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CIRCOLO ACLI SAN GIUSEPPE LAVORATORE - ROCCASECCA DEI VOLSCI (LATINA). LA RESISTENZA DI UN CIRCOLO, PROVATO DAL COVID, IN UNA PICCOLA REALTA’, DOVE LA TRADIZIONE E LO SPIRITO POPOLARE RIVIVONO GRAZIE ALLA VOLONTA’ DELLE PERSONE.

Dal 1995, in provincia di Latina, il Circolo San Giuseppe Lavoratore delle Acli, affonda le proprie radici nel territorio di Roccasecca dei Volsci, per volontà dell’allora parroco Don Giuseppe de Nardis e di Eligio Marroni, lo zio dell’attuale presidente. Insieme ad altri intendevano dare alla luce un centro ricreativo, un luogo riconoscibile dove le persone potessero ritrovarsi e trascorrere del tempo insieme. Nel DNA del Circolo riconosciamo una tradizione familiare che, ancora oggi, ne rappresenta le fondamenta. Con la fondazione del Circolo si rispondeva all’esigenza di mettere insieme i membri della comunità, per giocare a carte, per ritrovarsi attorno ad una birra o ad un caffè, in modo spontaneo e familiare. Dal 2016, diventa presidente Cinzia Marroni, che aveva visto precederle il marito alla guida del Circolo: “mio marito – racconta Cinzia - riconfermato presidente, decise di provare a gestire dei campi sportivi di basket; parliamo della fine degli anni Novanta, un periodo in cui veniva ad allenarsi la squadra giovanile di basket di Latina, per una settimana. Durante questa occasione, il Circolo, che aveva sempre avuto una intesa importante con il Comune, riesce ad avere a disposizione una struttura attrezzata con i campi di basket e anche la piscina, in modo da far trascorrere, a questi ragazzi, una settimana intensa, svolgendo attività diverse. Lo gestivamo noi solo per quella settimana, questo era l’accordo con il Comune. Per un po' di anni ci siamo occupati di questo.

Successivamente si è attivato il coinvolgimento nell’organizzazione del pellegrinaggio al Santuario della Madonna della Civita ad Itri, di cui ci occupiamo ogni anno durante il periodo dell’ascensione, a maggio. Questa ricorrenza e il pellegrinaggio è un qualcosa che io mi porto dentro dai tempi di mio nonno, responsabile allora dell’organizzazione; adesso un nostro associato che partecipava e che si era incaricato di organizzare ogni cosa ha lasciato il compito a noi: io ed una mia amica ce ne siamo fatte carico. Questa è un’attività che svolgiamo ancora come Circolo Acli. Queste iniziative le abbiamo portate avanti senza avere una sede a cui poter fare riferimento.

Dal 1995, quindi non avete una sede fisica a cui appoggiarvi?

Sì, ma adesso dal 2021 abbiamo firmato un protocollo d’intesa con il comune di Roccasecca e alla presenza di Nicola Tavoletta delle Acli di Latina, ci hanno consegnato le chiavi della sede di un ambulatorio polifunzionale, dedicato alla memoria di “Luciana Casconi”, una cara amica che è venuta a mancare, troppo presto. Luciana era un’attivista infaticabile che è stata di grande supporto per me e per tutti gli altri. Questo protocollo d’intesa con il comune trova origine nella nostra precedente attività di assistenza medica volontaria, in particolare rivolta agli anziani. Potevamo contare sulla collaborazione e l’impegno di infermieri professionisti, grazie ai quali, nel 2007 abbiamo stretto un rapporto con la asl, firmando un accordo, per poter eseguire prelievi ematici in sede, per coloro, anziani e tesserati, che non potevano recarsi in ospedale a Priverno, a causa della distanza o del disagio fisico che non aiuta la mobilità. Purtroppo, il covid ci ha impedito di proseguire questa iniziativa su cui avevamo molto investito, non ci hanno rinnovato il permesso, e insieme a questo dobbiamo considerare che, sempre a causa della pandemia, abbiamo perso molti anziani. Spesso ci recavamo anche a domicilio, portavamo i risultati degli esami. Non riuscire più in questa attività ci ha un po' spenti. Quindi, il fatto di averci assegnato come sede il vecchio poliambulatorio, ha una continuità con il nostro impegno e, in qualche modo, riaccende la speranza di poter proseguire un servizio alla collettività di cui si avverte il bisogno e che ci qualificava notevolmente.

Adesso che questa attività è venuta a mancare, su cosa vi state concentrando?

Puntiamo sulle iniziative sociali, culturali ed aggregative, come da tradizione, ma a dire il vero le principali ormai sono il pellegrinaggio e la classica polentata dell’8 dicembre, per la quale cuciniamo noi. In totale siamo in 12 ad essere coinvolti in questo Circolo, diciamo i più attivi, ma io quando faccio le riunioni invito tutti, anche quando il direttivo è composto da due persone, per me il contributo è quello di tutti. In passato grandiose erano anche le feste del 1° maggio di cui ci occupavamo, ma il covid ha segnato una frattura difficile da sanare. Dopo questa esperienza ne siamo usciti compromessi e fatichiamo a riprenderci. Per poter rendere il poliambulatorio operativo ci sono spese da affrontare, per le quali non disponiamo le somme di denaro necessarie: come, ad esempio, per coinvolgere i medici per gli screening, ecc. Siamo una realtà molto piccola di mille persone e non riusciamo a ripartire. Siamo un po' fermi. Questo è triste, se pensiamo al 2017, momento a cui io tengo molto, quando c’è stata donata una targa a testimonianza del nostro impegno come Circolo dal Vescovo Mons. Crociata. Per noi è un motivo di orgoglio senza precedenti.

In realtà ci siamo attivati anche molto con la asl, chiedendo supporto al provinciale, ma stiamo ancora attendendo risposte. Resta il fatto che il nostro Sindaco è molto attento e ci coinvolge su ogni iniziativa. Abbiamo pensato anche di partire con un momento di ascolto per cercare di capire le esigenze; volevo parlare anche con l’assessore ai servizi sociali, per capire se ci sono spazi per noi, anche se il Comune offre un servizio simile. Riguardo le associazioni del territorio, a parte un centro anziani che con il covid non è più operante, non c’è molto altro. Le idee non mancano, anche quando ci incontriamo le proposte sono diverse, diventa difficile tradurle nel concreto e devi saperti muovere in queste realtà. Ci conosciamo un po' tutti. La nostra è una speranza quella di rialzarci e riprendere le iniziative di un tempo.

CIRCOLO ACLI GIOVANNI PAOLO II (COSENZA). UNA SARTORIA SOCIALE DALLA PARTE DELLE DONNE, PER CONTRASTARE LA VIOLENZA DI GENERE E COSTRUIRE SOLUZIONI CONCRETE PER IL FUTURO DELLE VITTIME

Il Circolo ufficialmente è nato il 22 maggio del 2010, così come indica la data di registrazione del nostro statuto. Io sono la presidente e ne sono stata fortemente promotrice, racconta Maria Donato: l’ho voluto io, venendo da esperienze di associazionismo di lunga data. Da piccola ho frequentato l’Azione cattolica e poi avevamo fondato un gruppo ispirato ai focolari. Poi in età adulta è maturata l’esigenza di avere un’associazione dietro le spalle, con una certa solidità, che mi consentisse di svolgere ancora attività benefiche. Allo stesso tempo, questa idea nasce da ragioni legate al mio lavoro. Io sono avvocato ed insieme alla collega Santina Bruno intendevamo mettere a servizio la nostra professionalità. Questo poteva avvenire anche grazie ai contatti che si creano con i servizi delle Acli.

Al tempo parlai di questa mia idea all’allora Vescovo di San Marco Argentano Scalea, Monsignore Domenico Crusco che conoscevo bene, avevo seguito un percorso e lui era in contatto con le Acli, pertanto ne fu molto felice. Mi propose di intercedere in prima persona, contattando le Acli provinciali, per l’apertura di un Circolo Acli in diocesi, dove ancora non era presente un circolo. A Belvedere marittimo. Chiamammo la diocesi: nella provincia di Cosenza abbracciamo tre diocesi e si aggiunge la quarta includendo la comunità ortodossa. La mia diocesi affaccia sul tirreno e alla fine a Belvedere Marittimo, fu proprio Mons. Crusco che inaugurò il nostro Circolo, alla presenza di Saverio Sergi, che era Presidente regionale e gli altri amici delle Acli.

Cosa ha significato per voi l’apertura del Circolo?

Come avvocati trattiamo il gratuito patrocinio ed il Circolo è stato un modo per essere più vicini alle persone, potendo mettere a frutto le mie competenze, quelle acquisiste nel mio mestiere, potendo, senza corrispettivo di pagamento, attivare prestazioni necessarie per le persone. Ho fatto anche richiesta per il banco alimentare e ci occupiamo della distribuzione degli alimenti. In queste attività collaboriamo molto con la parrocchia e con la stessa Diocesi. Siamo una realtà tenuta in debito conto nel territorio e io come presidente del Circolo sono entrata a far parte della consulta diocesana e delle associazioni laicali, per volere dell’attuale Vescovo. Inoltre, dal 2017 al 2019, ho sospeso un momento per ricoprire il ruolo di amministratore comunale e questo ha permesso di costruire un ottimo rapporto con il Comune. Ad esempio, anche nelle manifestazioni che promuoviamo possiamo contare sempre su una discreta presenza di figure istituzionali di un certo rilievo.

Con la parrocchia, vorremmo riprendere perché ci siamo fermati a causa del Covid, ma abbiamo sempre organizzato la festa del ringraziamento nel mese di novembre, la prima settimana. C’è una messa che coinvolge gli agricoltori, che ringraziano per i frutti della terra messi a loro disposizione, a cui segue il pranzo con tutto il mondo agricolo. Questo è un momento di grande significato che però ha incontrato delle battute di arresto.

Un’attività che, negli anni, si è consolidata e la fiera delle eccellenze calabresi. Si tratta di una iniziativa che organizziamo in collaborazione con Acliterra, i primi week end di agosto, per la promozione delle eccellenze del nostro territorio. Realizziamo convegni a cui prendono parte nutrizionisti, ed anche un professore in pensione, che da Roma ci viene a trovare perché si è appassionato alla fiera. Invitiamo gli agricoltori e le aziende che in Calabria si distinguono per la produzione di prodotti di alta qualità del territorio.

Ci siamo occupati della presentazione di libri con particolare valore sociale. Siamo in contatto con il Procuratore capo della procura di Avellino Dr. Domenico Airoma, che è anche il vicepresidente del Centro studi Livatino. Questo incontro ci ha offerto l’occasione, insieme alla parrocchia, di organizzare incontri e convegni sulla storia del giudice santo.

Cosa vi caratterizza in particolare come Circolo Acli? Con quale rete di soggetti collaborate nel territorio?

