvero, quando il paese viene diviso in quartieri, in modo da formare delle squadre che si sfidano in vari giochi. Ci siamo ripromessi di riportare questa esperienza in altri contesti Acli, coinvolgendo i servizi, ad esempio, che in Sicilia sono molto importanti nei circoli; dobbiamo trovare tempo ed energia come Acli, fare rete tra noi. Il presidente provinciale delle Acli è di Cassibile e quindi vorremmo collaborare e già lo facciamo un po'. Ci conosciamo tutti, anche nelle riunioni in provincia ci incontriamo. Vogliamo coinvolgere le comunità per far capire cosa sono davvero le Acli. Far conoscere che esistono forze ed esperienze significative di Acli al Sud differenti da altre conosciute.

CIRCOLO ACLI TONIOLO (BIELLA). COSTRUIRE COLLABORAZIONI PER LA PREVENZIONE E LA TUTELA DELLA SALUTE DEGLI ANZIANI

Ottino Costantino è nel direttivo del Circolo Acli Toniolo di Biella da circa quattro anni e ricopre il ruolo di presidente. Un Circolo che ha una tradizione, di cui un po' si sono perse le tracce. Insieme a lui c’è Marialuisa Simonini la vicepresidente e segretaria della Fap. Diversi soci della Fap fanno parte del direttivo del circolo e insieme ad Ottino hanno cercato delle informazioni sulla nascita del circolo, ma non hanno trovato documentazione e non rammentano le fasi iniziali.

Il circolo non ha un bar, ma nella sede risiedono gli sportelli di CAF e Patronato. “Le persone che vengono a fare le pratiche qui e diventano socie del nostro circolo”, inizia a raccontare Ottino. “Insomma, non abbiamo una funzione classica, per intenderci, quella che si si aspetta da un circolo tradizionale, ad esempio il campo da bocce o il gioco delle carte… Abbiamo anche l’US Acli e la Fap e le Acli Colf. Gli spazi sono cin comune con la Fap, siamo vicini quasi ci sovrapponiamo, ma questa contaminazione ha dato vita alla nostra iniziativa di maggiore impatto”. In piccoli circoli le cose nascono così, sono poche le persone e sempre le stesse, si gira da una parte all’altra e si va alla ricerca sempre di chi è disposto a dare una mano. Ma se poi quelle poche persone collaborano i risultati si vedono.

Ti riferisci a qualcosa in particolare?

Certo, perché avendo coinvolto soci Fap nel direttivo, quando facciamo le riunioni ci si dice sempre di volersi impegnare per i pensionati, trovare delle attività utili per loro e insieme, anche con il contributo del loro punto di vista, si trova qualcosa. Fin a poco tempo fa non siamo stati molto attivi, poi vien fuori l’idea, quando si è deciso di portare avanti un’iniziativa comune, con obiettivi condivisi. Ci siamo interrogati sulla opportunità di mettere a frutto i legami con le altre realtà del mondo Acli, servizi compresi, per sviluppare un’attività che incontrasse le esigenze dei soci e facesse conoscere che le Acli sanno stare vicine alle persone in tanti modi. Questa è stata la partenza. Siamo in provincia, in una cittadina di 45.000 abitanti ed un tessuto associativo variegato e ricco, non è facile trovare uno spazio per inserirsi, e siamo andati aventi a riflettere e a ricercare per due o tre mesi. Abbiamo pensato al territorio e alla presenta di una fondazione rinomata che si chiama EDO TEMPIA, una eccellenza che da oltre 40 anni si occupa della prevenzione e della lotta ai tumori. Il fondatore era un partigiano che ha perduto prematuramente il figlio a causa di un melanoma. Il sostegno della gente attraverso le donazioni è il motore che ha permesso di aiutare sempre più persone. Visto che la fondazione è ben radicata ci siamo detti che potevamo prendere un appuntamento e tentare una qualche forma di collaborazione. Molti sono i nostri associati e l’età media è piuttosto alta, quindi, abbiamo pensato di creare delle liste dei nostri soci per coinvolgerli un una capillare campagna di prevenzione per la tutela della salute. In questo caso, i nostri obbiettivi andavano in linea con quelli promossi dalla Fondazione. Allora abbiamo realizzato una giornata di prevenzione sulle patologie del seno per le donne e una giornata per l’analisi del psa, dunque, la prevenzione del tumore alla prostata per gli uomini. Questa iniziativa è stata interamente dedicata ai nostri soci del circolo Toniolo e associati Fap, gratuitamente e noi, dal canto nostro ci siamo impegnati a corrispondere una contribuzione liberale per riconoscere le spese vive di questa iniziativa.

