LE CONTRADE DI PROPEZZANO (ASCOLI PICENO). UNA NUOVA SEDE E IL PROTAGONISMO DI UN GRUPPO DI GIOVANI: IL SEME DELLA RINASCITA DELLE ACLI A MONTEGALLO
Ad un’ora da Ascoli Piceno esiste uno spazio nuovo, che poggia le fondamenta sullo spirito della tradizione. Si tratta di un’esperienza aggregativa che risale a circa sessant’anni prima, riattualizzata nell’impegno e nella tenacia di un gruppo di giovani della zona. Una sede tutta per il Circolo, costruita con dedizione e perseveranza, con l’intenzione di affermare la propria presenza e dare voce alla comunità di un’intera frazione, provata dagli eventi del sisma del 2016. La storia rivive nel racconto a due voci, quello fra Cristiano Cinaglia, Presidente del Circolo Le Contrade di Propezzano, e Luana Ventura, socia, membro del consiglio: un duplice punto di vista da cui prende forma il cammino di questo Circolo, della frazione di Montegallo.
Luana è ben documentata sul passato del Circolo e inizia la sua narrazione partendo dalle origini, con una premessa: “Propezzano si inserisce nel comune di Montegallo, un vasto territorio montano che è composto da numerose frazioni, non avendo un centro abitato proprio. Quelle che definiamo frazioni sono piuttosto agglomerati di case. Propezzano è una di queste frazioni, all’estremità Sud-est, a circa mille metri sopra il livello del mare, nel Parco nazionale dei Monti Sibillini. A Montegallo, se si escludono le poste ed una farmacia, il territorio non si distingue per la presenza di numerosi servizi al suo interno, ad esclusione di un negozio di generi alimentari, ripartito da poco. Fino all’anno del terremoto c’era una pluriclasse di cinque o sei bambini, ma non ha retto al colpo ed ha chiuso: le famiglie dopo il terremoto sono andate via e, questo si aggiunge ad uno storico problema della natalità, nelle nostre zone, dove già non si facevano più figli. A Propezzano, una ventina di minuti dal capoluogo, proprio non c’è nulla, nessuna attività commerciale. L'antico borgo di Cornaloni, che fa parte della frazione di Propezzano, è un borgo rurale censito dalla regione Marche, uno dei pochi rimasti e presenta diverse particolarità, dalle case torri, alla peculiarità delle scritte in latino sui portali delle case. La Regione Marche ha promosso uno studio di fattibilità, finalizzato alla valorizzazione di questo luogo magico, ma l’investimento economico necessario è molto alto, al punto che il progetto pensato per lo sviluppo del borgo non è mai stato avviato. Il Circolo ha provato ad intervenire per attivare questa iniziativa, ma con molta fatica.
In un simile contesto, Il Circolo nasce storicamente per dialogare con le persone più anziane, forse negli anni Cinquanta, e non aveva ancora assunto la forma di circolo ma, come esperienza aggregativa, era presente già nel territorio. Ci si ritrovava abitualmente in un locale messo a disposizione di un abitante della nostra frazione, dove le attività prevalenti erano il gioco delle carte e le danze. Per quest’ultime, però, abbiamo scoperto che ci si incontrava in clandestinità, perché le danze erano proibite all’epoca. In seguito, si sviluppa una “fiaschetteria”, di Bracci Vito, una sorta di mescita. Il Circolo vero e proprio, identificabile come Acli, ancora non è nato e tutto quello che sappiamo oggi è frutto dei racconti delle persone, che noi abbiamo ascoltato.
L’edificio frequentato per diversi anni non si rende più disponibile, così attorno agli anni ‘60 nasce il Circolo, collocato in un’altra sede, e certificato dall’Archivio diocesano e della parrocchia, documenti che sono andati però distrutti nel terremoto. Si ricorda Ventura Carlo, mio nonno, primo presidente di Circolo e Capanna Paolo come responsabile Giovani delle Acli. Di questo periodo è l’opportunità di avviare una cooperativa agricola delle Acli, così come si evince dai documenti e, più tardi nel ’78 si richiese l’installazione di una cabina telefonica a casa del presidente, grazie alle Acli provinciali.
Il momento in cui il Circolo nasce in maniera autonoma e inizia a svolgere le sue attività, coincide con una svolta determinata dalla richiesta di aiuto alle persone anche di altri paesi, emigrate in Germania, che offrono un contributo con delle somme di denaro per l’acquisto di una televisione del Circolo. Si inizia ad avere uno spazio privato del Circolo in paese, con una televisione propria, dove non si è più costretti a recarsi a casa del parroco per la visione.
Perché al Circolo è stato dato questo nome “Le Contrade”, Cristiano?
Il nostro è un territorio con una conformazione particolare, Propezzano si snoda lungo una strada provinciale e si è sviluppato con piccoli raggruppamenti di case, separate l’una dall’altra, da circa 500 metri massimo, estendendosi per 1 km: dalla Cona ai Cornaloni. Il nome storico de “Le Contrade”, nasce riprendendo proprio quei nomi che erano stati dati in passato ai raggruppamenti di case. C’era “la Cona”, la “Valle”, “l’Osteria”, ecc. Inoltre “Le Contrade”.