Ci sta molto a cuore un tema che stiamo affrontando da qualche tempo, che è quello della violenza di genere. In questo ambito, più che in altri, riusciamo a mettere a servizio la nostra professione tramite l’istituto del gratuito patrocinio, a cui le donne vittime di violenza hanno diritto. Ci siamo adoperati per l’organizzazione di alcune presentazioni di libri, con l’intenzione di alimentare il dibattito. Poi con il Coordinamento donne regionale delle Acli abbiamo costruito un progetto che si chiama “Sunflower” con l’intento di offrire aiuto e supporto alle donne che subiscono violenza e atti persecutori. All’interno di questa iniziativa progettuale siamo riusciti come Circolo, insieme ad Acli colf (io sono anche la responsabile provinciale di Acli colf) e alla mia collega Santina Bruno (responsabile provinciale di Acliterra), lo scorso ottobre, a realizzare un momento alla presenza del Presidente Manfredonia e Chiara Volpato responsabile del Coordinamento donne, per inaugurare la sartoria sociale. In un borgo della provincia, mi sembra Santa Domenica Talao, abbiamo attivato la sartoria sociale, impiegando macchinari che come avvocati abbiamo pignorato, dove un gruppo di signore, circa venti donne, si impegnano nella lavorazione di bomboniere solidali, il cui ricavato sostiene concretamente alcune donne vittime di violenza. Nonostante il breve periodo di attività, tra Natale e Pasqua siamo riusciti a pagare degli affitti a delle donne che hanno denunciato i mariti e non riescono ad avere una indipendenza economica. Poi all’interno della sartoria, alcune di queste donne si prestano ad insegnare l’arte del cucito e del ricamo ad altre donne, con l’obiettivo di riuscire ad insegnare un mestiere e rendere un minimo indipendenti dal punto di vista economico. L’impossibilità di guadagnare, questo è il nodo e la ragione per cui spesso le donne rinunciano alla denuncia e continuano a vivere in una condizione di abusi e violenza.

Cerchiamo di lavorare in questo modo, riuscendo ad integrare, valorizzandole, tutte le leve dele Acli, per poter poi mettere a frutto idee e iniziative come questa, perché l’interesse per la questione di genere e la violenza sule donne ci interroga molto ed il nostro tema centrale.

Siamo fortunati anche perché abbiamo degli istituti comprensivi interessati, dei licei e, in collaborazione con loro abbiamo presentato la ricerca IREF sulla disparità di genere nel mondo del lavoro, con Chiara Volpato e Federica Volpi. Volevamo sensibilizzare i ragazzi su questo tema ed è stata un’occasione importante perché abbiamo invitato il giudice tutelare. Ciò è stato possibile anche perché ci occupiamo noi da vicino di famiglie, nel nostro ruolo di avvocati: agiamo come aclisti e come professionisti insieme.

Lo zoccolo duro su cui si regge il Circolo è composto di una decina di persone, poi come iscritti saremo circa 50, 60. Non sono moltissimi, ma siamo molto presenti nel territorio e poi l’impegno di fare la tessera è un impegno un po' più difficile da concretizzare. Siamo in rete con molte altre organizzazioni cattoliche, Azione Cattolica in primis, poi con l’Agesci e, inoltre, con la Caritas; poi con associazioni che si occupano di disabili, con i quali condividiamo dei progetti.

La nostra sede è in un appartamento di proprietà della mia collega, dove ci incontriamo, ma anche nel nostro studio raccogliamo molte persone, perché lo studio si trova vicino alla sede del Circolo e questo ci agevola.

Le Acli sono quindi una leva importante nel vostro lavoro quotidiano. Che significato attribuite a questa presenza e quali relazioni vi legano alle Acli provinciali?

Collaboriamo molto con le Acli provinciali, siamo il Circolo della provincia più attivo nella realizzazione delle manifestazioni con le Acli. Come dicevo è tutto integrato nella nostra visione, quindi qui al Circolo promuoviamo anche i servizi delle Acli: funzioniamo da centro per la raccolta delle pratiche di Caf e di Patronato, che poi mandiamo a Cosenza per la lavorazione. I nostri iscritti al Circolo sono anche utenti dei servizi, che hanno un ruolo importante, perché attraverso questo strumento di sostegno riusciamo a far sedere le persone e, ascoltandole, riusciamo a cogliere la situazione complessiva che portano. Magari vengono per un’attività specifica, poi capiamo che c’è un contesto di povertà e attiviamo il pacco alimentare; oppure c’è una forma di disagio che richiede un altro intervento. Facciamo un ascolto a 360 gradi. Questa è la nostra vocazione; questo significa essere Acli.

Le Acli ci hanno permesso di fare volontariato, potendo mettere a frutto un mestiere che ha una sua utilità per le persone in difficoltà. Io sono sempre stata coinvolta nel volontariato di stampo cattolico e c’erano diverse opportunità in cui potersi riconoscere e collocare. Con le Acli c’è stata da subito una condivisione di valori. Nel tempo ho anche fatto la catechista, però poi con l’associazionismo mi sono un po' fermata. Andavo alla ricerca di un luogo in cui sentirmi a casa, in cui potermi collocare come persona adulta, matura e capace di offrire opportunità a partire dalle proprie competenze. Mi rifaccio sempre a San Paolo: abbiamo dei carismi e se riusciamo a realizzare anche solo parte di questi carismi siamo avanti nel nostro progetto di vita. Le Acli sono arrivate in questo quadro, nella nostra ricerca nel mondo cattolico, con cui condividere valori e sensibilità. Ci siamo avvicinati anche al mondo agricolo per via della vocazione agricola del nostro territorio: è la parte del mondo del lavoro a cui teniamo di più. Siamo nell’albo dei curatori e degli amministratori di sostegno per tutelare le persone fragili, lavorando in collaborazione con il giudice tutelare. Con le Acli possiamo offrire alle persone delle opportunità che in altri casi non potremmo fare.

Avete messo in cantiere dei progetti futuri da sviluppare?

Per il momento abbiamo una serie di iniziative che sono storicizzate, come la fiera delle eccellenze e molte energie dobbiamo investire nella sartoria sociale che ha necessità, perché nata ad ottobre 2023, è giovanissima. Stiamo facendo le prime commesse di bomboniere e dobbiamo seguire questo processo. Ah ecco, da circa 4, 5 anni facciamo dei corsi per colf e badanti e abbiamo una rete in questo senso. Dal momento che siamo amministratori di sostegno, in contatto con persone che hanno bisogno di particolare cura e di persone che cercano lavoro come colf e badanti, possiamo lavorare per integrare le necessità. Ogni anno ai corsi abbiamo almeno 15 iscritte e, in particolare nel nostro Circolo, queste donne sono italiane, non straniere, fanno questo lavoro e hanno necessità di fare formazione. L’ultimo lo abbiamo svolto proprio nella sartoria, per supportare le donne che sono lì, alcune delle quali fanno le badanti come mestiere.

Stiamo lavorando per creare una rete con i vari centri antiviolenza, vorremmo essere di supporto sul piano materiale, ma anche sul piano formativo per aiutare le donne ad imparare un mestiere. Ci siamo resi conto che l’approccio è giusto: abbiamo avuto molte commesse, perché il prodotto fatto a mano ha un mercato. In occasione delle cresime e dei matrimoni  le signore hanno fatto anche le borse.

Adesso vorremmo consolidare quello che abbiamo messo in piedi e recuperare la festa del ringraziamento, perché coinvolge molto le persone, con il parroco e gli agricoltori. Siamo un piccolo Circolo, ma abbiamo fatto già tanto. Il legame con le scuole è una priorità, per organizzare degli eventi sulla violenza di genere.

Forse quello che stiamo pensando e manca è occuparci degli anziani, in un contesto territoriale con la popolazione che invecchia. Io sono anche nella presidenza provinciale Acli dove si sta parlando e facendo per gli anziani e vorrei come Circolo, occuparmi anche di loro. Tengo molto al fatto che, attraverso il nostro Punto famiglia, lavoriamo molto con le famiglie e l’ascolto diventa determinante, perché chi gravita intorno a noi sono principalmente i nuclei familiari che necessitano di supporto e di risposte.

CIRCOLO ACLI MOVI – MOVIMENTO GIOVANI DI CENTALLO (CUNEO). LA FORZA DELLE NUOVE GENERAZIONI CHE SI CONTAMINA CON ALTRE REALTA' DEL TERRITORIO, SPERIMENTANDO PERCORSI CHE COINVOLGONO UN'INTERA

Stefano Giolitti è il giovane presidente del MOVI (Movimento giovani), Circolo Acli di Centallo a Cuneo, che raccoglie un gruppo di giovani del territorio con esperienze di volontariato alle spalle, con l’obiettivo di guardare al futuro e alle nuove generazioni.

Allora Stefano, qual è il percorso che ha portato te e gli altri ragazzi del consiglio alla guida del Circolo Acli di Centallo?

La nostra è un'associazione che nasce qualche anno fa, quando il parroco di Centallo di quel tempo, qui a Cuneo, parliamo degli anni ’90, aveva già speso praticamente tutti fondi della cassa della parrocchia per la costruzione di un di un oratorio, conforme alla pratica di attività sportive e ideale per gli scambi e le interazioni sociali. In pratica sono stati ripristinati gli spazi per creare una specie di centro sportivo. A Centallo non c’era niente di simile prima, quindi lui aveva pensato di riprendere in mano la vecchia struttura già esistente organizzando campi da calcio, da basket, poi il tennis, campi di pallavolo ecc., aggiungendo uno spazio di ritrovo con il bar. Nei fatti un Circolo. Però ci si rende subito conto che la gestione in mano alla parrocchia sarebbe stata complessa, per questo hanno deciso di affidare il tutto alle ACLI. Si sono susseguiti diversi direttivi che hanno dibattuto sulla necessità di rivolgersi ai giovani, peccato che poi la composizione stessa del direttivo non prevedeva il coinvolgimento di figure propriamente giovani, ecco!

Invece una svolta in questo senso c’è stata proprio circa tre anni fa, quando l’allora presidente uscente, di 55 anni, ha voluto lasciare il testimone ai giovani, sostenendo che un Circolo per i giovani deve essere guidato da giovani, capaci di intercettare i bisogni e le esigenze del territorio, quando si tratta dei propri coetanei. Noi siamo sempre stati nel Circolo, ma non facevamo parte del direttivo; attivi dal punto di vista dell’impegno volontario, in attività sportive o parallele, svolte all’interno del Circolo, però diciamocelo…. Non avevamo mai preso nessuna decisione!

Adesso il cambio di rotta, ed eccoci qua, catapultati in una sfida che all’inizio pensavamo più grande di noi: ci siamo assunti l’onere nella totale ignoranza dal punto di vista della gestione, non avevamo alcuna preparazione in merito e tanto meno esperienze. Non avevamo mai provato neanche a fare delle proposte da soli, che non fossero accompagnate dalla figura di un adulto. Ma non ci siamo tirati indietro, abbiamo iniziato e, in pochi anni, abbiamo provato, noi con le poche forze a nostra disposizione, a comprendere le diverse esigenze provenienti dalla comunità, per offrire delle risposte un po' diverse dalla semplice festa di paese. A Centallo abbiamo una festa paesana, dove comunque mancavano impulsi di aggregazione, soprattutto per la fascia dei giovani. Non abbiamo da subito immaginato un programma di attività, siamo andati per tentativi, con delle proposte pensate da sperimentare. Ora stiamo cercando di crescere, di migliorarci e cambiare, provando anche ad andare in direzioni diverse se necessario, aprendoci ad esigenze e target variegati. Vorremmo arrivare a tutti!

Quando vi siete trovati con in mano il Circolo, con questa nuova responsabilità, cosa vi siete detti? Da che parte avete iniziato?

Guarda vorrei spiegarlo con un aneddoto, ci tengo. Inizialmente hanno chiesto a me se fossi disposto a prendere in mano le redini di questo gruppo, portando avanti il Circolo ed io ho pensato subito: “ma perché lo chiedete proprio a me, potevano benissimo rivolgersi a qualcun altro”? Del resto, non avevo mai avuto un ruolo centrale. A mia insaputa, il presidente di un’associazione che lavora all’interno di questo grande mondo di organizzazioni sportive che, in rete, collaborano con il Circolo, ma che svolgono iniziative anche indipendenti sul territorio, mi aveva segnalato. Ho incrociato il presidente Davide Mana per la prima volta nel mondo dell’Azione Cattolica, da cui anche io provengo, e lui ha avuto un ruolo importante nella fondazione del MOVI, poi è venuto a mancare ancora molto giovane, un padre di famiglia, e dopo mi hanno comunicato che lui aveva fatto il mio nome per portare avanti questa esperienza a Centallo. Tale consapevolezza mi ha riempito di commozione ed è stata la spinta ad accettare l’incarico. Se qualcuno aveva creduto tanto in me, qualcuno come Davide che stimavo e rappresentava uno dei grandi pilastri della vita che hai la fortuna di conoscere, potevo farcela, potevo anche io credere in me, sebbene consapevole di non essere pronto al compito. Ho guardato avanti!

