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CIRCOLO ACLI “MONS. FRANCESCO PLET” STARANZANO (GORIZIA). DA UN SEME NASCE UN ALBERO DOVE CRESCERE INSIEME E GENERARE LEGAMI NEL TERRITORIO

«Da quel seme gettato da pochi uomini di buona volontà, oggi è cresciuto un albero». Così, nei festeggiamenti del suo venticinquesimo anno di età si ricorda la nascita del Circolo Acli “Mons. Francesco Plet” di Staranzano a Gorizia. “Per l’occasione abbiamo preparato una pubblicazione” racconta Davide Ronca, Presidente del Circolo riconfermato al terzo mandato per via straordinaria.

Ripercorriamo un po' questa storia nei suoi passaggi principali. Quando e come nasce il Circolo di Staranzano?

Parliamo del 1959, quando le Acli rappresentano nel Paese e nella nostra regione una realtà consolidata e nel paese si raccolgono un centinaio di simpatizzanti. Grande impulso alla nascita del Circolo viene dato da Francesco Plet per tutti “Don Cesco”, rimasto a Staranzano per circa 19 anni, e questo mette in luce una caratteristica storica importante del Circolo, ovvero lo stretto rapporto intrattenuto con la parrocchia, che da sempre lo ospita nei locali di sua proprietà. Fino alla ristrutturazione dell’oratorio siamo rimasti nella struttura originaria. Un piccolo nucleo di aclisti staranzanesi frequentava da tempo il circolo di Monfalcone, attivo già dal 1947. Gli aclisti sono un supporto fondamentale per le diverse iniziative parrocchiali, nell’organizzazione delle processioni, delle feste e dei vari momenti di vita della comunità. Il sostegno e l’incoraggiamento di Don Cesco sono esemplari e grazie alla sua spinta il Circolo diventa un punto di riferimento per la collettività anche con gli operatori di Patronato e Caf. Il Patronato è attivo già un anno dopo la fondazione del Circolo e conta sul supporto di numerosi volontari, un concreto servizio offerto a tanti cittadini e lavoratori per superare gli scogli burocratici delle pratiche fondamentali. La gestione e la collocazione in locali adeguati del bar sociale è stata dall’inizio una delle preoccupazioni dei dirigenti del circolo Acli di Staranzano, assieme alla creazione di uno spazio per riunioni e incontri. Questa realtà si sviluppa nel rispetto della sua funzione aggregativa e di partecipazione, con la sistemazione del bar e della sala nello scantinato, in pratica il sottopalco della sala-teatro San Pio X, di proprietà della parrocchia, da tempo usato come deposito. Nell’arco di tempo a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta partono i lavori di ristrutturazione, a cui i soci si dedicano con tempo e fatica, spendendosi gratuitamente in questo progetto di valore per tutti. C’è la possibilità di usufruire di uno spazio esterno.

Gli aclisti si sono pienamente inseriti nel tessuto vivo della comunità. I soci del Circolo sono stati negli anni impegnati per esempio nella commissione della biblioteca comunale, nella commissione per lo sport, negli organi collegiali della scuola, hanno collaborato con altre associazioni locali, senza distinzione di appartenenza, nell’organizzazione di manifestazioni sportive e ricreative, di sagre e feste paesane. Si giocava a tombola e si facevano partite di carte.

Cosa succede nel vostro territorio negli anni seguenti e quale ruolo ha assunto il Circolo?

Staranzano è un paese relativamente giovane. Si è staccato da Monfalcone conquistando una sua autonomia, con una popolazione, oggi di circa 7000 persone. Conosce una crescita importante dagli anni ’70 agli anni ’90, con una forte espansione urbanistica e demografica, valvola di sfogo della città di Monfalcone con i suoi cantieri navali. Il rischio in questa fase è che la nuova cittadina, cresciuta in modo troppo rapido, potesse ridursi ad un anonimo agglomerato urbano, una sorta di periferia-dormitorio di Monfalcone, perdendo la propria identità e il senso di comunità. Quindi, per evitare questa deriva il Circolo si impegna per ampliare i punti di riferimento e di attrazione e le occasioni di incontro. Assieme alle altre associazioni parrocchiali, promuoviamo la festa patronale dei Santi Pietro e Paolo (la prima edizione è del 1977) e partecipiamo da allora, con un nostro grande chiosco con cucina, alla storica Sagra de le Raze. Si riscopre lo spirito paesano e le tradizioni locali per includere i nuovi residenti e mantenere la coesione fra la gente. Non sono mancate le gite sociali, in Italia e all’estero, i corsi di ginnastica per adulti e per anziani (nella palestra messa a disposizione dal Comune), i soggiorni termali, i tornei di calcio e le gare di briscola, la Festa della Donna e la castagnata. Molte altre attività hanno contraddistinto il fermento di questo Circolo.