Come è stato questo battesimo del fuoco?

Eh, puoi dirlo forte come Circolo Toniolo eravamo proprio al punto zero. Ci siamo chiesti se le persone avrebbero risposto positivamente. L’iniziativa tramite whatsapp, sms e le mail è stata diffusa a tutto il pubblico target di over 50, a cui destinavamo la prevenzione. Abbiamo realizzato dei volantini e delle inserzioni nei giornali locali. Titubanti all’inizio, siamo andati oltre le aspettative. Ogni giorno, per un insieme di 4 ore totali, potevano essere visitate anche 18 donne, ad esempio e noi abbiamo superato le richieste, allora il Fondo ha messo a disposizione i professionisti per una giornata in più. Siamo arrivato oltre i 30, mentre per gli uomini l’adesione è stata meno importante anche per ragioni culturali, sono meno propensi a mettersi a disposizione per farsi visitare. Questa è stata una vera occasione per dimostrare che le Acli sono altro, qui nel nostro circolo.

Piuttosto che fare iniziative con poche risorse economiche siamo stati capaci di comprendere che dovevamo creare contatti con le realtà che sono radicate e strutturate nel territorio anche diverse da noi per aprire un’opportunità. Nasce questa iniziativa nei dubbi e nelle incertezze è stata una partenza, sappiamo ora che possiamo farlo. Siamo stati circolo per raccogliere le istanze dei bisognosi nell’ambito della sanità, una funzione sociale attuale.

Adesso se siete consapevoli delle vostre possibilità, quali sono i prossimi passi da compiere?

Questa esperienza si è chiusa il 18 aprile e senza indugi abbiamo richiesto un ulteriore colloquio con la Fondazione per proporre altre idee. Vogliamo mettere in piedi una serie di conferenze in autunno rivolte alla tutela e al benessere del cittadino, all’attività motoria. Abbiamo compreso che i nostri temi adesso sono questi: la salute, gli stili di vita e la prevenzione delle persone più anziane, ma non solo. Vorremmo anche allargare le collaborazioni nel nostro mondo con Acli Colf per organizzare le conferenze. Sono a contato con gli anziani, conoscono le esigenze e potrebbe essere utile approfondire questioni che aiutano anche loro nel proprio lavoro con gli anziani. Il punto è che noi non ci parliamo molto con il Direttivo delle Acli Colf, o almeno non ancora, quindi, ampliare il dialogo interno può essere utile per sviluppare insieme l’anima delle Acli.

Siamo convinti sia strategico fare questo: le realtà nel territorio sono molte e attive non dobbiamo aggiungere altro ma fare rete all’interno tra di noi e costruire collaborazioni con l’esterno facendo leva sulla forza del nostro sistema che può lavorare insieme. A partire da questo non è detto non si possa promuovere un percorso di uscite e passeggiate che finiscono con un momento conviviale di aggregazione, se vogliamo sognare in grande diciamo che finisce con un aperitivo…. Avendo qualche somma da investire. Vediamo adesso non ci precludiamo nulla. Siamo partiti e questo ci ha dimostrato che da cosa nasce cosa, l’importante è muoversi solo così si genera altro.

CIRCOLO ACLI GRASSINA (FIRENZE): INVESTIRE SULLA SOSTENIBILITA’ AMBIENTALE E SUL RISPARMIO ENERGETICO... IL CIRCOLO STORICO GUARDA AL FUTURO

Il 4 aprile del 1947 viene alla luce il circolo Acli a Grassina in provincia di Firenze, grazie alla spinta di Don Dino Vezzosi, allora parroco del paese. Comune limitrofo dell’area metropolitana di Firenze, è una frazione del Comune di Bagno a Ripoli e oggi conta circa quindici mila abitanti, Grassina. Per certi aspetti potremmo definirlo un circolo “tradizionale”, con il bar e le “stanze sociali” (riportano ancora la targa del "Patronato -Segretariato del Popolo") ed un grande salone.

Agli albori, il circolo si inseriva in un clima di divisioni all’interno di una Toscana “rossa”, così ci racconta Giovanni Baldi, il suo attuale presidente. Con riferimento agli anni ‘50 possiamo dire che Il Circolo Acli di Grassina fu una realtà positiva e fruttuosa; nato in funzione anticomunista, ebbe margini più ampi di libertà di colloquio e di interpretazione della realtà rispetto alle organizzazioni cattoliche.