Gli altri li ho coinvolti a partire da una considerazione semplice: se davvero avessimo voluto fare qualcosa di diverso per la comunità con un impatto, avremmo dovuto coinvolgere i giovani andando ad intercettare negli altri ambiti, nei mondi diversi dal nostro, aprire, diversificare. Così abbiamo cercato nell’Azione Cattolica, quindi la parte di oratorio che è molto forte da noi; siamo entrati in contatto con le diverse associazioni sportive di basket, pallavolo, ecc.; poi siamo andati alla ricerca di chi poteva portare un contributo nuovo, attingendo al mondo delle Proloco e delle Frazioni. Insieme potevamo capire cosa mancasse nel territorio, su cosa potevamo fare la differenza. I ragazzi erano spaventati, è stato difficile, perché io avevo 25 anni all’epoca, ma ero il più vecchio; loro tutti avevano intono ai 20, 22 anni, ancora più insicuri e impreparati. Puntare sulla partecipazione di un universo ampio di organizzazioni ha funzionato, aiutandoci a mettere a fuoco le esigenze dei giovani nei diversi ambiti. Negli anni abbiamo conosciuto anche altri circoli, siamo stati molto a contatto con la sede provinciale e altre realtà del territorio, e posso dire che la nostra particolarità sta nell’essere uno spazio unico nel suo genere, un punto di riferimento importante per la comunità del Paese.

In questi ultimi due/tre anni da quando avete preso le redini del MOVI, che cosa avete realizzato? Quali iniziative ritieni siano state più significative?

All’inizio abbiamo svolto attività ordinarie per i tesserati. Poi ho spinto per uscire dal seminato, con l’obiettivo di attrarre di più e non trattenere chi già c’è. Così siamo partiti con alcuni tornei su delle discipline sportive, di pallavolo ad esempio, ma anche di palla prigioniera, un’attività molto giocata che è stata particolarmente apprezzata. Poi un piccolo concerto con degli artisti locali di musica indi, gruppi emergenti che potessero proporre la loro musica e anche questo è stato un successo. Dall’esterno ci era arrivato l’input di costruire uno spazio come aula studio, dove poter avere occasione di studiare in tranquillità, considerando gli orari improponibili della biblioteca; allora, abbiamo messo a disposizione un salone, coordinandoci nei pomeriggi per tenere aperta questa aula studio. A seguire, ci siamo messi in testa di organizzare un evento grande sul tema della sostenibilità, partendo dalla considerazione che ne parlano in molti, ma sempre con un taglio molto “alto”, non sempre afferrabile per tutti. Partendo dall’idea di come ciascuno, il singolo, può contribuire in modo semplice ma fattivo alla sostenibilità ambientale, abbiamo sviluppato un progetto-evento su questo: un altro incredibile successo.

Il progetto più ambito riguarda l’organizzazione del torneo dei Rioni o Cantoni cittadini con il coinvolgimento di tutta la comunità, più di 150 persone, sfidando i partecipanti delle diverse squadre a misurarsi all’interno di una manifestazione che vuole essere più di aggregazione che sportiva. La realizzazione di questo evento è stata possibile grazie al coinvolgimento delle tre proloco locali, all’Avis, alla sezione della Croce Rossa, all’Associazione Centallo Viva, un’associazione culturale, e poi alla Caritas e altri. Ci sono state squadre con 65 persone dentro. Ha funzionato così bene che dovremo riproporlo ancora. Il veicolo sportivo sta funzionando molto come aggregante, qui a Centallo anche tra generazioni diverse. Non possiamo poi trascurare anche il gradimento ricevuto dalla Cena al buio, grazie alla collaborazione con l’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti. Un’esperienza così forte e per certi versi inedita, al punto che ci siamo spinti fino all’organizzazione della quarta edizione, a grande richiesta.

I corsi che abbiamo realizzato sono un’altra componente importante. Ad esempio, il corso di fotografia analogica e sviluppo del rullino, iniziativa di nicchia, che però ha registrato una presenza inaspettata. Poi un corso di cucina per bambini delle elementari, contando sul fatto che ne sarebbero venuti due, invece nel giro di due giorni, abbiamo riempito l’intero corso con 20 bambini e ci hanno chiesto di rifarlo, ci hanno contattato circa 70 persone interessate, una cosa inaudita. Tra l’altro realizzato con l’aiuto di un ex cuoco disponibile sempre gratuitamente e la collaborazione della scuola di Centallo. A parte i bambini contenti, è stato un vero punto di convergenza e aggregazione con i genitori, un modo per coinvolgere le famiglie. Insomma, spinti dal brivido del rischio, ci incamminiamo sulla strada del corso di cucito, un’idea rivolta ad un target ristretto, pensando alla partecipazione di qualche signora interessata…. Non entravamo più nel salone, pieno di giovani dai 17 ai 20 anni di età ad apprendere i segreti dell’uncinetto e dovremo riproporre a settembre, sempre grazie al contributo di alcune signore esperte che si offrono volontarie per insegnare.

Che cosa significa per voi stare nel mondo Acli? Quali riferimenti, quali relazioni?

Personalmente ho vissuto in modo profondo l’esperienza in Azione Cattolica per circa dieci anni, ero inserito bene anche negli ambiti diocesani, l’universo Acli era più lontano per me, non lo conoscevo bene, dico la verità. Più che altro l’impressione era di un mondo non vicino ai giovani, uno spazio dove si riunivano gli anziani per giocare a carte o a bocce. Poi quando siamo entrati il primo rapporto con la sede provinciale è stato fantastico, abbiamo trovato un livello di competenza e preparazione altissimo, sul piano tecnico, e una grande voglia di collaborazione. Cooperiamo a dei progetti con loro. Elio Lingua, attuale presidente provinciali di Cuneo, negli anni ’90 è stato presidente del MOVI e questo aggancio è importante, abbiamo trovato molto supporto.

Ci siamo avvicinati anche al mondo di GA Acli, abbiamo partecipato alla 3gg sulla sostenibilità e abbiamo scoperto una realtà incredibile, con grande forza di coinvolgimento dei giovani.

Prova a soffermarti su quella che pensi sia stata una delle principali difficoltà incontrate, cosa diresti?

Allora, dobbiamo mettere in conto che siamo un Circolo e lo spazio in cui lavoriamo non è quello comunale, ma è lo spazio parrocchiale, cioè di proprietà della parrocchia. Facciamo fatica a superare una serie di scogli per l’approvazione dei progetti ai bandi pubblici, pur tentando più volte, alcuni progetti non sono andati a buon fine. C’è da faticare molto, però provando a lavorare in rete con altre organizzazioni abbiamo potuto superare le difficoltà. La capacità di fare rete è determinante. Per noi, come per molti circoli, gli aspetti economici non sono indifferenti. Ad esempio, per delle ristrutturazioni di cui avremmo bisogno non possiamo fare tutto con i volontari. Abbiamo il bar, ma prima che arrivassimo noi era stata data in gestione a privati, anche se siamo noi a definire i rapporti e le linee guida, non ce ne occupiamo direttamente.

Qualche proposito per il futuro?

Incrementare sicuro i punti di contatto tra noi e altre organizzazioni; forse, provare a diventare un punto di riferimento sempre più consolidato per i giovani qui a Centallo. Un grande sogno è di allargare i nostri progetti, i nostri eventi, non solo corsi o cose piccole, ma eventi di grande portata. Ad esempio, non ci stiamo ancora pensando a livello tecnico, però ci interesserebbe realizzare un concerto. Qualcosa con una grande diffusione e partecipazione.

CIRCOLO ACLI HAMARTIA (TERNI). UN CENTRO D’ARTE CHE UNISCE CANTO, DANZA E TEATRO, MOTORE DI OPPORTUNITA’ DI INCLUSIONE E CRESCITA, LIBERTA’ DI ESPRESSIONE PER I RAGAZZI

Emanuela Gussetti ci racconta del Circolo Acli Hamartia di Terni, nato da un’idea e, in un certo senso, da quello che possiamo chiamare un vero impegno “familiare”. Il marito di Emanuela è il Presidente del Circolo Acli, mentre lei, insegnante di teatro è una socia volontaria, ma nei fatti insieme al resto della sua famiglia, si occupa degli aspetti burocratici e ricopre il ruolo di direttrice artistica che coordina le attività teatrali. La passione per questa attività e l’affetto che nutre per i “suoi ragazzi” del Circolo alimentano progetti e speranze.

“Da tempo sono impegnata in un’altra associazione di cui sono presidente”, dice Emanuela. “proprio all’interno di questa realtà nasce un centro giovanile “al Palazzone”, per organizzare attività post scolastiche per i più giovani, in grado di mettere in moto passioni e creatività”. Abbiamo bambini dalla prima elementare fino alle superiori. Ci troviamo in un quartiere semiperiferico di Terni e la condizione sociale di molti giovani richiedeva la nascita di uno spazio dedicato, che si rivolgesse a loro. Si è presentato il bisogno di farli sentire inclusi, parte di una comunità, di un gruppo in cui intrecciare legami, che per loro rappresentino un punto di riferimento. Ed è proprio tutto questo che porta poi alla fondazione di Hamartia. Nel tempo nasce la necessità di impegnare i ragazzi del centro una volta cresciuti in progetti di crescita che gli consentano di mettere a frutto quanto appreso al centro, di coltivare sogni. Dovevamo trovare il modo per non lasciarli andare, coinvolgendoli in attività che per loro avessero un significato, un valore. Soprattutto meritavano un’opportunità per investire e proseguire il percorso iniziato. In questo modo, li abbiamo attivati come insegnanti su corsi che abbiamo appositamente pensato per bambini più piccoli, nella disciplina che i più grandi stavano studiando, in collaborazione con le scuole. Ad esempio, una ragazza che si dedicava al canto da molti anni, ha insegnato in corsi di canto che abbiamo organizzato rivolti ai più piccoli. Lo stesso è avvenuto per la danza, anche grazie alla collaborazione di mio figlio, o con la pittura. Così si crea un gruppetto di ragazzi che dai 15 anni man mano arrivano ai 20 anni. Stavamo costruendo occasioni più strutturate cercando di imprimere una identità all’impegno di questi ragazzi.

Da questa esperienza nasce il Circolo Acli Hamartya?

Sì, perché noi, la nostra famiglia, e le persone che frequentano la mia associazione, da sempre siamo vicini alle Acli, e nel 2012 capiamo che il gruppo di ragazzi del centro giovanile, ormai cresciuti, ha bisogno di uno spazio diverso, di una realtà che possa offrire dei percorsi inediti da quelli fino ad ora sperimentati, riconoscendogli meriti e competenze. Un luogo in cui raccogliere tutti i loro hobbies, le loro passioni, per costruire occasioni di sviluppo di questi interessi generati nel tempo. Il Circolo Acli HamartIa quindi nasce proprio nel 2012 come associazione culturale grazie al coinvolgimento di Acli Arte e Spettacolo, e i filoni di attività riguardano gli ambiti della danza, della musica e del teatro. Il gruppo di ragazzi che partecipano, vengono coinvolti subito nella realizzazione di piccoli laboratori nelle scuole. La nostra sede è a Via di Porta San Giovanni, un locale di una vecchia scuola, palestra, nella città di Terni, una zona direi semi centrale, andando verso la periferia. Si è trasformato in un luogo di incontro e di ritrovo, dove aspettare gli amici, i genitori; un porto sicuro sul quale non solo gli adolescenti ma gli stessi adulti hanno iniziato a fare affidamento.