L’attenzione ai giovani è anche centrale negli anni. Negli archivi del Circolo si trovano con continuità, tracce di numerose iniziative pensate proprio per i giovani (cineforum, mostre di pittura e di fotografia, cacce al tesoro, gite in bicicletta, soggiorni estivi e invernali) e naturalmente lo sport: gare podistiche, tornei informali di calcio e basket in grado di attirare ragazzi che poi riempiono e animano così i campi sportivi della parrocchia. Le Acli hanno avuto anche un ruolo non secondario nella crescita del baseball a Staranzano, un’attività ormai tradizionale e ben radicata, che ha ottenuto importanti riconoscimenti nel 2019 dalla Proloco.

C’è un momento in cui affrontate una svolta, e anche le iniziative assumono un nuovo indirizzo?

Nel 2016, il direttivo uscente prende una decisione rilevante. Ormai composto da soci di un’età media intorno ai settant’anni, il direttivo si propone un rinnovo, chiedendo ad un piccolo gruppo di tre giovani di contribuire a sviluppare le attività del Circolo per sostenerlo e dare una mano. Alla fine, ci hanno offerto l’opportunità di entrare nel direttivo.  

La svolta c’è stata quando abbiamo iniziato a concentrarci sullo sviluppo di attività educative rivolte ai bambini e, di volta in volta, sempre più strutturate. Volevamo creare uno spazio di crescita per i giovani sin da piccoli e un supporto alle famiglie, un luogo dove ciascuno potesse esprimere il proprio potenziale e stare insieme agli altri. Siamo partiti con l’organizzazione dei centri estivi, con attività di gioco e animazione per i bambini e i ragazzi delle scuole elementari e medie, per poi passare al nostro ormai storico progetto “eSTAte in STAlle” (doposcuola, laboratori teatrali, centro e campo estivo, grazie al supporto di contributi pubblici e privati. Abbiamo coinvolto 190 bambini, raggiungendo il numero di 420 tesserati.

Eravamo partiti con i volontari che svolgevano le attività senza strutturare oltre le azioni. La prima iniziativa è stata avviata con 12 bambini e 4 operatori, provando a riproporre per tre settimane, e siamo arrivati a 40 bambini, chiedendo un contributo minimo per le spese. Intendevamo essere inclusivi e aperti anche ai contributi della Caritas e ai servizi sociali se fosse stato necessario. Poteva essere un aggancio per quando ci saremmo trovati di fronte a delle famiglie in difficoltà. I bambini che abbiamo coinvolto, negli anni, sono rimasti con noi, diventando volontari, a loro volta, e in continuità anche con l’opportunità del servizio civile. Li abbiamo inseriti in un percorso di crescita e autonomia.

Avete quindi progetti di servizio civile con i quali coinvolgete giovani volontari?

Progetti legati al servizio civile universale, ma abbiamo anche un progetto di servizio civile solidale che consente ai ragazzi di svolgere sei ore in più rispetto a quello universale. La proposta è di trascorrere un periodo estivo, collaborando con noi nella realizzazione di attività di socializzazione per ragazzi. In particolare, i volontari affiancano i nostri educatori e animatori nella realizzazione di attività di centro estivo, presso le Stalle Rosse di Staranzano e durante il periodo scolastico possono essere coinvolti nella realizzazione del "Non solo Doposcuola", con attività di supporto allo studio e non solo, rivolto a ragazzi, con l’accompagnamento di figure specializzate come psicologhe, educatrici, pedagogiste, ecc.

Con il tempo abbiamo aggiunto un servizio doposcuola rivolto ai bambini con specifiche fragilità o disagi, bambini DSA e spazi di dialogo e incontro dove i ragazzi possano avere l’opportunità di confrontarsi e discutere insieme. E’ stato un grande investimento il nostro, ma alle volte ci rimproverano perché sostengono che ci siamo dedicati molto ai bambini e a i ragazzi, trascurando le esigenze della terza età. Abbiamo pensato però ad una serie di iniziative di aggregazione e svago piuttosto partecipante anche dai più grandi, per così dire. Organizziamo balli di gruppo e registriamo la presenta di circa un’ottantina di persone ad ogni pranzo che realizziamo. Non mancano le attività di ginnastica posturale, rivolta soprattutto alla fascia d’età dei cinquantenni. Nell’oratorio c’è anche una cucina che viene aperta a pubblico durante il periodo della sagra di paese.

Inoltre, dal 2009 gestiamo una sala teatro, la San Pio X di Staranzano, che permette di accogliere 182 posti a sedere, dove è possibile rappresentare spettacoli teatrali, intrattenere conferenze, eseguire concerti musicali e corali, questo grazie a lunghi lavori di ristrutturazione iniziati nel 2004 il cui merito va all’interessamento dell’allora parroco Don Fulvio Ostroman. Presso il teatro il Circolo, in collaborazione con Pro Loco e MACC di Staranzano e l'associazione "L'ARMONIA" di Trieste, si organizza la rassegna teatrale "Star a Teatro", con molti appuntamenti da ottobre ad aprile in teatro dialettale. Ma rappresentiamo anche teatro in lingua italiana.