Giovanni il circolo lo ha respirato e vissuto da sempre: il suo papà è stato uno dei fondatori e a casa di parlava sempre del circolo in parrocchia e dall’altra parte la “Casa del popolo”. I primi, avevano già aderito alle Acli sul proprio posto di lavoro. Inizialmente dei parrocchiani della zona misero a disposizione due stanze, insufficienti all’attività del circolo e solo in seguito il parroco mise a disposizione il terreno circostante la parrocchia. Si iniziò a realizzare qui un campo di calcio, inaugurato nel 1950, mentre si attendevano i permessi per aprire un cinema all’aperto, in fondo al campo. Il cinema ha rappresentato un importante incentivo alla nascita di una sede per il circolo. Si volevano porre le basi per edificare una struttura che accogliesse tutte le associazioni parrocchiali della zona. Questo sogno si concretizzò grazie anche al contributo economico della sede provinciale, ma anche per il supporto e il sacrificio di volontari e soci, che trasportarono pietre e ciottoli con abnegazione dal vecchio ponte distrutto dai bombardamenti. Si compiva in piccolo quel percorso di ricostruzione che, nel vero senso della parola, attraversava tutta l’Italia.

Pensate la significatività di questa fase del circolo, “continua Giovanni, in cui si era alla ricerca di un luogo fisico dove poter esprimere liberamente le proprie opinioni e confrontarsi, dove potersi ritrovare riconoscendosi in valori comuni. Fu inaugurato nel luglio del 1953 e da subito si pose come luogo di socializzazione e di sviluppo dei lavoratori cattolici.

Quindi che funzione ha assunto il circolo negli anni successivi? Quale cammino ha percorso?

Ha assunto una funzione centrale: fu capace di creare competenze, impegno politico, partecipazione sindacale e rappresentanza in un clima di impegno e speranza, in un periodo di grande contrapposizione. Nel 1948 era nata la società US Albor Grassina, fondata nel 1948, sul terreno parrocchiale ma non delle Acli, dedicata inizialmente al calcio e poi anche al tennis e nata in risposta a quella sportiva della Casa del popolo. Per far capire il momento. Siamo stati un punto di riferimento anche sul piano dell’aggregazione, delle attività sociali per coinvolgere i paesani e incontrarsi. Il primo campo di impegno del circolo fu l’apertura del Patronato.

Gli anni ’70 e ’80 li ricordo per l’avvio delle attività del judo, centrali in quella fase, e in seguito un fotoclub denominato K2, poi l’iniziativa “Insieme si può” attivata da un gruppo di donne che si ritrovavano insieme. Il circolo si muove in un territorio vivo dal punto di vista associativo, ricco di numerose realtà con le quali iniziata una proficua collaborazione, privilegiando le doti di accoglienza verso chiunque ne avesse bisogno. Abbiamo un salone molto grande, dove vengono allestiti spettacoli teatrali e ricordo lo chiedevano alcuni partiti politici per fare le loro riunioni. Guardiamo al pluralismo politico, dando accoglienza ad incontri organizzati da partiti diversi, purché rispettosi dei valori democratici.

Il circolo si è mostrato nel tempo molto propositivo sulla dimensione culturale, con l’organizzazione di gite, visite alle mostre, ai musei e alle conferenze. Da diversi anni si svolge una serata, molto partecipata con presentazione di poesie su temi di interesse. All’inizio un maggiore coinvolgimento era rivolto ai giovani, adesso è un’attività che guarda principalmente agli anziani.

Quanti siete?

Abbiamo più di 50 soci, tutte le sere dopo cena e i pomeriggi (dalle 15 alle 20), oltre al sabato e alla domenica, si fanno i turni per la gestione del bar. I soci sono sempre stati molto numerosi e si è mantenuta stabile la quantità nel tempo. Ad oggi ancora sono tutti volontari, forse l’unico circolo della zona, anche se la fatica e tanta e siamo stati costretti a chiudere il sabato sera, non riuscendo a tenere. Anche il teatro è gestito da soci. Ci sono delle compagnie teatrali nel circolo dei soci: dal 1999 “gli InSuperAbili” con la partecipazione di ragazzi disabili, che allestiscono delle commedie con il supporto di alcuni professionisti del settore e laboratori teatrali vari; un’altra interna si chiama “Stasera mi butto”. In totale dobbiamo tenere conto del fatto di avere tra i 280 e i 300 tesserati, non pochi. Il circolo di Grassina ha promosso al provinciale 3 presidenti (Nardini, Calvelli, Crini) ed è tuttora parte rilevante della rete associativa che anima il paese con i suoi volontari.