Con il passare del tempo il Circolo estende il proprio raggio di azione, e nel 2017, si sviluppa l’idea di dar vista ad una scuola di danza e teatro, con caratteristiche proprie, per la quale diamo vita ad un’altra associazione che affiliamo ad US Acli, a cui diamo il nome di Hamartia per rimarcare il collegamento con l’esperienza che c’è dietro, in questo caso siamo nell’ambito dello sport dilettantistico. La scelta del nome è significativa, frutto di una serie di ricerche svolte dai ragazzi che, fin dagli inizi, sono sempre stati il cuore e l’anima dell’associazione. “L’hamartia, secondo la poetica aristotelica rappresenta l’errore inconsapevole che compie l’eroe e dal quale deriva tutta la tragedia. Il senso, però, andava oltre indicando l’errore nel suo insieme. Nel tirare con l’arco, ad esempio, si presuppone che tu non prenda solo la mira, ma valuti la direzione, la tensione dell’arco e il vento. Secondo questa lettura l’hamartia è, quindi, l’errore ponderabile, con margini di aggiustamento, attraverso il quale apprendere per migliorare. Alla base l’idea che proprio “sbagliando si impara”, un’affermazione che riflette pienamente lo spirito del lavoro che si fa nell’associazione.

Tutto questo percorso come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi non era stato immaginato a tavolino, nessuna premeditazione e nessun progetto. Inizia tutto un po' per gioco e per volontà, senza intenzioni specifiche, animati da una spinta forte nel voler coinvolgere questi giovani, in un quartiere a rischio, per offrirgli delle opportunità. Così è stato. Le loro passioni, mentre diventavano grandi, crescevano con loro, iniziando a diventare un’opportunità per uno sviluppo professionale. All’interno del Circolo proponiamo anche laboratori per gli adulti, pensiamo sempre a cose nuove. Siamo partiti occupandoci dei giovani poi abbiamo rivolto l’attenzione a diverse fasce di età.

Vorrei ricordare anche che abbiamo intrapreso delle collaborazioni con il Comune per svolgere delle attività di socialità e di animazione, non ci siamo dedicati solo alla musica, alla danza e al teatro. I ragazzi sono stati coinvolti in queste iniziative legate a progetti come, ad esempio, il progetto “Generazioni X” che richiedeva interventi di animazione nelle strade. Oppure abbiamo svolto attività per San Valentino; Natale ed Halloween. Le Acli, il Comune, piuttosto che altre associazioni ci coinvolgono per introdurre queste attività di animazione molto carine, perché noi utilizziamo giochi vecchi da fare anche in gruppo, trasformandoli in formato maxi. Ad esempio, giochi a tema in base al contesto in cui ci si trovava, come il tiro alla fune, di dimensioni superiori, dove però c’erano dei ragni se si trattava di Halloween, apportando modifiche ai giochi in base al tema dell’iniziativa. Riproponiamo questi giochi, laddove ci chiamano. Siamo sempre andati gratuitamente, per noi è il nostro modo di contribuire ad attività che hanno un valore sociale.

Riuscite a procurarvi delle entrate anche minime per sostenere tutte le vostre attività? E in quanti siete ad organizzare tutte queste attività?

La pandemia ha creato uno strappo forte e stiamo cercando di riprenderci. A parte la quota dei soci non vediamo altri fondi e non abbiamo la capacità per poter partecipare a bandi di qualche tipo. Siamo persone che credono molto in questo progetto e lo viviamo così. L’Associazione con il Centro giovanile esiste ancora e da quel bacino veniamo a contatto con un gran numero di giovani che, per ragioni economiche e culturali, non avrebbero mai alcuna possibilità di avvicinarsi altrove ad attività come quelle che facciamo noi (danza, musica, tetro, ecc.). Quindi il nostro primo contatto è il Centro giovanile, poi ci conoscono e li portiamo al Circolo Acli per provare a fare un lavoro di inclusione e rendere possibile la fruizione di molte attività a ragazzi in difficoltà. Questo è il nostro obiettivo. La maggior parte dei giovani che accogliamo non sono in grado di pagare niente; quindi, lo spirito da parte nostra è notevole, ma le difficoltà economiche si sentono.

Le persone che supportano questo progetto e lo alimentano con le proprie energie sono intanto almeno sei: ovvero i membri della mia famiglia, tra figli, marito, fidanzate dei figli. Una decina in tutto alla fine, con qualche altro supporto. Poi riconosco che siamo fortunati perché abbiamo una cerchia di ragazzi, tra quelli che hanno frequentato il Circolo, che gravitano intorno e ci danno una mano, sono rimasti in buoni rapporti, si creano dei legami. Facciamo anche video clip e video musicali, cose anche un po' più complicate e un aiuto diventa importante, anche per l’apporto di qualche competenza tecnica.

Come soci, devo dire, dopo la pandemia la situazione si è aggravata. Adesso cominciamo a rivedere la luce. Era diffuso un atteggiamento sospettoso. Ci vuole del tempo.

Quali sono le caratteristiche che riconoscete più di valore nell’attività che svolgete nel Circolo?

Siamo consapevoli che la nostra missione va ben oltre la nostra immaginazione e la rete che abbiamo creato offre supporti importanti. Adesso abbiamo due ragazzine musulmane che vengono da noi, e abbiamo scoperto nel tempo, che i genitori non sono propensi per ragioni culturali, religiose e altro a far frequentare le figlie. Ma noi stiamo dando un’occasione a queste ragazze per esprimersi e per conoscere le proprie potenzialità malgrado le difficoltà. Le famiglie alla fine ci hanno dato fiducia, ma noi cerchiamo di fare attenzione alle coreografie, agli abiti che proponiamo, per consentire le esibizioni senza offendere nessuno e nel pieno rispetto delle credenze altrui. Abbiamo anche delle bambine ucraine che non parlano italiano, arrivate da poco, inserite subito da noi. Ci sono state mandate da un’altra realtà. Sul territorio tra associazioni ci si conosce e si riesce a fare questo lavoro di collegamento e di reindirizzamento, consigliando l’associazione più adatta alle esigenze di chi ci contatta.

Si lavora sull’integrazione e sull’offrire ai ragazzi un luogo fisico in cui ritrovarsi, facendo qualcosa di bello insieme, in modo che il pomeriggio non vadano altrove, come in strada, oppure in compagnia di gruppi poco raccomandabili. Il Centro giovanile si occupa dopo scuola dell’aiuto compiti, ma al Circolo Acli, anche per i più grandi svolgiamo queste attività anche noi. Supportiamo nei compiti i ragazzi se sappiamo che non li hanno completati, se hanno avuto delle difficoltà. Può avvenire che i ragazzi, in modo superficiale, trascurino gli studi motivando questo comportamento con il fatto che hanno avuto lezione di teatro o altro. Per noi non è accettabile, l’investimento è sull’istruzione come sulle attività extrascolastiche; pertanto, alle volte ci organizziamo noi per il supporto compiti. Il nostro è un lavoro a tutto tondo sul ragazzo, orientato alla sua crescita, al suo sviluppo nell’insieme. Non si tratta solo di insegnare ai ragazzi a cantare o ballare, si tratta di prepararli per la vita da adulti, gettando basi solide, valori legati alla famiglia, alla condivisione e alla solidarietà: il teatro e l’arte come mezzo per arrivare ad altri obiettivi. Non proponiamo sogni di fama, ma l’opportunità di diventare se stessi, esprimendo le proprie potenzialità e talenti nel rispetto di un equilibrio complessivo dello sviluppo.

L’idea è stata dall’inizio quella di creare un centro d’arte a tutto tondo, dove le varie discipline potessero lavorare insieme a progetti sempre nuovi e stimolanti. Collegare la musica alla danza e al canto, e queste ultime al teatro ad esempio, rimanendo sempre aperti a nuove proposte – ne sono un esempio il corso di kpop o la collaborazione con dei giovani fotografi ternani – lo scopo finale era (ed è rimasto) quello di valorizzare l’arte in ogni suo aspetto.

Tutti i nostri spettacoli sono ad ingresso libero. Solo qualche volta, prima della pandemia, abbiamo organizzato spettacoli per beneficenza, e in questo caso abbiamo chiesto un contributo poi devoluto ad altre realtà. Si è trattato di uno spettacolo eccezionale, che ci ha unito molto. Diversamente dai saggi che facciamo per i parenti, questa volta abbiamo selezionato alcuni, tra allievi e insegnanti, per realizzarlo ed è stata un’esperienza magnifica. Vorremmo riproporlo ma economicamente è un impegno grosso. Lavoriamo affinché ogni sogno diventi una concreta realtà.

CIRCOLO ACLI DI LUGLIANO, BAGNI DI LUCCA (LUCCA). NELL’EDIFICIO DELLA EX SCUOLA RINASCE LO STORICO BORGO TOSCANO, AFFIDATO ALLA CURA E AL CORAGGIO DELLA COMUNITA’ LOCALE

Il Circolo di Lugliano, a Lucca, conosciuto anche come “Circolino”, rinasce dopo alcuni anni per restituire al Paese un presidio attivo, un riferimento per promuovere aggregazione e convivialità, attraverso il bar e delle iniziative socioculturali. Lugliano è un paese di 170 anime, una frazione del comune di Bagni di Lucca, con lo sguardo verso l’Appennino. Risorgere dall’oblio è un sogno che diventa realtà grazie alla tenacia e alla passione di un pugno di cittadini residenti e non che, costituiti in comitato spontaneo, si sono battuti per ottenere la gestione di uno spazio. A raccontarlo è Dalida Antonini: una ex insegnante in pensione, un concentrato di carisma ed energia, che non aspetta la nostra domanda……

“”Tutto è iniziato nel 2023”, ricorda Dalida, in occasione della festa per la Befana che, tradizionalmente nel nostro paese, come nella zona della Garfagnana e della Valle del Serchio, veniva prima di Babbo Natale e portava doni semplici ad una popolazione povera, qualche mandarino o fichi secchi, doni preziosi per i bambini. Abbiamo voluto far rivivere questa storica manifestazione, riproponendo ad oggi il canto antico del Paese sulla Befana tramandato da generazioni, coinvolgendo adulti e bambini per le strade; facendo in modo che bussando alle porte delle case potessero raccogliere i doni offerti (spumante, cibi di ogni genere, ecc.). Le offerte, messe in comune, sono state poi consumate dalle persone insieme, per creare un’occasione di convivialità. Questo momento di vicinanza tra le persone ha fatto scattare l’idea, maturata da un desiderio profondo: “perché non riapriamo il Circolo di Lugliano, della ex scuola elementare, chiuso nel 2017? Non abbiamo nessuno spazio di incontro e socializzazione”. Intendevamo restituire ad un paese che sta morendo, con la chiusura di negozi di generi alimentari, bar e anche un albergo che avevamo, un luogo di incontro e di socialità, affermando che era possibile trovare nuova linfa. Il Covid ha rappresentato un duro colpo per noi, ma anche un’opportunità di riflessione e forse il modo in cui abbiamo reagito, cantando insieme all’aperto, ci aiutato a migliorare, ad elaborare questo pensiero ed il bisogno di ritrovarci nel nostro paese. Insomma, le idee di cosa fare con il Circolo erano tante, si rincorrevano.