Insomma, riusciamo a mettere in piedi molte attività utili per il nostro paese, con la sola forza dell’azione volontaria e con il contributo di tanti soci che si sono spesi e tuttora si impegnano per rendere tutto questo possibile.

Qualche battuta di arresto o punti di debolezza?

Il Covid è stata un’esperienza faticosa e critica per tutti e anche per i circoli, ma per quanto ci riguarda non posso dire che sulla realtà del Circolo di Staranzano sia stato un ostacolo: abbiamo aperto per sei settimane consecutive, occupandoci di dare risposte a quei bambini che non andavano a scuola a causa dei lockdown; poi dal 2022 al 2023 sono state 12 le settimane in cui ci siamo presi cura dei ragazzi nel periodo dalla fine all’inizio della scuola

Riconosco che siamo più fragili su tutta la fascia dei genitori, magari per il servizio dei pranzi li coinvolgiamo e vengono con i bambini ad aiutarci per l’attività da svolgere, ma non abbiamo pensato a delle iniziative mirate.

In che modo siete, vi sentite Acli e come siete legati al mondo Acli?

Il senso della nostra azione e dell’essere Acli è mantenere uno stile volontario da ormai venti, trent’anni; operando nella gratuità e nell’essere vicini al prossimo perché ci piace farlo. Pensiamo a chi mancano le opportunità, a chi è povero di opportunità, possiamo riconoscerlo tra altri nel fare Acli come la facciamo oggi.

Grazie alla comunicazione, al gruppo GA, al lavoro della Provincia possiamo contare su un bacino numeroso di volontari. Curiamo noi la comunicazione attraverso facebook, instagram e affianco ad un sito più istituzionale, abbiamo un canale whatsapp. Il legame che abbiamo molto stretto e con Us Acli anche per via delle attività sportive che svolgiamo con i ragazzi. E’ un rapporto che nella sostanza ha molto valore per noi.

La questione rilevante riguarda però la necessità di trovare la giusta sinergia con le 70 associazioni iscritte all’albo comunale. Dobbiamo lavorare meglio insieme e forse la fatica maggiore è nella collaborazione e nella coordinazione che ha portato alla proposta di creare una consulta associazioni. La Consulta delle Associazioni è un organismo rappresentativo, uno strumento di partecipazione per favorire il rapporto tra l’amministrazione comunale ed il mondo associativo e tra le associazioni. 

Cosa ha il vostro Circolo che gli altri non hanno?

La capacità di non fermarsi al “si è sempre fatto così”; una via alternativa si può sempre trovare. Trovare la strada da percorrere senza arretrare di fronte alle difficoltà, grazie anche al supporto della creatività.

CIRCOLO ACLI DI RIVELLO (POTENZA). I RAGAZZI DEL BASEBALL: COLTIVARE RELAZIONI E OPPORTUNITA’ DI CRESCITA AL SUD

Nel 2016 a Rivello, centro collinare in provincia di Potenza, un gruppo di genitori e amici decide di attivarsi per sostenere le iniziative della parrocchia. Inizia con questo semplice gesto la storia del Circolo Acli Rivello, grazie allo spirito e all’intraprendenza di chi vuole mettersi in gioco per gli altri. Gustavo Savino presidente del Circolo Acli Rivello, presenta il Circolo partendo da qui.

Il vostro circolo possiede un tratto distintivo inconfondibile. Per cosa siete conosciuti in particolare nel vostro territorio?

Volevamo contribuire alla crescita dei ragazzi del nostro paese, dargli uno stimolo, coinvolgerli in un interesse che potesse incuriosirli e, allo stesso tempo, avvicinarli al circolo. Allora un giorno suggerisco la pratica di un nuovo sport e, per tentare qualcosa di diverso dal solito, propongo il baseball. Non si tratta esattamente di una pratica sportiva nota in Italia, viene giocato in qualche regione del Nord, ma al Sud è del tutto sconosciuto. Questo però non rappresentava un problema, se consideriamo che l’idea all’inizio è stata di organizzare una giornata per divertirsi e stare insieme, niente di più. Doveva nascere e finire così come era iniziata, nessuna continuità, solo una sperimentazione che aveva visto coinvolto lo stesso parroco, per divertirsi. Sorprendentemente non è andata così, l’interesse è cresciuto, i ragazzi si sono appassionati e abbiamo raggiunto traguardi importanti.