 

Potresti ricordare una fase di passaggio critica per il circolo?

Sì, guarda ti parlerei proprio del momento attuale. Stiamo affrontando una fase piuttosto lunga di incertezza, in cui siamo in trattative riguardo i locali e l’opportunità di continuare le nostre attività come circolo.  La proprietà del locale, essendo su un terreno della curia, era nelle mani della società Fides, della curia. Successivamente, questa società è stata chiusa e proprio il mese scorso, dopo sei anni di trattative il locale è passato di proprietà alla parrocchia. Tra il 2017 e il 2018 è arrivato il nuovo parroco e aveva accennato alla possibilità di prendere i locali e io sono diventato presidente in quel periodo lì. In un arco di tempo di un mese e mezzo in cui avremmo dovuto rifare il contratto di comodato d’uso, che avevamo in precedenza con la società Fides. Le difficoltà per un passaggio di questo tipo sono state tante, basti pensare che il rogito lo hanno fatto un mese fa con la parrocchia. In questo periodo di instabilità, tuttavia, abbiamo avuto modo di utilizzare i locali e svolgere regolarmente le nostre attività.

Un’altra svolta di non poco conto, l’abbiamo sostenuta prima del 2000, quando il tetto ha iniziato a deteriorarsi e si è presentata la necessità di rifare la copertura. Con notevole impegno economico, sono state effettuate migliorie alla struttura in generale, installando dei pannelli fotovoltaici, rifacendo il pavimento e ultimamente l’impianto di riscaldamento/condizionamento. Il consiglio dell’epoca decise di accendere un mutuo (una durata complessiva di 20 anni), per i 200 mq di pannelli fotovoltaici, grazie alla fidejussione della curia, impegnandosi a coprire le spese mensili del debito attraverso il ricavato delle attività del circolo. Oltre ad una scelta legata alla sostenibilità ambientale, si è trattato anche di un importante risparmio sull’energia, che poi ci ha permesso di attivare i lavori per l’impianto di riscaldamento elettrico.

Questo anche per sottolineare che, se qualcuno avesse intenzione di mettere le mani oggi sui locali della parrocchia, dovrebbe mettere in conto con l’impegno di restituire il mutuo. Del resto, era stato acceso nel 2008 e quando la Fides è stata chiusa esisteva già. Comunque, ora il passaggio è fatto, bisogna parlare con il parroco e non ci aspettiamo grandi stravolgimenti. Noi ospitiamo anche il catechismo e da tempo si parla dell’intenzione di dedicare uno spazio dietro al teatro, che ora è chiuso per ragioni di sicurezza, al percorso del catechismo. Ci si aspetta che attraverso la gestione di questo spazio il circolo possa affermarsi come luogo di crescita e di educazione per i giovani.

Ecco, qual è lo spazio che riservate ai giovani nel circolo? Avete avuto delle esperienze interessanti?

Ci sono dei tentativi per avvicinare i giovani, offrendo la possibilità di occupare gli spazi e cercando di impegnarli in vari progetti, con risultati spesso positivi. Attualmente troviamo maggior difficoltà a interagire con i tanti giovani che frequentano il nostro Circolo, in particolare i più giovani, e che in più occasioni creano problemi e danneggiano la struttura. Non vengono dai noi per vivere il circolo, ma frequentano il bar e spesso ci sono discussioni con i soci più anziani, soprattutto a causa di alcuni attivi vandalici e di un comportamento indisciplinato. Solo in quest’ultimo periodo però. Prima i ragazzi venivano dal percorso del catechismo e per loro era una palestra di aggregazione. Adesso sono pochi coloro che frequentano il catechismo e poi scelgono di aderire al circolo.

Sarà sicuramente anche nostra responsabilità, ma non riusciamo ad innescare un maccassimo inverso, per coinvolgerli di più. In noi è forte il desiderio di trovare soluzioni al disagio giovanile anche avvalendosi della collaborazione delle Istituzioni e del Centro di Solidarietà di don Giacomo Stinghi. In questi giorni stiamo organizzando una serata genitori e ragazzi, in cui ci sarà un esperto che parlerà del disagio giovanile e, dal momento che qualcuno fa uso di sostanze pericolose, ci sembra utile far comprendere quali possano essere i rischi. La sera alcuni soci hanno timore e non frequentano il circolo, qualcuno di questi ragazzi viene anche da fuori del paese. Come puoi immaginare c’è una diversità di vedute su come affrontare questo aspetto critico.

Quali altre attività svolgete?