L’edificio era stato vandalizzato e versava in pessime condizioni da quando era stato abbandonato, così ci riunimmo più volte in assemblea paesana, formata da circa una settantina di persone che avevano espresso il forte desiderio di riaprire il Circolo. Da settanta siamo poi rimasti in undici, che sono diventati a tutti gli effetti i soci fondatori. Abbiamo preso dei contatti con le Acli di Pisa che ora sono di Pisa-Lucca, il nostro riferimento. Nello stesso momento abbiamo cercato un dialogo con il Comune che aveva messo l’edificio tra i beni alienabili. Parlando con il sindaco e gli assessori è stata richiesta la convocazione di un consiglio comunale, dove si potesse prendere atto della nostra richiesta. Ci siamo mossi per una raccolta firme (146 firme su una popolazione di 170 abitanti!) con la quale chiedevamo che la ex scuola non fosse venduta, ma restituita al paese, possibilmente con un comodato d’uso gratuito. Esito del primo consiglio: l’edificio poteva tornare al paese, ma sul comodato d’uso gratuito la risposta è stata no. Quindi, abbiamo elaborato un progetto, partecipando al bando dell’Amministrazione comunale per l’affido in concessione. Ci hanno riconosciuto un contratto, che io definisco capestro da sempre, con una somma mensile a scomputo delle somme spese per i lavori di ristrutturazione necessari a rendere agibile l’edificio. Ad agosto abbiamo ottenuto le chiavi, e iniziato i lavori. Sono partite le pulizie, con il supporto anche di altre persone oltre ai soci, all’inizio anche con molto entusiasmo. I bagni sono stati rifatti con accessibilità per tutti e abbiamo iniziato a fare le tessere. Il primo anno solo 40 tesserati. A febbraio il contratto e l’inaugurazione, a maggio del 2024 nasce la nostra associazione e ad oggi siamo 103 tesserati e nessuno credeva che avremmo potuto farcela.

Facendo un breve passo indietro, ancor prima di entrare in possesso delle chiavi del Circolo, il vostro gruppo era già attivo e costituito in associazione, a cui però mancava una sede?

Sì, sì eravamo già Aps, intanto, siamo partiti dal 18 maggio del 2023, spinti dal desiderio di fare qualcosa per il Paese e quando siamo arrivati all’inaugurazione eravamo già pronti. In questa fase, ha visto la luce un percorso di arte terapia, dove tutti hanno dipinto e poi fatto merenda con il pane e il nostro olio di oliva; poi è partita la biblioteca itinerante con letture vicino alla sede del Circolo, sotto il Tiglio e il Bagolaro, all’aperto, promuovendo la creazione di manufatti da parte dei bimbi. Successivamente, non appena ristrutturato e aperta la sede, siamo partiti con una serie di eventi, di cui uno in particolare mi rende orgogliosa: il concerto di un coro gospel diretto da un amico di mio figlio nella chiesa. Un evento molto partecipato, anche da persone che sono arrivate da fuori e che abbiamo concluso con una apericena. Poi abbiamo organizzato diverse cene tra soci per raccogliere fondi e abbiamo ottenuto anche varie donazioni, perché le persone non ci hanno mai abbandonato. Quando si parla del Circolo ne riconoscono il valore. Inoltre, facciamo le pizzate estive e ci siamo organizzati anche per le colazioni della domenica mattina, una iniziativa davvero molto apprezzata. Facciamo i caffè e i cappuccini, e con le paste che facciamo venire da Bagni di Lucca, si mangia in comune nella sala del bar. L’inaugurazione del Circolo ha coinciso con l’attivazione del bar, riuscendo ad aprire solo domenica e sabato mattina, alternandoci. Qualche aiuto c’è e per ora vogliamo mantenere così, una gestione in team, finché riusciamo. Poi ci siamo iscritti al Runts, insomma, è parecchio impegnativo, ma siamo molto contenti.

Per coinvolgere i bambini dai 3 anni ai 13 anni, la domenica ci siamo inventati “l’Orto dei semplici”, un’attività in comune per far piantare ai più piccoli le erbe aromatiche che usiamo per la cucina o per gli aperitivi. Penso sia importante per questi piccoli, occuparsi della loro pianta, dargli l’acqua, vederla crescere. Questa esperienza l’abbiamo iniziata con Gilberto ed Antonella che hanno creato da anni il “luogo dei ragazzi” a Bagni di Lucca, una realtà tramite la quale i ragazzi vengono in contatto con la natura, parlano delle api; inoltre, hanno ideato delle aule all’aperto nella scuola dove io ho insegnato in passato e poi un giardino dedicato alla memoria di una comune amica che ci ha lasciato, interamente realizzato dai bimbi e dai ragazzi nella scuola e un percorso sensoriale con i sassi di fiume.

Invece, come avete incrociato le Acli, come siete stati accolti in questa “casa”?

Come dicevo eravamo un’associazione ma non ci sentivamo tranquilli nell’affrontare gli aspetti burocratici che questo compito richiede e una ragazza del consiglio propose di rivolgersi alle Acli come era già avvenuto in passato. Nel frattempo, le Acli di Lucca erano andate incontro ad una trasformazione, quindi dovevamo fare riferimento alle Acli di Pisa, che avevo assunto la responsabilità dei circoli di Lucca. Ci hanno fornito il nominativo di Rachele e abbiamo preso parte ad una riunione nella canonica della chiesa anche con gli altri, perché non avevamo ancora un luogo fisico dove poterli accogliere. Ci sono subito piaciuti e hanno avuto la nostra fiducia. Ci hanno dato supporto, dei consigli e ci siamo sentiti accolti e accompagnati. Ci hanno conquistato e hanno anche preso parte all’inaugurazione. Per condividere il nostro lavoro c’è Giulia, la nostra animatrice, che subito ci ha proposto e poi sostenuto in una progettualità con il bando Cesvot per le piccole realtà come la nostra. Noi eravamo scettici, non ci davamo abbastanza fiducia… invece ora progetto vinto e approvato: c’è da lavorare con il progetto “Ri-scopriamo Lugliano”! L’idea è quella di creare dei cartelli di alluminio da mettere nei punti panoramici del paese e nelle zone caratteristiche, contenenti tutte le informazioni culturali, storiche e di riferimento del territorio, in due lingue. Al termine di una sorta di passeggiata, anche con le Joëlette, biciclette per disabilità grave, come quelle di mio figlio grande, dopo essere andati alla scoperta delle bellezze del territorio, facciamo una cena per stare tutti insieme.

Per questa iniziativa progettuale, Dalila come vi è venuta l’idea della passeggiata con le Joëlette?

Sono io ad avere un certo pallino per l’accessibilità ai disabili, per ragioni familiari. Mio figlio Davide, che ora ha 37 anni, dalla nascita ha sperimentato delle difficoltà. Grazie a quello che io e la mia famiglia abbiamo appreso, un approccio per garantirgli la massima autonomia considerate le condizioni di partenza, posso dire che mio figlio è stato un vincente. Nei fatti con gli strumenti giusti si può riapprendere a vivere in modo diverso. Noi eravamo nel CAI in precedenza e adesso, amando la montagna, siamo tornati a questa esperienza. Insieme a dei nostri amici del gruppo Pegaso (escursionisti) e forti del vissuto con nostro figlio, abbiamo pensato alla possibilità di usare questa bicicletta per portare in vetta i ragazzi con delle difficoltà. Con questi gruppi abbiamo dato vita al progetto “Montagna per tutti”, perché abbiamo sperimentato in prima persona che è possibile, e vogliamo portare questo messaggio ovunque andiamo. Siamo in contatto anche con molti circoli di zona, uno di questi è di Montefegatesi, dove a giugno abbiamo replicato le esperienze del progetto della montagna e a chi ne fa richiesta. Questo anno si sono uniti anche i giovani dell’Angsa regionale delle famiglie con ragazzi autistici. Un percorso di speranza e tenacia: è un percorso meraviglioso!

Siete ri-nati da poco e pieni di energie: progetti per il futuro?

Oh! Sì, sì certo che ne abbiamo. Qui sul territorio siamo attentissimi e sul pezzo, come si suol dire, quindi, abbiamo messo in cantiere almeno due iniziative. In accordo con Pietro Marri, un mio amico ingegnere in pensione, vogliamo, anche per Lugliano, ripristinare gli antichi sentieri che collegano il paese a Bagni di Lucca, alla Garfagnana, fino all’altopiano del Pizzorno, dove c’era un antico romitorio, un ospedale e altro. Prima i percorsi non seguivano i fiumi come oggi, un tempo si attraversavano i valichi in montagna. Questi antichi sentieri sono il nostro obiettivo, vogliamo ripulirli e poi fare in autonomia la manutenzione. In questo quadro di intenzioni, il progetto futuro per il Circolo è fare in modo che diventi una delle tappe di questi percors ritrovati: così potremo essere un riferimento sia per gli escursionisti che arrivano a piedi, sia per gli amici bikers, offrendo l’opportunità attraverso il Circolo di chi vuole scoprire concretamente il territorio.

Un'altra iniziativa in cantiere è legata ad un bando con la fondazione Cassa di risparmio di Lucca, dal titolo “Call for ideas”, destinato ai giovani dai 18 a 30 anni, per dare voce alle loro idee. Ad esempio, una delle proposte dei ragazzi è valorizzare il luogo dove avevamo svolto l’arteterapia e la biblioteca errante e dotare gli spazi esterni di panchine, come spazio di ritrovo per i ragazzi, e di giochi per i giovanissimi. Vogliono aggiungere una tettoia anche per chi arriverà con i percorsi alternativi che vogliamo ripristinare, in modo da collegare le due iniziative.

A questo va aggiunto che la Fondazione Cassa di risparmio ha apprezzato moltissimo l’idea di fondo che ha animato la rinascita del nostro Circolo, far rivivere un paese morente, ed erano presenti anche all’inaugurazione. In fase di primi lavori loro ci hanno appoggiato molto, attraverso un finanziamento di 3.000 euro, ribadendo, per voce del vicepresidente, l’intenzione di sostenerci in futuro. Questo ci rende molto orgogliosi e la fondazione è molto attiva qui a Lucca, dove hanno sostenuto progetti culturali di grande spessore, quindi, poter rientrare fra le piccole realtà apprezzate da loro, è una cosa importante. Inoltre, abbiamo attivato un contatto anche con la Fondazione per la coesione sociale, governata da donne combattenti, a tutti i livelli, per cui ci si capisce e si può dialogare. C’è intesa sui temi.

Stiamo cercando di ampliare la rete, per questo siamo entrati in relazione anche con il Circolo Acli di Vitiana, del piccolo borgo montano del comune di Coreglia, qui vicino a noi, ma molto più piccolo, per raccontargli la nostra esperienza e segnalargli la realtà delle Acli provinciali e di come hanno aiutato noi. Dobbiamo iniziare a stringere legami anche all’interno del mondo Acli per poter investire in un lavoro in comune, in prospettiva.

LA BOTTEGA DELLE PAROLE APS (NAPOLI). NON SOLO UNA LIBRERIA, MA UN PARCO LETTERARIO, UN LUOGO DI APPARTENENZA, DOVE CULTURA E SOCIALITA’ GUARDANO ANCHE AI BAMBINI.

A Napoli esiste un luogo e delle persone che, con tenacia e in controtendenza, affrontano il segno dei tempi, alimentando lo spirito della comunità con la lettura, promuovendo quella dimensione culturale capace di legare assieme le persone. Myriam Gison, la presidente de “La bottega delle parole”, Circolo Acli di Napoli, spiega perché e come, nel 2011, un gruppo ristretto di persone decide di dare vita ad un progetto di editoria alternativa, che li conduce ad aprire una libreria, ma non proprio una libreria qualunque.