Il baseball si divide in tre diverse discipline: la specialità più conosciuta è quella praticata dai ragazzi, ovvero il baseball vero e proprio; poi c’è il softball, giocato invece dalle ragazze; infine abbiamo una terza disciplina, che sta diffondendosi negli ultimi anni, chiamata “Baseball5”, una versione “da strada” dei classici giochi del baseball e del softball. È uno sport veloce, giovane e dinamico, che segue gli stessi principi delle sue discipline madri e può essere giocato ovunque, necessita solamente di una pallina di gomma. In quest’ultimo, nello specifico, con una squadra di otto giocatori per metà maschi e metà femmine, stiamo ottenendo i migliori risultati e le più grandi soddisfazioni. In questa disciplina, quattro dei nostri ragazzi sono arrivati in Nazionale, due ragazze hanno già disputato due europei e un ragazzo più grande, avendo una laurea in scienze motorie, è riuscito ad inserirsi nello staff tecnico della Nazionale. Doveva concludersi tutto lo stesso giorno che è iniziato. Chiamammo la Federazione del baseball che lasciò un guantone ai ragazzi e loro, indipendentemente da noi, hanno deciso di riunirsi il sabato pomeriggio dopo il catechismo per giocare a baseball. Noi abbiamo solo dato un impulso… il resto lo hanno fatto loro. Il nostro territorio ha un nucleo centrale di Rivello e poi è comune molto sparso, con numerose contrade. Abbiamo un pulmino per andare a prendere i ragazzi, ma alle volte la distanza supera anche i 15, 20 km. Questa è una complicazione che dobbiamo gestire.

Abbiamo preso in gestione in campo del comune che era inutilizzato da tempo, capendo quanto può essere utile lo sport per i giovani, e dal baseball abbiamo spaziato verso l’atletica, il tennis, il calcio, ecc. che pratichiamo nel nuovo campo. Non tutti sono portati per uno sport, oppure hanno interessi diversi, così diamo diverse opportunità. Sono io che ho “la capa fresca” come si dice dalle mie parti, se mi viene in mente un’idea proviamo a realizzarla. Quindi, da circa un anno giochiamo anche a “curling”, un tipico sport invernale di squadra, praticato su ghiaccio con pesanti pietre di granito levigate, dette stone, dotate di un’impugnatura che permette di regolare forza ed effetto del colpo. Questa proposta è venuta dalla necessità di coinvolgere gli adulti e anche le persone più avanti con l’età. Le bocce sono fantastiche, ma ci piaceva provare una novità.

Il baseball è stata una proposta originale e apprezzata, ma vi ha anche dato la possibilità di esprimere dei valori per voi significativi?

In effetti è vero. I ragazzi che con gioia hanno aderito alla proposta del baseball si sono avvicinati anche perché scartati dalla pratica di altre attività sportive, magari a causa di qualche problematica fisica, oppure perché non interessati ad uniformarsi a quello che culturalmente ci si aspetta da loro nei gruppi dei pari. Siamo un piccolo paese, dove i ragazzi giocano a calcio, se ne sono capaci e vogliono, e allo stesso modo per le ragazze si aprono le porte del ballo, all’infuori di questo non resta altra occasione per praticare sport o altre attività ludiche e per stare insieme. Era necessario trovare veicoli alternativi di socialità e aggregazione per supportare i giovani nel loro percorso di crescita e maturità. Noi volevamo dare delle risposte ai ragazzi che si trovavano, per motivi diversi, tagliati fuori da questi due mondi. Ricordo una ragazza che ha subito un intervento alle ginocchia, per un problema alla cartilagine, che subito dopo l’operazione, appena rimessa in piedi, la prima cosa che ha fatto è stata venire la campo a giocare da noi. Una spinta incredibile, che dice molto sul valore di questa attività.

Inoltre, la decisione di investire sulla disciplina del Baseball5 ci ha offerto l’occasione di far vivere una esperienza sportiva e di socializzazione a maschi e femmine insieme, visto che da regolamento la squadra è composta da 4 e 4; un’esperienza formativa, in cui imparare a collaborare, a condividere e a conoscersi nel rispetto reciproco delle proprie identità. Questo ci sembra un valore importante, un lavoro verso l’unione e non la separazione. Inoltre, questa disciplina può essere praticata da un gruppo misto dal punto di vista dell’età, è possibile formare una squadra con un giovane di 13 anni e con un adulto di 40 che giocano insieme. Le potenzialità di questo sport per aggregare e tenere insieme le persone sono svariate, non essendo uno sport di contatto, si lancia la pallina e si corre. Lo possono fare tutti.

Pensate che lo scorso anno le mamme portavano i figli o venivano a vederli giocare e si sono appassionate allo sport: è bastata una battuta, da parte di una di loro del tipo “e noi quando giochiamo?”. “Nessun problema” ho risposto e dopo poco abbiamo composto la squadra delle mamme. Praticano un softball più lento, con basi vicine per avere maggiori possibilità nella corsa. Non dimentichiamo qual è la funzione di questo impegno, quindi con uno sport a livello amatoriale ci inventiamo le regole per offrire a tutti la possibilità di partecipare. Se una mamma non riesce, la battuta la fa con il figlio, oppure escogitiamo altri rimedi, purché non si dica a qualcuno di no. Il nostro compito è cercare di tenere insieme le persone e di sostenere lo sviluppo delle nuove generazioni. Di questo si occupa solo la nostra realtà, in questo territorio.

Le attività sportive, ben variate, sono il centro delle iniziative che realizzate. A fianco a questo avete pensato ad altro?