Ospitiamo settimanalmente l’Associazione “Orizzonti” che dal 2002 si occupa di progetti di autonomia per ragazzi disabili e ricordo che il precedente presidente avrebbe voluto costruire un piano rialzato all’ingresso per favorire il passaggio di questi giovani e un’area notturna a loro dedicata, ma poi non è andata in porto. Da noi svolgono l’attività diurna, organizzano cene, vedono la partita della Fiorentina, ecc. Rivolta sempre a loro l’attività che teniamo con il Dojo EMPI DOJO, che settimanalmente introduce al karate un gruppo di ragazzi disabili.

Inoltre, sosteniamo la manifestazione della Rievocazione Storica del Venerdì Santo che coinvolge, per capirsi circa 300 figuranti vestiti con abiti tradizionali e poi vengono allestite delle scene a tema sulla vita di Cristo. Noi offriamo gli spazi per le prove e tutto ciò che serve alla manifestazione. E’ una cosa grossa e iniziano circa sei mesi prima le prove e la parte dei costumi è molto impegnativa.

Ampio spazio è dedicato anche alla Filarmonica Cherubini e al coro della Casa del Popolo di Grassina che effettua concerti nella sala che noi mettiamo a disposizione. Importante è anche la scuola di italiano per gli stranieri della zona e alla ginnastica dolce per gli anziani, in collaborazione con la UISP. Riusciamo a gestire molto in piccolo l’assistenza fiscale per la compilazione dei modelli 730, mentre il Patronato dopo il covid è scomparso: non siamo riusciti più a coinvolgere persone da impegnarsi in questo servizio. Con la chiusura delle scuole non dimentichiamo anche di ospitare i ragazzi nei centri estivi a conclusione della scuola, in collaborazione con la struttura accanto a noi.

Ospitiamo anche la Caritas parrocchiale. Abbiamo una stanza adibita a centro di ascolto per l’assistenza alle persone disagiate alla ricerca di cibo, abiti e lavoro. Durante il covid funzionava solo la distribuzione del cibo alle famiglie con maggiore disagio. Abbiamo un calendario davvero ricchissimo. Quest’anno abbiamo ripreso con la Caritas la “festa dei popoli”, un momento di integrazione e di scoperta delle tradizioni attraverso il cibo e lo scambio.

In che cosa vi sentite di essere Acli oggi?

Nel modo di interpretare la società in una dinamica più cristiana possibile. Nel riuscire a condividere il lavoro e le attività sociali ma vicino ad una fede che si traduca nella quotidianità; riconoscendoci in una vocazione comune e in un valore, esprimedo una vicinanza che si senta. Un’idea di apertura e di condivisione, in questo ci riconosciamo nelle Acli.

ANNI IN FUGA APS ACLI NONANTOLA (MODENA). UNA COMUNITA’ APERTA CHE SI METTE IN GIOCO NELLA PARITA DELL’ACCOGLIENZA

L’Associazione nasce nel 2017 da un comitato di cittadini già presente sul territorio di Nonantola che ha voluto mettersi in gioco nella complessa e sfidante partita dell’accoglienza. Quindi è il frutto della libera espressione di una buona parte dei cittadini della comunità, che decide di organizzarsi come comitato, a seguito dell’ondata migratoria degli anni ’90. Nonantola è un piccolo paese con una posizione strategica nella prima cintura periferica di Modena e ha accolto numerosi stranieri, anche in virtù di un costo della vita più accessibile e, al contempo, della vicinanza con il centro di Modena.

“Questi cittadini hanno sentito con forza la necessità di intervenire, entrando con le mani, la testa, il cuore e, direi, la pancia dentro le problematiche dell’immigrazione, affrontando le questioni legate all’integrazione e l’interazione di immigrati e rifugiati nella nostra comunità”.  Esordisce così, nel suo appassionato racconto, Stefania Lucenti la presidente di “Anni in fuga” e promotrice con altri del comitato.

Una cultura dell’accoglienza è già presente nella storia della vostra realtà cittadina. Nonantola è dunque, per sua natura, sensibile verso l’immigrazione, ma questo che legame ha con la nascita di “Anni in fuga”?

Questa vocazione alla solidarietà ha radici profonde che affondano nella vicenda storica di coloro che sono conosciuti come "i ragazzi di Villa Emma" del 1942. Un medico ed un sacerdote sostennero, durante la Seconda guerra mondiale, l'opera di salvataggio di un gruppo di una settantina di giovani ebrei, provenienti dall'est europeo, sottraendoli alle persecuzioni nazifasciste e ai campi di concentramento, fino alla salvezza in territorio svizzero. Per un anno i ragazzi poterono condurre a Nonantola una vita abbastanza serena, con il sostegno solidale della popolazione locale. Con l’occupazione fascista i ragazzi vengono messi in salvo, affidati ad una trentina di famiglie locali e altri nascosti nel seminterrato del seminario.