Così ricorda Myriam: “io insieme ad altri tre, in seguito ai percorsi lavorativi intrapresi, per troppo tempo abbiamo incrociato numerose realtà editoriali i cui i progetti di scrittura avevano mere finalità commerciali, nessun interesse e cura per la diffusione della lettura. Nasciamo come associazione di stampo editoriale nel 2011, nel tentativo di promuovere un approccio alternativo, un impulso che si trasforma in un vero obiettivo di promozione culturale sul territorio e si orienta, specializzandosi, verso la lettura ad alta voce con i bambini, per incoraggiare un avvicinamento positivo alla lettura fin da piccoli e creare occasioni di incontro.

Nel 2014, come esito quasi naturale di questo progetto, si sviluppa l’idea di aprire una libreria: esistevano diverse attività svincolate nel territorio, ma a mancare era un luogo fisico in cui vivere insieme una quotidianità, uno spazio dove costruire una comunità nel vero senso della parola. Così abbiamo fatto, ma quello che definiamo “lo spirito di comunità” che anima e sostiene il nostro lavoro si consolida successivamente, quando, nel 2018, vinciamo un bando di assegnazione per occupare un locale all’interno di un parco pubblico. Ci siamo trasferiti, raccogliendo l’esperienza di ciò che avevamo costruito fino a quel momento, ed è arrivato il riconoscimento e il supporto della comunità. Considera che qualche anno prima abbiamo rischiato anche di chiudere: la vicinanza è arrivata dalle persone, dal territorio, attraverso strategie di finanziamento come il crowdfunding e altro; insomma, in questa circostanza abbiamo compreso che il nostro non era un sogno di tre persone, ma una realtà condivisa da preservare. Questa consapevolezza, nel 2018, ci spinge a ri-orientare l’obiettivo e, a fianco della promozione culturale, cerchiamo di sperimentare attività che consentissero di vivere la libreria come un luogo di appartenenza. Non ci siamo risparmiati: abbiamo organizzato qualsiasi genere di evento di carattere musicale, di animazione con i bambini. Il fatto di essere collocati nel parco ci ha permesso anche di organizzare piccole feste, fino a quando per le persone questa non è diventata sempre più “casa”.

Quando avviene l’incontro con le Acli e cosa ha significato per voi?

Ecco quello è stato un momento importante e come si dice a Napoli noi “trasì e mett' 'o chiatto”, ci siamo affacciati in punta di piedi, con un approccio dapprima per la realizzazione di un baretto associativo all’interno del parco e poi stanno nascendo altre cose. Come per gli altri percorsi che abbiamo incrociato in modo fortuito, io personalmente nelle Acli ci sono un po' inciampata.  Credevo di essere ai margini, cioè non lontana, ma non in totale sintonia. Dopo mi sono riconosciuta in questo magnifico spirito di progettazione e apertura ai bisogni che nascono dalla condivisione, di cui le Acli sono capaci. Questo mi ha fatto “essere parte”, mi ha fatto sentire dentro alle Acli: il cercare di capire su cosa è importante concentrarsi, indirizzarsi e affrontarlo come un problema comune. Si è attivato un circolo di “burrAcli”, poi abbiamo ospitato nel parco, a ottobre dello scorso anno, una manifestazione grande, insomma sono tutti punti di contatto, per i quali siamo sostenuti dalle Acli.

Stiamo lavorando, anche ad una manifestazione rilevante, ovvero un concorso di corti rivolto alle scuole, sul tema della differenza di genere. In noi è nata la spinta di avvicinare i ragazzi all’educazione di genere, di cui si parla molto e poi in concreto si fa molto poco; questa esigenza, che si è tradotta in un concorso di scrittura in virtù della mia esperienza nel campo. Dopo però ci siamo posti una domanda: “ma forse i ragazzi vedono molti video?” ci siamo reindirizzati, progettando seguendo questa nuova idea, più in sintonia con i bisogni dei giovani. In questo agire, ritrovo molto lo stile delle Acli. In sostanza, le Acli per noi sono il tassello che mancava, quella componente che ci ha aiutato a strutturarci, offrendosi come punto di riferimento su molti fronti.

Quali sono le forze, le energie che vi sostengono? In quanti siete attivamente coinvolti in questo progetto?

Siamo partiti che eravamo in tre e siamo diventati un’infinità. Due di noi sono rimasti a pieno regime, il terzo socio per ragioni lavorative c’è, ma è meno presente. Siamo molti tenendo conto anche di chi ci supporta quotidianamente. Ora possiamo contare su una persona che abbiamo assunto con contratto, da quando abbiamo ottenuto la gestione dei servizi bibliotecari del Comune di Sangiorgio, però gli operativi, soci volontari sono circa, 22, 23. Inoltre, occupandoci di attività di animazione culturale, del bar e di iniziative nel parco, le persone che partecipano sono associate. Alcuni di loro sono venuti a donare delle piante di pomodoro da mettere a dimora. Quando abbiamo iniziato questo percorso, ci ha stupito la grande dotazione di capitale umano che gravita attorno a noi, non avremo il capitale finanziario, ma quello umano non manca. In questa realtà, chiunque viene si offre per dare una mano e alcuni hanno proseguito la strada con noi, si sono affiliati e hanno avuto anche un ruolo lavorativamente parlando.  Basta anche l’aiuto per cose semplici, come spostare le sedie, occuparsi dei cestini del pane, fino all’organizzazione di grandi eventi. Non abbiamo una strutturazione gerarchica così definita, giusto un minimo, ma chiunque supporta, mentre nelle altre associazioni che conosciamo, i ruoli sono molto più inquadrati, i confini meno permeabili. Faccio un esempio, abbiamo organizzato un festival per la letteratura dedicata all’infanzia e volevano tutti aiutarci a spostare le sedie. Vengono e dicono: “mio nipote si occupa di musica classica” ed a partire da questi input nascono manifestazioni incredibili, come una sessione di musica classica al pianoforte, nel parco. Anche l’idea del bar è nata dall’esigenza delle persone che frequentavano i nostri spazi, noi non avevamo quest’area di competenza diciamo; lo stesso vale per la musica, non sapevamo niente. Ogni estate portiamo avanti una rassegna che si chiama giovani in musica chiediamo ai ragazzi se vogliono esibirsi e mettiamo a disposizione lo spazio: come fanno gli artisti di strada, per far esibire i giovani che vogliono, per mettersi in gioco da parte delle persone. Le idee non si sviluppano a partire da decisioni preconfezionate di pochi, ma nascono come bisogni emergenti condivisi e poi trovano una strada per realizzarsi, con l’apporto di tutti.

Nel direttivo siamo nove e capisco che dovremmo avere un calendario degli eventi e delle proposte che intendiamo realizzare, ma grazie all’attività di front office con la libreria, siamo in contatto diretto con le persone dalle quali raccogliamo le proposte e poi man mano cerchiamo di attivarle. Così sta per nascere un orto da realizzare nel parco (esisteva prima del covid, poi non abbiamo potuto più portarlo avanti).

Siamo partiti con l’idea della libreria e ci siamo trasformati in Parco letterario, quando abbiamo vinto il bando CEPELL (Centro per il libro e la lettura), partecipando insieme ad una rete di associazioni con cui collaboriamo da anni, potendo contare ora di un impianto di filodiffusione per riprodurre la lettura delle storie: a breve, parteciperanno alla lettura anche i bambini. Su questo bando ci puntavamo e avevamo provato più volte, perché riguardava le letture dagli zero ai sei anni, quello in cui ci siamo specializzati, ma non eravamo mai riusciti. Poi un altro bando importante è con il ministero con i fondi PNNR, una nebulosa però, quindi vedremo. Invece con una cordata di associazioni (di cui parte di quelle con cui è stato vinto il bando CEPELL) abbiamo vinto un altro finanziamento, con l’intento di realizzare un ologramma di Carlo di Borbone che racconti la storia del “Miglio D’oro”, e su questo aspetto lavoriamo per dedicarci alle persone con problemi uditivi. Ci aspettiamo anche molta formazione del personale per l’accoglienza. Entri in un modo e poi ne esci attraverso un altro… la vita è così. Abbiamo delle opportunità interessanti con i bandi regionali e qui assieme al mondo Acli.

Il fatto di esservi orientati verso il mondo dell’infanzia è una scelta precisa? Questo è il vostro punto di forza o vene riconoscete altri?

La specializzazione verso il mondo bambini è stata un caso ed una folgorazione al tempo stesso. Quando ci hanno chiamato a fare lettura nelle scuole abbiamo compreso come esista un serio problema di educazione alla lettura, che parte proprio dalla dimensione scolastica. Leggere è uno sforzo che, se non adeguatamente accompagnato, può ledere il piacere che si prova leggendo. In una scuola ho promosso un percorso dal titolo “l’ora di lettura”, che ha modificato radicalmente la propensione dei bambini alla lettura, adesso sono giovani universitari che leggono i grandi classici. Eppure, costringere i ragazzi ad impegnarsi in letture faticose e vincolanti, non adatte a loro in una fase dell’età in cui non sono pronti, fa perdere solo lettori per strada. Quindi può essere utile fare un percorso inverso e poi non si possono eliminare tutti i cellulari del mondo, questo dobbiamo dircelo e dobbiamo tenerne conto. Quindi è necessario trovare un aggancio con i giovani e capire che siamo noi a doverci adeguare ad un linguaggio diverso, più vicino al loro sentire. Ora ci stiamo coinvolgendo anche nella formazione agli insegnanti, che continuano ad assegnare testi che non parlano più ai ragazzi. Noi che nascevamo per altro abbiamo intrapreso la strada dei bambini e dei ragazzi! Eppure, gli insegnanti continuano a non affidarsi a noi, alla nostra esperienza, malgrado poi siamo proprio noi ad incontrare gli stessi ragazzi delle loro classi nella libreria, impariamo a conoscerli e a comprendere i loro interessi di lettura. Quello che consigliamo loro è apprezzato perché dopo ritornano, ti raccontano cosa hanno letto e chiedono altro: per ciascuno qui è una grande soddisfazione.

Il più grande punto di forza crediamo è di aver immaginato il nostro come un progetto collettivo, anche se una tale apertura alla partecipazione predispone ad un livello di rischio più alto del fallimento. Ci siamo affidati, sperimentando in ciò che non era propriamente la nostra area di competenza. Abbiamo preso forma dando seguito alle richieste, ci siamo plasmati grazie al coinvolgimento degli altri. Mentre, la forza di quello che facciamo, che proponiamo è data dalla capacità di inserire i libri anche in percorsi ludici. Faccio un esempio: vieni al parco per portare i bambini alle giostre? Ti trovi una presentazione, un banchetto, un incontro… Facciamo in modo che le persone inciampino nei libri. Stiamo promuovendo un’altra iniziativa molto carina che si chiama “All you can read”, dove mettiamo in vendita libri usati a sostegno delle attività delle associazioni, al Kg o al metro. Se vieni al parco trovi tutto questo. Quindi anche lo spazio direi che è un nostro punto di forza. Lo spazio deve essere esterno, a contatto con gli altri, un luogo diffuso.

Stiamo proponendo anche dei campi estivi per ragazzi e adulti e da questa esperienza apprendiamo molto sulle nuove generazioni. Alcuni ragazzi che ci frequentano, che sono fruitori, già oggi vediamo in alcuni di loro la possibilità di diventare dei futuri librai, quelli che potrebbero seguire le nostre orme. Questo è meraviglioso.

Se ti dicessi Myriam, progetti per il futuro?