Per merito degli esiti positivi ottenuti con questo impegno, come Circolo, siamo riusciti ad entrare nelle scuole, a parte gli anni del covid, in cui abbiamo dovuto interrompere. Siamo diventati credibili attraverso lo sport, che è un veicolo potente di educazione e socialità, questo ci ha permesso di portare le Acli fra i giovani studenti, dentro le istituzioni scolastiche, di solito, poco permeabili. La scuola del nostro paese, che abbiamo seguito per un po', è diventata campione nazionale ai campionati studenteschi, con molta sorpresa da parte di tutti. Il frutto di questo lavoro è il coinvolgimento di una collettività, in un territorio di circa 2.500 persone, nelle nostre iniziative sportive.

Ci siamo attivati per far partire degli incontri con il supporto di professionisti psicologi, organizzando degli incontri di gruppo rivolti sia ai ragazzi, sia agli adulti, che variano in base alle necessità e allo specifico tema trattato: alimentazione sana, genitorialità, ecc. Sul fronte della prevenzione del bullismo siamo piuttosto impegnati, in collaborazione anche con l’arma dei carabinieri e la protezione civile, realizziamo dei percorsi. Il nostro è un paese tipico del Sud Italia, caratterizzato da una elevata presenza di persone anziane, per questo abbiamo pensato anche a delle iniziative di tutela e informazione sulle possibili frodi domestiche, il risparmio. Siamo in stretto contatto anche con l’Auser, per far in modo che queste persone imparino ad approcciare anche gli strumenti tecnologici, come lo smartphone, il computer, mediante dei corsi appropriati sul posto. Anche i nostri ragazzi del Circolo aiutano nella realizzazione di queste attività con gli anziani.

Naturalmente avevamo iniziato tutto con il supporto alla parrocchia e questo nostro coinvolgimento continua ad essere elevato per tutto quello che riguarda, ad esempio, il periodo del grest, che sta per partire, e da due settimane gestiamo un altro campo estivo, proseguendo per tutta l’estate.

Quando è arrivata l’affiliazione alle Acli? E quale legame oggi vi lega al mondo Acli?

Da subito, siamo nati con le Acli. Del resto, non poteva essere diversamente, perché il nostro paese ha una tradizione storica di vicinanza alle Acli. A Rivello, fino agli inizia degli anni Novanta, c’era la sede dell’Enaip, legata alle Acli, e anche le prime attività sindacali sono riconducibili all’impegno aclista in questo territorio. Tale presenza è evidente anche con l’US Acli e le prime iniziative sportive risalgono sempre fino agli anni Novanta. Dopo c’è stata una fase critica, di buio, dove nessuno si è assunto l’onere di portare avanti un’azione collettiva nel nome della tradizione Acli. Noi abbiamo deciso di dare un impulso diverso. Io ho trovato uno spazio per la nostra sede, al centro del paese, in un locale di mia proprietà, una sala per le riunioni e una stanza piccola adibita ad ufficio. Poi abbiamo il campo sportivo in gestione e per rimetterlo in sesto abbiamo investito economicamente tutti, anche con il lavoro manuale di ciascuno per la ristrutturazione e la manutenzione.

Siamo affiliati sia Acli, che Us Acli, per via delle attività sportive che promuoviamo. Con le Acli Provinciali di Potenza abbiamo un rapporto di scambio e collaborazione, organizziamo insieme anche delle attività; più difficile è la realtà UsAcli a Potenza, con la quale non abbiamo molti rapporti. Non siamo riusciti neanche a partecipare a “Sport in tour”, un evento molto grosso che si è tenuto qui in Basilicata. Non so da cosa dipenda. Nella zona come Circolo attivo ci siamo solo noi, però nella provincia qualche altro circolo c’è, e con loro qualche volta abbiamo degli scambi. Alcuni nostri ragazzi da noi sono anche andati a Bruxelles, per motivi di studio, trovando supporto ed accoglienza dalle Acli all’estero. Quando vai in giro per il mondo fa bene sapere che ovunque ci sono le Acli.

I giovani che riuscite a coinvolgere ed aggregare sono molti, non vi trovate ad affrontare un problema di ricambio generazionale per il vostro Circolo?

Siamo più o meno cento soci, fra questi siamo una decina di persone ad attivarsi nell’organizzazione di ogni iniziativa provenga dal Circolo e, a questi supporti, bisogna aggiungere il contributo di alcune mamme, che di volta in volta, in base alla necessità, ci aiutano. La questione del ricambio generazionale è più complessa: è vero che noi avviciniamo i giovani, abbiamo iniziato nel 2016 con ragazzi di 15/16 anni, che però una volta raggiunta la maggiore età iniziano traiettorie di vita diverse, vanno via dal paese per delle opportunità lavorative, oppure per frequentare l’università. Diventa difficile tenerli agganciati per lungo tempo, per prospettare un coinvolgimento maggiore nel Circolo ed una assunzione di responsabilità nel futuro. Nel direttivo ne avevamo una buona parte che sono andati via. La fortuna è avere l’università di Napoli abbastanza vicina, quindi alcuni ritornano e riescono a darci una mano, ma con un tempo ridotto.