Con questa storia, quando ci siamo trovati di fronte ad una ondata migratoria che interessava il nostro piccolo paese è stato quasi naturale attivarsi, cercando di capire quali erano le esigenze di queste persone: è come se fosse stato sempre il nostro compito. Inizialmente il comitato era composto da cittadini e da rappresentanti di diverse associazioni del territorio, con un numero variabile di aderenti. Iniziammo con una serata aperta a tutta la cittadinanza, seguita da una serie di eventi, cineforum e conferenze di approfondimento sul tema, finché non inizia a concretizzarsi l’esigenza di diventare associazione. Questa scelta è dettata da motivi burocratici, considerata l’opportunità di iscriverci al registro delle associazioni, di poter partecipare a dei bandi e, quindi, poter promuovere iniziative con un carattere economico importante, cosa che con il comitato non era possibile. La caratteristica che ci distingue però è lo spirito aperto di un comitato: la nostra realtà è aperta a tutti indistintamente, anche ai non soci, perché per noi è importante il contributo di tutti e offrire l’opportunità a ciascuno di prendere parte ad un progetto così centrale per il nostro territorio. Il passaggio non è stato così immediato per tutti, a dire il vero. Solo una parte dei partecipanti al comitato ha aderito all’Associazione, pur lasciando noi la porta aperta a tutti. Ma negli anni le cose sono cambiate e anche gli altri pian piano si sono iscritti. Questo percorso è stato condizionato da un preconcetto ideologico, che ha influenzato persino me che sono la presidente dell’Associazione, pensa tu! All’epoca si riteneva, a torto, che restando comitato questa condizione avrebbe reso più ampia la partecipazione dei cittadini e più restrittiva adottando la forma associativa. Pensiero smentito nei fatti dopo, ma ogni cammino ha bisogno dei suoi tempi e di maturare consapevolezze.

Quali fasi avete attraversato dopo la decisione di trasformarvi in Associazione?

Una fase che ci ha visti pesantemente impegnati ha riguardato l’arrivo della successiva ondata migratoria a Nonantola, quella che io definisco “dei barconi” e sappiamo a cosa mi riferisco. Ne abbiamo accolti 79, cercando di sistemarli in edifici che potremmo definire di “ospitalità diffusa”, affittati appositamente per l’accoglienza in un contesto emergenziale, lavorando in collaborazione con due cooperative differenti. Dal canto nostro, la priorità è stata comprendere in che modo potessimo dare risposta alle esigenze primarie di chi si trova catapultato in una comunità nuova e sconosciuta: la regolarizzazione dei documenti, la ricerca di un lavoro e di una abitazione stabile. Queste sono state le nostre attività alimentate dall’emergenza. Successivamente, le nostre proposte, seppur rimanendo fedeli allo spirito della mission originaria, sono diventate espressione di un significato più ampio di comunità, che abbiamo voluto promuovere. Comunità intesa nel riconoscimento e nell’intreccio di tutte le sue componenti, da cui prendono le mosse progetti e attività rivolti non più solo ai migranti, ma alla collettività nel suo insieme.  

Adesso il nostro sguardo è orientato alle categorie di soggetti più fragili della comunità, con un’accezione piuttosto allargata, come migranti, ma anche donne e giovani, oppure persone portatrici di abilità differenti. Cerchiamo di intercettare le esigenze restando in ascolto del territorio.

Come organizzate le vostre iniziative? Avete instaurato dei legami sul territorio?

Sì, certo, naturalmente mai da soli, sarebbe impossibile e poco fruttuoso. La partecipazione e la collaborazione sono due pilastri del nostro operato. Abbiamo costruito una rete di collaborazione con altre associazioni di volontariato sul territorio, con l’amministrazione comunale. Per un certo periodo abbiamo partecipato ad un tavolo con il comune, insieme a delle cooperative di ragazzi migranti; un’esperienza che si è conclusa dopo un po' di tempo per ragioni potremmo dire così “politiche”.