In una realtà come la nostra speranza e futuro sono la stessa parola. Lo abbiamo il progetto e, a dire il vero, è anche molto ambizioso: vorremmo creare un’esperienza culturale, editoriale di qualità aperta alle donne e, in particolare, alle donne madri. Il concetto che si cela dietro la nostra utopia è tanto evidente quanto tralasciato: sul fronte occupazionale la rinuncia delle donne madri appare come un destino già scritto. Se lavori in libreria, seppure per pochi spiccioli, puoi portare i figli con te, non devi scegliere tra l’uno o l’altro, puoi investire in cultura senza dover rinunciare, senza sensi di colpa. Il progetto ambizioso quindi parte dalla volontà di trasformare questa realtà in una fonte di lavoro e reddito soprattutto per donne, affinché si trasformi in una impresa culturale. Siamo stati per anni allevati con l’idea che con la cultura e l’arte non si mangia, per questo ti devi snaturare, oppure te ne vai da questo Paese. Noi rispondiamo diversamente: costruire qualcosa di diverso sul territorio, in particolare qui a Napoli, significa anche creare un’opportunità di occupazione. Utopico certo, ma intanto è importante gettare un seme. A Napoli erano sparite le fiere e noi ci siamo proposti per questa avventura organizzandone una dal titolo “Ricomincio dai libri”, pensando al fatto che compiamo quest’anno dieci anni e all’inizio nessuno credeva saremmo arrivati fino a qui. Proviamo e vediamo fin dove possiamo spingere questa utopia, non tutta insieme proviamo a realizzare “pezzi di utopia”. Quando parti se vedi la scala fino in cima sembra complicata, ma se inizi da un piccolo pezzo e poi ne aggiungi un altro, arrivi da qualche parte: la generatività è questo.

CIRCOLO ACLI GAMESHIP DI COMASINA (MILANO). L’AGGREGAZIONE DEI GIOVANI ADULTI CON I GIOCHI DA TAVOLO: SPAZIO DI RELAZIONE E UN PRESIDIO PER IL QUARTIERE

Andrea Perrone, il presidente del Circolo Acli Gameship, del quartiere Comasina a Milano, nella vita fa l’educatore ed è nato e cresciuto nel quartiere. “Non c’è un ospedale alla Comasina”, ci racconta Andrea, “per cui non è letteralmente vero che sono nato qui, ma parlo così perché essere di questo posto richiama un legame identitario forte, che ha portato delle persone e dei gruppi di associazioni ad avere la spinta giusta per “occuparsi” di questo luogo e della sua gente”.

Ad un certo punto ci siamo trovati, come gruppo di giovani che decidono di darsi un nome: “Aggratis” e lo fanno per fare cose per il quartiere, in modo gratuito e volontario. Poi passa il tempo, la gente cresce e il gruppo “Aggratis” si sfalda, perché ognuno prende la sua strada. Però è un primo tentativo di coinvolgimento.

L’avventura del Circolo Acli, qui a Comasina, come prende il via?

Il nostro Circolo nasce nel 2023 come aps dopo due anni di sperimentazione. Una realtà che è stata il frutto dell’impegno di un gruppo di ragazzi che, provenienti da diverse realtà lavorative come operatori dentro “Comasina Centro, si sono messi insieme, con un obiettivo ed una passione comuni. All’interno di questa esperienza territoriale del Comasina Centro, una sorta di luogo polifunzionale, che nel tempo si è proposto come spazio di incontro delle realtà associative ed enti del quartiere, operavano anche referenti della Fondazione Aquilone, come Giulia, e Tommaso, che lavorava nell’Associazione “Contatto”. Io ho la passione per i giochi da tavolo, che incontra l’interesse degli altri, a cui mi legava già l’attività lavorativa. Troviamo che possa essere un utile strumento quello dei giochi per stare insieme e, di comune accordo, scegliamo di aprire uno spazio ludico in un quartiere dove non c’è nulla. Uno spazio in cui i giovani potessero incontrarsi, con l’occasione di uscire da casa per andare verso qualcosa di riconoscibile, di interessante. Ritenevamo utile creare una realtà che potesse essere sostenibile, tenersi in piedi con le proprie gambe, questo ci pareva importante.

Iniziamo a fare delle serate, per agganciare i giovani, portare una proposta nel territorio, essere presenti in piazza. Un presidio per la piazza che è anche luogo di spaccio la sera. L’idea è che se alle 20.30 noi ci mettiamo qui, con le luci accese, in qualche modo stiamo implicitamente dicendo: “se non vuoi stare fuori, puoi stare dentro”. Un anno e mezzo dopo la sperimentazione si aggiunge al gruppo Fabrizio, un attore importante, portando il contributo di una serie di competenze artistiche come la pittura in miniatura, il modellismo, i giochi da tavolo nuovi; ha condiviso la nostra idea di fondo.

Nel mezzo di questa avventura, verso l’aprile del 2022, abbiamo partecipato all’avviso pubblico della scuola dei quartieri del comune di Milano, occasione importante per mettere nero su bianco l’idea, focalizzando meglio chi eravamo, cosa facevamo, e alcuni enti ci hanno offerto una partnership. Ci eravamo posizionati bene, ma per esaurimento dei contributi non siamo stati ammessi. Si è trattato di un duro colpo, volevamo usare i fondi per avviarci come associazione, ma è stata comunque una grande opportunità per chiarirci meglio, per capire cosa essere e cosa potevamo diventare, decidendo di non mollare. Volevamo dar vita a quella idea, quindi abbiamo coinvolto amici e chi ci è stato accanto in questi anni, fino ad accogliere 18 soci, costruendo con un fondo un budget iniziale. Siamo andati avanti per due anni, restando una sorta di gruppo informale. Poi è arrivato il momento di darci una forma un po' più strutturata. Ci interessava puntare sulla trasparenza e darci l’opportunità di accedere a dei contributi, facendo tutto fatto bene. Per mettere su un’associazione ci sono tanti adempimenti e noi non sapevamo bene da che parte iniziare, siamo andati in cerca di aiuto. Allora un po’ per conoscenza, un po’ per relazione, un po’ per storia, un po’ perché sapevamo che a livello di impegno e valori ci corrispondevamo, le Acli ci sono sembrate il luogo più adatto a cui avvicinarci.

La comunità delle associazioni della zona ci ha dato un sostegno basilare, ci ha spronato, anche dal punto di vista degli spazi, non ci hanno chiesto nulla e hanno apprezzato l’idea, supportandola come si fa con una start-up. Carla Valenti è la presidente del circolo Acli Comasina ed è partita da lei la proposta di diventare un circolo Acli. Condividiamo lo spazio fisico di “Comasina centro” (luogo dove si incontrano molte realtà del quartiere e della piazza) con una libreria con ante dove conserviamo i giochi.  L’anta di sinistra è lasciata più libera e magari è incasinata, perché in autogestione, ci sono i giochi a cui possono accedere tutti. L’altra anta è chiusa a chiave, i giochi si possono prendere ma c’è una sorta di rito a cui ci si deve sottoporre: il gioco si chiede, si pensa con cura. Il messaggio dell’anta chiusa a chiave è proprio quello di far capire che c’è una cura e un lavoro di rete dietro; quindi, bisogna rispettare e imparare il modo in cui condividere. D’estate tendiamo ad uscire, ad abitare la piazza.

Qual è la vostra idea del fare animazione per la comunità? Il modo stare dentro questo quartiere?

Il Comasina centro incarna la mia idea della comunità, un’idea che non è uguale per tutti e che io vivo in un certo modo perché sono di qui, inoltre sto spendendo molta della mia professionalità in questo posto. Intanto per me è stato prendere parte ad un luogo fisico che si vede, poter creare uno spazio concreto, dove poter far convergere forze diverse, in cui ciascuno è portatore di risorse, passioni e capacità di fare cose diverse, che possono essere messe in rete. Il senso del fare insieme: dove uno si ferma dove non riesce subentra l’altro. Significa mettere in comune storie, esperienze, competenze, il proprio vissuto. Creare movimento insieme, l’intenzione di “far circolare” sono concetti alla base di questa idea di comunità che sto cercando di condividere con gli altri, che non sono di questo posto. Pur consapevoli delle difficoltà, perché ciascuno ha la sua identità, anche un certo bisogno di emergere, però lo spirito di stare insieme è forte e le persone che sono di qui condividono questo spirito. Chi non ha vissuto qui fa molta fatica a comprendere tutti i meccanismi della comunità perché sono complessi, per quanto siamo tutti molto affascinati e stimolati., anche se non vedono tutto il processo che riusciamo a compiere con il nostro operato. Il nostro è un continuo apprendere. Spesso le comunità sono percepite come un’accozzaglia di realtà, a volte messe insieme su fogli di carta, ma se poi non interagiscono, non ha senso. Serve un coordinamento, chi tiene le fila, agevolare la comunicazione, operare un monitoraggio continuo e un presidio fisico, che viene visto. Questo agevola il cammino della comunità stessa. Poi ci deve essere impegno personale, tanto, e lo sguardo: ci sono persone che qui sono tesserate a 4/5 enti diversi (alle Acli, alla ludoteca, al comitato di quartiere, ecc.) per manifestare il proprio impegno a tutto tondo e su più fronti.

L’intenzione da parte nostra all’inizio è stata quella di portare nel quartiere l’aggregazione dei giovani adulti, ma in un clima familiare ed inclusivo, non un luogo con aspetti commerciali, ma una ludoteca rivolta alla famiglia. Allo stesso modo ci interessava essere un presidio, un luogo di scambio per i giovani della piazza. Sicuramente ci siamo per dare delle risposte ad un contesto locale che presenta problemi di criminalità e con una forte dimensione interculturale, dove far dialogare i popoli, come di suol dire, e questo diventa sempre più difficile. Da anni lottiamo affinché la piazza, non sia associata ad una immagine di illegalità, con le Acli non ci siamo tirati indietro, abbiamo lavorato molto su questo. Siamo uno spazio, quello di Comasina, in cui tutti convergono ed è stato determinante l’apporto di tutti, in particolare delle Acli.

Molte sono le realtà che operano a sostegno di Comasina, perché dal vostro punto di vista, c’era il bisogno di dare vita a “Gameship” per il quartiere?

Ah questa è facile! (Andrea sorride). La nostra passione per i giochi da tavolo è stata già citata e questa è di sicuro una delle ragioni. Nel quartiere prima di noi non era presente alcuna proposta per i giovani, almeno per il target di cui ci occupiamo noi, ovvero i giovani adulti. Questo tradotto per noi significa i ragazzi dalle scuole superiori in su, ma per ora ci siamo concentrati su giovani dai 18 anni in poi. Ad esempio, madri o padri di famiglia: per queste persone non c’è nulla. Questa riflessione è frutto di una consapevolezza sperimentata da me in prima persona. Alle volte pensavo: “ma io vorrei poter uscire e fare qualcosa nel mio quartiere; altrove le cose ci sono e perché Comasina è dimenticata dal mondo?”. Quando mi sono occupato dei ragazzi più piccoli con l’oratorio, anche per andare a mangiare un gelato dovevi andare in luoghi vicini, attraversare il ponte che abbiamo qui. Quindi, volevamo portare qualcosa di diverso e inedito, che non si era mai visto, una proposta ludica di sicuro che potesse essere fruita con facilità, senza troppe complicazioni e in grado di abbattere alcune barriere tra le persone. L’idea era di mettere insieme le persone con il gioco, ma allo stesso tempo chiedere alle persone di mettersi in gioco. Questa esperienza nasce da un sentimento comune, in un preciso momento storico, e da un incrocio di motivazioni, idee, impegno, e fatta da un’altra parte non potrebbe mai avere le stesse caratteristiche.