Sogni nel cassetto?

Direi tanti, anche se siamo consapevoli che solo in parte saranno realizzabili, poi la realtà è un’altra cosa. Nel nostro paese mancano strutture sportive e interventi economici adeguati, per quello che c’è. Il nostro desiderio più grande è di prendere in gestione la piscina comunale chiusa dal periodo covid. Adesso stanno ristrutturando gli impianti e se riuscissimo a gestirla sarebbe nostra intenzione provare a creare qualche posto di lavoro per i nostri ragazzi, per riuscire a trattenerli nella nostra difficile realtà. Basterebbe creare qualche piccola occasione, nella nostra terra non serve molto per vivere, sentiremmo di aver dato un contributo. Poi l’altro sogno è costruire una squadra capace di competere a livelli internazionali, e dare la possibilità ai ragazzi di uscire da qui e vedere il mondo. Stiamo iniziando, vediamo dove tutto questo ci porterà.

CIRCOLO ACLI SAN GIUSEPPE DI BELLINZAGO (NOVARA): QUELLA FABBRICA DEI RICORDI CHE TRA LABORATORI E APERITIVI INCONTRA GIOVANI E FAMIGLIE

Il Circolo Acli nasce nel 1950, con annessa struttura bocciofila e il bar, e resta uno dei punti fermi della storia del comune di Bellinzago Novarese: un punto di ritrovo della comunità locale sebbene, per ragioni culturali, in quegli anni frequentato principalmente dal genere maschile. Negli anni, il genere di attività sportiva legata alle bocce resta una prerogativa degli anziani e, man mano, si spegne l’interesse e la partecipazione. Tuttavia, nell’immaginario collettivo della gente del posto, resta un legame forte tra il Circolo e l’esperienza della bocciofila.

Il percorso del Circolo, i cambiamenti e il suo impegno nel territorio emergono dal racconto a due voci con Gianluca Miglio ed Erica Verzotti, che hanno ricoperto la carica di presidenti in due momenti differenti della sua storia. Gianluca è presidente solo da alcuni mesi succeduto ad Erica: coinvolto dal gruppo per organizzare delle serate al Circolo, più o meno nel 2016 è entrato a far parte del consiglio, per poi assumere la carica di presidente. Erica ha un trascorso diverso: presidente dal 2022 al 2024, ha svolto il ruolo di gestore del bar ed è stata dietro al bancone per un po' di tempo, circa tre anni, ma ancora non faceva parte del consiglio. Prima ancora ha incontrato il Circolo nella veste che loro usano definire di “Aperitivista”, ragazzini giovani tra i 19 e i 22 che hanno il compito specifico di curare l’allestimento del buffet dell’aperitivo del sabato e della domenica. Quindi gestore, presidente del circolo e ora membro del consiglio provinciale delle Acli Novara, questo il cammino di Erica nelle Acli.

Raccontate un po’ del circolo attraverso i vostri punti di vista?

Erica ci spiega: negli ultimi venti, trenta anni dalla nascita, lo stile delle varie presidenze che si sono succedute è stato quello di coinvolgere le fasce di età dei più giovani, trasformando il Circolo in una sede di eventi, feste e manifestazioni culturali di varia natura, spaziando dal versante più ludico a quello più impegnato. Per fare un esempio, per la fascia dai 20 anni ai 40 anni le due feste principali organizzate erano quelle di Halloween, che richiedevano la disponibilità di locali ampi, il coinvolgimento del dj, il travestimento dei partecipanti, ecc. e veniva sfruttato lo spazio bocciofila. Quell’ambiente ha cambiato volto, adattandosi a nuove necessità. La sabbia è stata portata via, quindi non resta molto della vecchia bocciofila, se non uno spazio grande che allestiamo diversamente a seconda delle esigenze, festa piuttosto che mostra di fotografie, o mostra lego. Ci si ingegna per dare nuova vita e significato diverso allo spazio.

Sì infatti, continua Gianluca, da un poco più di due anni è stata montata una parete di arrampicata certificata, molto usata dai ragazzi il sabato pomeriggio, e in collaborazione con il CAI, ci muoviamo per organizzare passeggiate, camminate per far conoscere i sentieri e le zone limitrofe. I bambini e anche meno bambini la frequentano per allenarsi, potremmo dire che questa resta l’anima sportiva dello spazio bocciofila che non esiste più. Questo ha creato una bella varietà dal punto di vista dell’età delle persone che partecipano rendendolo un bel luogo di aggregazione. Poi in questi anni i giovani che frequentavano il Circolo sono cresciuti e sono diventati “delle famiglie”.

Quindi Erica come ha risposto il Circolo, cosa avete pensato in proposito?