A Nonantola abbiamo la Scuola di italiano “Frison”, un servizio del comune le cui attività sono gestite da un’altra associazione, una proposta con cui abbiamo attivato un dialogo aperto, di cui abbiamo sostenuto il lavoro. Ci cimentiamo in alcune progettualità e di recente, insieme ad altre associazioni, abbiamo vinto un bando regionale rivolto a ragazzi con abilità differenti. Il sabato pomeriggio organizziamo un percorso di attività miste presso la nostra sede: cineforum, laboratori di cucina, gite in alcune città d’arte, in sostanza iniziative dedicate al tempo libero e alla socialità. Esse vedono coinvolti giovani e ragazzi immigrati in età adolescenziale, quella fascia di età che volge alla fine della scuola dell’obbligo e che rischia di andare incontro ad episodi di solitudine e marginalità. Il nostro obiettivo è di poter creare un legame tra questi ragazzi e l’esterno, facendo interagire questo gruppo misto con altre realtà.

La modalità con cui intercettiamo le esigenze è piuttosto mista. Alle volte sono i cittadini che vengono da noi, come è accaduto per il caso dei genitori di alcuni ragazzi con abilità differenti che hanno formato un gruppo da noi supportato; in altri casi, invece, abbiamo fatto delle richieste all’amministrazione, anche insieme ad altre associazioni. Qualche volta è l’amministrazione stessa che ci contattato portandoci a conoscenza di una necessità. La nostra è una porta sempre aperta.

Abbiamo nell’Associazione anche un Gruppo di acquisto solidale, questo gruppo si è avvicinato a noi e abbiamo voluto promuovere questa iniziativa per incentivare lo sviluppo di una sensibilità verso l’ambiente e diffondere questa cultura e le sue pratiche, anche tra immigrati che all’inizio sono maggiormente preoccupati per bisogni impellenti e non di acquistare a km 0.

Nelle intenzioni vorremmo aprire un punto ristoro con un bar, ma è ancora un’idea.

Se ti dico: “Taverna del pensiero lungo”, che mi rispondi?

Il luogo in cui abbiamo insediato le nostre attività. L’incontro con la sede è stato una questione di amore a prima vista! Abbiamo adocchiato i locali di un ex negozio nella piazza di Nonantola, sfitto da tempo. Ne abbiamo fatto richiesta e la proprietà si è mostrata molto disponibile soprattutto per via della natura delle attività che intendevamo realizzare in quella sede. Ci sono venuti incontro sul prezzo, sebbene si debba riconoscere che paghiamo un affitto con un autofinanziamento derivante dall’organizzazione di cene sociali e di raccolta fondi, dalle attività laboratoriali con i bambini e da qualche altro contributo derivante dai progetti. Non mancano anche dei contributi di alcuni beneficiari che utilizziamo per sostenerci. Volevamo un posto tutto nostro che rappresentasse chi siamo e quello che ci proponiamo di fare e anche la posizione si presta a organizzare, promuovere e svolgere iniziative, aprendoci a tutta la città, nelle sue diverse espressioni, organizzative, sociali, culturali e del tempo libero. Fare in modo che potesse diventare luogo di incontro di esperienze e socialità. Questo volevamo. Ne vale la pena.

E la vostra squadra di calcio con i ragazzi richiedenti asilo e stranieri?

Adesso non c’è più. Si è trattato di una fase iniziale in cui i ragazzi che vivevano nelle case di accoglienza qui a Nonantola erano concentrati sul proprio vissuto di disagio, con un impatto psicologico significativo, e la squadra di calcio è stato un approccio utile per sperimentare legami e distoglierli da una condizione con forte rischio di depressione. Il covid ha messo fine a questa esperienza, purtroppo. La cosa interessante è che nel frattempo, questi giovani hanno intrapreso una loro strada, trovando un appartamento proprio; oppure chi si è sposato, chi ha trovato subito lavoro, insomma è andata così, non c’è stata più esigenza di aggregarsi tramite lo sport. Però ha funzionato per tre anni almeno e abbiamo giocato anche fuori dal paese con chi ci invitava. Abbiamo partecipato ad un torneo chiamato dei “Due mondi”, a cui prendono parte squadre con peculiarità diverse.

Quale è la composizione dei soci nell’Associazione, anche da un punto di vista anagrafico?

Sotto il profilo anagrafico dei soci vantiamo una grande varietà. Ci sono le persone più avanti con l’età, che coinvolgiamo nella gestione del Piedibus, il servizio bus che accompagna i bambini a scuola a piedi, un progetto messo al bando dal comune che abbiamo vinto. Una iniziativa all’insegna dell’educazione all’ambiente. Lo svolgiamo di mattina, quindi riescono ad impegnarsi pensionati e casalinghe. Poi ci sono moltissimi ragazzi giovani tra gli stranieri e non che si attivano in iniziative di volontariato, a supporto anche delle iniziative del sabato. Poi abbiamo anche una fascia di mezzo. Anche il gruppo delle donne ha età molto diverse. Riusciamo a mettere insieme esigenze e coinvolgimento a differenti livelli. Tra l’altro, se guardiamo al direttivo, ai soci fondatori, troviamo anche due ragazzi stranieri (Nigeria e Guinea) giovanissimi che hanno voluto spendersi in questo progetto. Questo credo dipenda anche dalla natura dell’Associazione.