“Siamo ripartiti nel 2013 senza una sede a cui appoggiarci”, ricorda Luana, “dove poterci incontrare e la Chiesa, con la messa domenicale, resta in questi anni il luogo principale di aggregazione del paese. Curavamo un evento sull’intercultura che si è tenuto nella Chiesa, in assenza di altri luoghi, per fare un esempio. Agli inizi del 2014 abbiamo preso la decisione definitiva di ricostituire il Circolo, con circa 25 soci. L’avvio è stato accompagnato dall’idea di ricostruire un luogo fisico dove stare, dove incontrarci, ma non solo. Ognuno di noi per questioni familiari o lavorative vive in posti diversi, ma le radici, l’affezione verso questi luoghi, come Propezzano, pur non essendo quelli della quotidianità, ci spingono ad investire risorse e tempo, nel tentativo di preservare un legame con e tra le generazioni future. Noi abbiamo dei figli e non vogliamo che si perda la relazione profonda coltivata con questo territorio, pur vivendo altrove. Abbiamo compreso che dovevamo creare uno spazio da rendere attrattivo, un’occasione per condividere con le persone più anziane del paese e, allo stesso tempo, con le nuove generazioni.
Ricordo l’attività che la scorsa estate abbiamo realizzato di teatro sociale “Ti Racconto un viaggio”, un’esperienza teatrale, ideata in collaborazione tra noi ed Exponiti APS, che si è trasformata realmente in un momento con una grande valenza aggregativa per le persone più anziane, ma anche un’occasione per riattraversare la memoria. Mettendo in piedi delle scenette teatrali, abbiamo ripercorso le storie che hanno caratterizzato la vita del paese, da oltre cinquant’anni; quindi, racconti sentiti, partecipati, della realtà di chi vive e ha vissuto qui, impersonate coinvolgendo la popolazione stessa. Però dobbiamo lavorare anche per una maggiore visibilità, rendere le attività di interesse anche per l’esterno.
Siamo un gruppo di 25 persone più giovani, sottolinea Cristiano, diciamo dai 35 ai 45 anni, non giovanissimi ma insomma, e siamo cresciuti insieme, organizzando attività ed eventi, slegati da qualunque forma aggregativa organizzata. Abbiamo compreso solo molto dopo quanto potesse essere importante coinvolgere tutta la comunità e non solo il nucleo di noi giovani. Luana e Claudio Ventura sono stati i promotori di un’esperienza associativa nelle Acli, promuovendo le affiliazioni, allargando al paese tutto per riappropriarci di quella che è la nostra tradizione storica. Il fatto di non poter contare su una sede fisica dove riunirci ha pesato di più ancora dopo il terremoto. Grazie alle Acli, che si sono spese molto, abbiamo iniziato a mettere in piedi delle attività, con dei fondi, cercando di organizzare qualcosa di diverso dalle feste di paese e dalle sagre. Ci siamo cimentati in una iniziativa sui castagneti e sulla loro protezione, nel capoluogo del comune, attingendo ad un retroterra culturale agricolo dei nostri luoghi. C’è stata un’affluenza che non ci aspettavamo, circa 150 persone e non eravamo a Propezzano, non avendo uno spazio fisico a disposizione. Chiunque, qui, ha un appezzamento con dei castagneti, quindi anche in accordo con le Acli, volevamo tentare iniziative che parlassero alle esigenze della comunità tutta, una comunità montana. E’ stata un’attività patrocinata dai dottori agronomi di Acli e Fermo e con la presidente della comunità montana.
Altre grandi attività non ne abbiamo realizzate purtroppo, almeno non ancora, e poi nel 2016 ci hanno travolto gli eventi del sisma. Non ci sono state vittime da noi, però il patrimonio architettonico ha subito danno molto grandi. Questa tragedia ha dato il via ad un processo di spopolamento, perché le persone si sono spostate in zona mare, per scelta o non avendo più una casa. Noi come Circolo, puntavamo sempre ad avere un luogo fisico di aggregazione; ci appoggiavamo al romitorio della Chiesa di San Vito, rimasta lesionata dal terremoto. La spinta è stata sempre forte e poi è arrivato il supporto delle Acli provinciali ed a tutti gli altri livelli dell’Associazione, attraverso il quale è stato possibile realizzare una sede nuova, una casetta prefabbricata. La costruzione è l’esito di un percorso durato due anni, a causa della burocrazia, a cui ha contribuito tutto il paese, recuperando lo spazio vicino alla chiesa, dove la vecchia struttura risultava ormai inagibile. L’inaugurazione è stata un momento toccante: adesso abbiamo non solo un luogo, ma un simbolo e un messaggio rivolto a tutti di presenza e vicinanza delle Acli. Una sede dove andare ci offre l’opportunità di alzare il tiro e di avviare l’ingranaggio, aspirando ad un livello superiore di attività e di coinvolgimento.
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