Le proposte sono state indirizzate a tutta la fascia dei bambini per coinvolgere le famiglie, con attività strutturate e laboratoriali, insieme ad iniziative ludiche, come feste, il truccabimbi, collaborando anche con alcune professionalità che già lavoravano con i bambini, facendole diventare socie del circolo. Questo ci ha permesso di organizzare contesti ludici e di intrattenimento curati per i bimbi, contemporaneamente al momento aperitivo dei genitori, per lasciarli liberi di divertirsi, mentre i figli giocano in uno spazio protetto. Abbiamo allestito una vera e propria area bambini dedicata, con l’impiego di giochi riciclati per diffondere una cultura che contrasti lo spreco, donati da alcune famiglie; abbiamo allestito lo spazio giardino con dei laboratori, per far entrare i bambini in contatto con la terra, provare a piantare dei semi. Una iniziativa molto bella che, purtroppo, dopo il covid è andata un poco a spegnersi è la cosiddetta “Acli Cat race” la corsa del gatto, una caccia al tesoro in bicicletta in estate, fra le zone del paese, fra le cascine, essendo la nostra una zona rurale si prestava bene. Bello vedere un fiume di biciclette che si spostavano dal circolo per diffondersi nel paese, peccato non si riesca a riattivarla. Un’altra grande perdita, che bisognerà capire come compensare, è la serata del giovedì della gara di briscola, peculiare come attività, organizzata da un nostro caro socio, suo genero e da sua figlia. Ogni volta si incaricavano di recuperare dei premi dalle aziende locali per le coppie che partecipavano alla competizione. Purtroppo, questo signore, Gianbattista detto Gianni, figura storica e presidente del circolo in passato e della bocciofila, è venuto a mancare di recente; quindi, il destino di questa iniziativa è incerto.

Più di recente, osserva Gianluca, ci siamo messi in testa di organizzare delle degustazioni di birre per i più grandi e forse questa estate, se la pensiamo bene, realizziamo una “paellata” in stile spagnolo. Siamo anche in parte coinvolti nell’organizzazione del concerto dei Nomadi.

L’aperitivo del week end del Circolo di Bellinzago è una sorta di istituzione, un momento atteso che non può mancare. La “formula” degli Aperitivisti, se così si può chiamare, che abbiamo adottato, è un’interessante strategia per coinvolgere in modo più duraturo giovani che vengono tirati dentro per caso e poi, tramite l’attività operativa di gestione e organizzazione dell’aperitivo, scoprono il nostro mondo e si avvicinano. Sono magari giovani che inizialmente frequentano solo il bar. L’esperienza di Erica viene da lì.

Quali collaborazioni riuscite ad attivare con altre realtà territoriali?

Collaboriamo con un’associazione che si occupa di giochi da tavolo e ogni due tre mesi organizza la serata aperta a tutti dove fa sperimentare nuovi giochi da tavoli, o comunque di solito il giovedì o venerdì sera ci si riunisce per giocare di ruolo, o altro. Io la sera sono lì: dice Erica.

Io sono entrato a far parte del circolo proprio attraverso i giochi da tavolo, perché io faccio parte anche di una associazione di giochi in scatola, continua Gianluca. Ho trovato questo circolo interessante per le diverse età delle persone che gravitano intorno. Abbiamo anche una saletta musicale dove dei gruppi fanno delle prove e noi gli mettiamo a disposizione lo spazio. Alla fine, seppur con un po' di fatica, i giovani e gli anziani convivono all’interno di un luogo diversamente allestito. Anche se dopo il covid, la frequentazione degli anziani si è molto ridotta: alcuni sono stati vittima del covid, altri hanno timore ad uscire, insomma la configurazione del Circolo è un po' cambiata in questo senso.

Poi lavoriamo con un’altra realtà che si chiama “Amici del sabato”, che si propone di radunare ragazzi con difficoltà di ogni genere, problemi familiari, fisici, mentali ecc. a cui abbiamo dato uno spazio per realizzare delle iniziative, ad esempio una mostra fotografica. Non mancano le collaborazioni con il comune, favorite anche dalla piazza davanti al nostro Circolo, che viene usata spesso durante l’estate soprattutto. Viene impiegata per piccoli concerti, street food e altro, così noi ci inseriamo nel tema dell’evento, con quello che possiamo offrire, anche essere solo il riferimento dei bagni dell’evento. Quando è stata organizzata la Festa delle Donne con delle associazioni di Bellinzago noi abbiamo messo a disposizione uno spazio. Ci diamo da fare.

Gianluca spiega che le realtà sul territorio sono diverse. Facciamo con la Consulta delle Associazioni, alla quale prendiamo parte anche noi, una sorta di programma delle attività per non organizzare delle cose in contemporanea, ci coordiniamo e alcune iniziative sono svolte in comune. Facevamo in collaborazione “Camminan mangiando”, un’iniziativa nata per animare i diversi cortili del paese a cui si associava una pietanza e si mangiava camminando. Poi per ragioni burocratiche non è stato più possibile realizzarla in questa forma, allora facciamo una camminata al borgo antico, alla Badia, con le altre associazioni.

Dovendo dire cosa rappresenta il vostro circolo per il territorio cosa direste?