Come avete incontrato le Acli e in che cosa potete dire di sentirvi vicini alle Acli?

Diciamo che ad un certo punto abbiamo avvertito l’esigenza di un supporto. Il tesoriere del nostro direttivo, davvero in gamba, conosceva le Acli e ci ha proposto di affiliarci nel 2019. Direi che è’ stata un’ottima decisione, tra l’altro abbiamo attivato delle iniziative comuni con il Provinciale di Acli Modena. Ci riconosciamo interamente nella disponibilità e nella grande apertura che abbiamo incontrato, un’attitudine ed un valore su cui si fonda sa sempre anche la nostra missione e alle Acli lo abbiamo ritrovato. Non da ultima la competenza delle Acli, un aspetto per nulla trascurabile e molto prezioso per chi come noi da inesperto si muove in un mondo incerto e complesso. Ogni volta che ci siamo interfacciati abbiamo ricevuto risposte utili, veloci che ci hanno aiutato a strutturarci meglio. Poi direi…. La simpatia. Si è reato un rapporto umano molto gratificante, alimentato dalla reciproca partecipazione ad eventi ed iniziative promosse sul territorio. Per confrontarci possiamo fare affidamento su un gruppo whatsapp con il provinciale, ma ci sentiamo in modo frequente telefonicamente. In occasione della Giornata della Memoria, abbiamo partecipato ad una manifestazione organizzata dal CTA Acli, nei paesi caratterizzati da una storia che coinvolgesse gli ebrei. Sono venuti da noi per una giornata e abbiamo contribuito al racconto della storia di Villa Emma. Questa storia che, come dicevo all’inizio, è nel DNA della comunità e della nostra Associazione è stata valorizzata dalle Acli. Poi abbiamo organizzato un pranzo comune dove c’è stato spazio per un confronto sulla realtà migratoria attuale, dando voce ai ragazzi della nostra Associazione che provengono da paesi diversi, con il racconto della loro storia. Tale esperienza ci ha fatto sentire accolti dalle Acli e riconosciuti dall’esterno, da chi ci guarda con altri occhi.

Desideri aggiungere qualcosa a quanto hai raccontato?

Certo, guarda, questo lo devo proprio dire perché poi mi sgridano sempre. Essendo io di indole ottimista rischio di far sembrare tutto una bella passeggiata. Ecco non è proprio così. Le fatiche e le difficoltà le viviamo quotidianamente e la questione dell’allargare il numero dei volontari è sempre un nodo. Alla fine, ci ritroviamo in numero un po' sempre gli stessi ad attivarci in modo continuativo e l’affanno si avverte. Quello che, però, è più difficile da elaborare ha a che vedere con la tipologia di esperienze e di problematiche che affrontiamo: il disagio giovanile, la questione dell’integrazione, l’accoglienza della diversità, la questione degli alloggi che da noi è davvero critica. Insomma, non è il paese delle meraviglie. Il coinvolgimento è tanto, sebbene ci sia stato un ricambio tra i soci, resta un grande gruppo legato da rapporti di amicizia e fiducia non indifferenti e questo offre una grande spinta motivazionale. Tra di noi ci diciamo sempre “questo impegno è bello e ha valore finché fa stare bene anche noi”, quindi se nell’impegno conserviamo una componente ludica, di piacere e divertimento, bisogna volerci stare. Entri a contatto con storie difficile e tocchi con mano la terribile sofferenza delle persone, se viene meno il desiderio e la volontà di ascoltare e stare insieme, forse vale la pena dirselo e prendersi una pausa, con molta serenità. Siamo tutti volontari e nessun lavoratore.

Ci muoviamo in un territorio che vanta la presenza di ben 52 associazioni riconosciute, che aggiunte alle altre non riconosciute vi lascio immaginare. Siamo immersi in un mondo ricchissimo e di estremo valore, forse noi siamo riconoscibili proprio per la nostra capacità di aprirci alla comunità e alla diversità nel suo insieme. La nostra è un’esperienza a cui aderire e che puoi sentire tua.

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