Dalla sperimentazione, alla costituzione siete diventati una realtà un poco più consolidata. Avete qualche progetto in cantiere, idee per il futuro, altri obiettivi da raggiungere?

Proprio di recente, in occasione del bilancio, verso aprile, abbiamo scritto una relazione, individuando, con l’occasione degli obiettivi futuri che abbiamo condiviso. Come prima intenzione vogliamo investire su un’idea che si è sviluppata nel tempo, ovvero coinvolgere i ragazzi al di sotto dei 18 anni, quelli delle superiori. Prima eravamo scettici, poi quest’anno ci siamo inventati una nuova formula per il target dei membri che chiamiamo “junior”. Gli facciamo fare la tessera per questioni assicurative, poi però per le serate che organizziamo non versano alcun contributo, vengono gratuitamente. Non era produttivo per il Circolo economicamente, ma volevamo seminare a tutti gli effetti, cioè far crescere i ragazzi per poi coinvolgerli di più, provare a chiedere un impegno maggiore; inoltre direi che tengono botta con i più grandi, sanno giocare alla pari sugli stessi livelli. Quindi è fattibile. Al momento sono solo 5, ma nei progetti c’è di incrementare il numero.

La seconda prospettiva di cui abbiamo parlato riguarda la partecipazione ai bandi, qualora ci fossero, per disporre di un budget un po' più consistente, ma anche organizzare degli eventi insieme ad altri enti, come ad esempio la festa di quartiere dove siamo molto attivi, con un torneo anche con i più piccoli; facendo questi eventi animiamo la piazza, usciamo anche da Comasina centro. Un’altra idea è il corso di pittura in miniatura che vorremmo fare.

L’aspetto della comunicazione e pubblicizzazione del Circolo dovremmo curarla di più. Ci siamo ripromessi di incentivare l’attività di pubblicità, attaccando dei volantini nelle biblioteche, incrementando la nostra presenza sui social, per permettere alle persone di avvicinarsi di più. Non è la solita ludoteca ma dietro c’è un pensiero, dei contenuti che vanno narrati per coinvolgere e per fare in modo che qualcuno sia stimolato a fare in prima persona.

CIRCOLO DI BORGOROSE (RIETI). UN CIRCOLO TIRA L’ALTRO: DA BORGOROSE A CIVITELLA, I SERVIZI E LE ATTIVITA’ AGGREGATIVE PER LE PERSONE SI ESTENDONO NELLA REALTA’ DEL CICOLANO.

Questo Circolo nasce dal bisogno di associazionismo che credo ciascuno di noi, seppur in concentrazioni diverse, ha in testa. Poi ci si scontra con la realtà e si comprende che non è possibile fare tutto, ma qualcosa è nel nostro potere. Esordisce così Michele Biscaini presidente del Circolo di Borgorose.

Siamo in provincia di Rieti, a 30 km dall’Aquila e precisamente a 50 km da Rieti. Prendendo l’autostrada A24 raggiungiamo il casello “Valle del salto”. Una bella realtà qui del Cicolano, intendo la zona storico geografica in provincia di Rieti chiamata così; probabilmente è la più grande della zona con 1800 abitanti, una metropoli diremmo con una battuta. L’attivismo non manca ed è diffuso in molti campi, dallo sport ad altro. Conosco questa dimensione perché sono stato sempre impegnato nell’associazionismo, sono un attivista da sempre però, con il tempo, ho preso le distanze dalle altre associazioni che ho incontrato. Quando si è in troppi ad essere protagonisti si rischia di non realizzare nulla di concreto. Il rischio di dividersi è più alto delle possibilità di azione.

Come nasce l’idea del Circolo?

Personalmente ho avuto delle attività in proprio, di somministrazione, bar, e poi un internet point e ho chiuso perché non c’erano i numeri per proseguire. Diciamo che ho fatto fatica a reinserirmi nel mondo del lavoro. Era il 2006 ho provato a guardarmi intorno e poi nel 2011 non ho cercato più altro. Piuttosto ho provato a capire come il mio tempo e la mia disponibilità potevano essere investiti a supporto degli altri. Mi sono imbattuto nelle Acli e ho conosciuto Capitani del provinciale di Rieti, iniziando a fare un lavoro di raccolta delle pratiche sul territorio per poi portarle a Rieti, dove venivano lavorate dai servizi competenti. Era il 2017, se non sbaglio. Non avevo un vincolo di nessun tipo, ho iniziato per piacere e per provare. Ho avuto occasione di muovermi tra la gente, ampliando i miei contatti, potevo parlare con le persone, farmi raccontare dei loro problemi e sono tornato a sentirmi vivo finalmente. Ho potuto conoscere meglio il territorio, anche se io sono stato sempre coinvolto dal di dentro, con altre realtà associative, però a differenza del passato non mi butto più a capofitto nelle cose per provarle, ho i piedi per terra. Per questo ho scelto di occuparmi dei servizi, perché c’è una grande necessità qui da noi e non ho interesse per la somministrazione o simili. Mi occupo di servizi per le persone e sono diventato una punta avanzata per la gestione dello spid anche rispetto alle poste; poi sono passato all’assistenza per il ricevimento delle mail, alla gestione delle PEC, passando per l’assistenza alle domande scolastiche ATA3. Le strutture tecnologiche per svolgere i servizi le avevo già, perché ho messo a disposizione uno spazio a casa mia, attrezzato come ufficio, mettendo tutto a disposizione per la gente che mi chiede e ha bisogno del mio supporto. Ho ampliato le attività di assistenza per Patronato e Caf e poi ho un giorno fisso in cui vado a Rieti a consegnare le pratiche, che poi vanno lavorate. Di solito il martedì mattina.

Ad un certo punto la nostra zona è rimasta sprovvista di altri servizi, hanno chiuso le scuole guida, gli uffici che si occupavano di pratiche automobilistiche, le visite medico legali per la patente non si sapeva più dove farle, allora io mi sono allargato. Ho creato dei contatti con l’Aci di Rieti, assicurandomi una scontistica sulle pratiche per i soci acli. Mi sono cimentato nella raccolta delle pratiche del rinnovo delle patenti e su questo lavoro, soltanto, ricavo un piccolo margine con il quale copro tutte le spese e i costi delle altre attività. Io non ho bisogno di molto. Me la cavo e non sono sposato. Quello che è importante per me è pagare la bolletta quando arriva, riuscire a tenere in equilibrio i costi.

Questa attività ti ha consentito di allargare lo sguardo e di creare altri legami sul territorio? E di che tipo?

Questo modo di fare mi ha offerto l’opportunità di andare in giro anche per altri paesi o frazioni vicine, come quella di Civitella di Pescorocchiano qui nel Cicolano, dove sta nascendo un circolo Acli con un numero di tesserati davvero consistente. Noi a Borgorose ne abbiamo 65 di tesserati, che raccogliamo attraverso la gestione delle pratiche. Ma a Civitella hanno un circolo un po' diverso, anche rispetto alla tipologia di iniziative. Adesso ci sono delle persone che mi supportano e dal nostro circolo ci siamo allargati verso Civitella li accompagniamo un po’ e organizziamo insieme le attività, per lo più rivolte agli anziani. Ad esempio, insieme abbiamo messo in piedi un taxi sociale per portare gli anziani alla asl, che è collocata in cima alla collina, un punto difficile da raggiungere. Questa attività la facevo già io per le persone di Borgorose, quando dovevano sottoporsi ad una visita medica o fare un prelievo di sangue, usando direttamente la mia auto. A partire da questa idea, con Civitella abbiamo acquistato un pulmino di 4-5 posti. Collaboriamo moltissimo e ci scambiamo le esperienze, anche se noi siamo più orientati sul versante dei servizi e loro si dedicano di più alle iniziative di supporto sociale e ricreativo per gli anziani, attraverso anche la somministrazione, perché organizzano delle serate.

Siamo due circoli che nascono dalla stessa radice. Due Comuni differenti che confinano e l’esperienza del nostro Circolo, parlando, raccontando di Acli e di quello che facevamo ha dato l’impulso per la nascita del Circolo di Civitella, con dei giovani. Lo scambio attraverso la parola ha un potere enorme per appassionare le persone sul fare. Sono un po' come una nostra costola e ancora non hanno una sede per le attività, ma sono andati avanti, si sono organizzati e questo non li ha fermati. Ci compensiamo e pensiamo a delle attività insieme. Questo modo di fare è paragonabile ad un metodo che ha esiti inaspettati. Per dirla tutta, qui vicino c’è un altro paesino che non conterà più di venti anime ed una ragazza di origini romane, molto attiva sul piano associativo. Con il nostro approccio l’abbiamo avvicinata, parlando, e adesso vuole aderire alle Acli. I circoli nascono parlandosi.

La raccolta delle pratiche fra le persone, vi offre anche l’opportunità di ascoltare esigenze e bisogni che altrimenti non si esprimerebbero?

Hai colto nel segno: quello che facciamo è anche ascolto delle persone. Considera che i servizi sociali del Comune mi detestano. Magari non proprio, però gli pongo dei problemi e delle realtà sociali di famiglie del territorio che loro neanche conoscono. La nostra è una piccola realtà, dove è necessario offrire un servizio a 360 gradi, non puoi settorializzare, le necessità sono tante e connesse fra loro, a fronte di una totale carenza di punti di riferimento, risposte e accompagnamento per ogni tipo di pratica.

Avere un colloquio diretto con la persona per la pratica è già un modo per comprendere i bisogni altri. Di attività aggregative non ne organizziamo molte. Avremmo modo di lavorare con la parrocchia, ma i rapporti non sono facilitati dal parroco che c’è adesso. Non che ci siano brutti rapporti, ma non è di grande iniziativa e non riesce ad andare oltre. Anche la visita dal Papa dello scorso giugno, con un contributo delle spese, la abbiamo organizzata noi da soli senza collaborazione, e ci siamo resi conto che quel momento era molto atteso, anche come occasione per ritrovarsi. Questo mi ha fatto pensare che, forse, dovremmo investire più energie in iniziative aggregative un po' diverse. Ma con la parrocchia è davvero complicato. Dalle parti di Civitella con il parroco c’è addirittura un conflitto. Non è semplice.

In proposito ho un’idea in testa da tanto tempo e sto cercando di capire se è realizzabile. Vicino abbiamo un’area ambientale che si chiama riserva montagne della Duchessa, dei monti al confine tra Lazio e Abruzzo e noi siamo sul versante laziale. Quest’area è accessibile da due punti, di cui uno è quello di Corvaro (la frazione più popolosa del Comune di Borgorose), che non è mai stato sviluppato, perché è in prossimità della Valle del Salto, dove c’è la galleria. Come impatto non è piacevole guardare alla galleria e pensare che lì c’è la riserva, però è uno spettacolo in realtà. Ci sono dei progetti di cui si parla per ripercorrere le vie della transumanza, oppure per organizzare altre camminate, con l’intento di risvegliare l’area dal nostro lato. Così noi potremmo pensare a qualche iniziativa aggregativa che possa valorizzare questa bellezza naturale, coinvolgendo i nostri soci e le Acli. Abbiamo anche delle grotte meravigliose e potremmo proporre dei percorsi, delle camminate per i soci. Puntare agli aspetti naturalistici del territorio per tenere insieme le persone, non disperdere un patrimonio. Qualcosa abbiamo già provato con il CTA. Nei nostri sogni magari questa attività, un domani, potrebbe tramutarsi anche in una opportunità occupazionale per qualcuno della nostra zona. Niente di trascendentale, ma vorremmo immaginare un progetto che, a partire dalle esperienze concrete, dall’incontro delle persone in un contesto con un valore storico-naturale, possa generare anche alcune opportunità di tipo lavorativo, per il nostro territorio.

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