Il nostro è un Circolo che si propone di aggregare le persone, di creare spazi di socialità in cui trascorrere il tempo libero, rivolgendosi ai giovani ma aperto ad ogni fascia d’età, dice Erica: io vorrei aggiungere però così come io la vedo che il circolo per me è sempre stato un posto dove succedono le cose belle e si creano i ricordi. Se chiedi singolarmente a ciascuno qui, in modi diversi, ma insomma che possa dire io, tutti qui hanno almeno un ricordo, un momento, un significato legato la Circolo. In questo senso, credo che noi siamo presenti in questa comunità come: “una fabbrica di ricordi”.

Per me, dice Gianluca, è un porto quiete, un posto sicuro dove ritrovarmi con gli altri dove sentirmi a proprio agio perché è come essere in famiglia.

 Erica con la Parrocchia che rapporto avete?

I locali in cui siamo sono in comodato d’uso con la parrocchia e questo è un legame primario. Non riusciamo a collaborare in modo diretto almeno per ora. L’attuale parroco sostiene che in precedenza non si fosse creato un buon rapporto con le Acli e non manifesta molta fiducia. Oltre a questo, il parroco e giovane e molto attivo, stando vicino ai giovani dell’oratorio. Magari di fondo c’è un po' di competizione, il parroco teme che partecipando alle nostre iniziative i giovani non frequentino più l’oratorio, credo. Anche se quest’ultimo coinvolge giovani di età inferiore ai 25 anni, ma insomma, potrebbe trattarsi anche di una fase, il timore ci può anche stare, spiace non riuscire a trovare una strada per aumentare la collaborazione. Il consiglio parrocchiale è formato anche da altri preti e questo favorisce una vicinanza però, abbiamo potuto contribuire a delle cose: hanno fatto degli interventi alla caldaia senza problemi, oppure a settembre nella festa dell’oratorio con il palio dei rioni, noi andiamo con le nostre attrezzature per organizzare in modo volontario l’aperitivo; quindi, potrebbe essere più stretto il legame, ma va bene. Di recente il parroco dell’oratorio è dovuto andare via e aspettiamo l’arrivo di un parroco giovane. Vediamo che succede.

In che cosa vi riconoscete come Circolo Acli? Cosa vi lega alle Acli nell’oggi?

Siamo Acli nella misura in cui siamo un’associazione che mette al centro le persone e consente a tutti di aggregarsi, e di scambiare informazioni che portano ricordi, ma io dico anche competenze professionali. I contatti, le relazioni non sono funzionali solo sul piano aggregativo, ma anche lavorativo. Qui qualcuno ha avuto modo di conoscere persone con cui ha intrapreso dei rapporti di lavoro. Si ritrovano le famiglie e il valore dell’incontro assume un significato alla luce della dimensione Cristiana che accomuna tutti. La domenica dopo la messa molte persone vengono da noi.

Gianluca rafforza: il fatto di potersi esprimere indipendentemente da chi sei, la diversità è un valore accolto dalle Acli; poter condividere la propria idea, questo è il cuore dell’essere Acli per me.

Concludiamo con i progetti futuri? I ricordi che ciascuno porta con sé del Circolo avranno uno spazio all’interno di nuove iniziative?

Secondo la mia visione da ex presidente forse sarebbe interessante dare un’impronta culturale, curando più gli aspetti artistici, mostre con pittori locali, fotografia, spazio di video making, con workshop per approfondire da un punto di vista più formativo, sulle nuove tecnologie, in sostanza qualcosa di un po' diverso che va reso attuale. Mi piacerebbe anche una maggiore propositività da parte dei soci. In passato c’era maggiore chiusura nel gruppo complessivo. Nel 2023 abbiamo chiuso con 809 soci, il consiglio ha 4 membri, con 3 gestori che danno un riscontro al consiglio, poi gli aperitivisti sono adesso circa 5, tutti al di sotto dei 24 anni più o meno. Poi c’è un gruppo, che io chiamo di extra staff, che ha avuto un trascorso o un coinvolgimento con noi, ruota intorno al Circolo e si mette a disposizione quando serve per aiutare e supportare. Sono circa 20 persone che si alternano nei momenti di maggiore attività per dare una mano, ad esempio per il pranzo sociale nel giorno del 20 marzo per la giornata di San Giuseppe, molto sentita da noi. Questa è una bella eredità che arriva dagli anni passati, una vicinanza al Circolo che ha radici profonde. Ma sul versante delle idee ci vorrebbe più linfa e contributi.

Quello che attualmente vedo io, dice Gianluca, è una difficoltà nel generare un ricambio. Riuscire a coinvolgere i giovani nel consiglio non è più semplice come forse poteva essere prima. Adesso siamo in 3, 4 molto pochi. Questa attività richiede molto lavoro e i ragazzi non pensano ad impegnarsi, almeno non in questa fase, perché quelli che abbiamo agganciato al momento sono ancora molto giovani. Poi il Circolo, come struttura, avrebbe necessità anche di una serie di interventi di manutenzione (l’anno scorso un fulmine ha fatto numerosi danni), dovremmo rifare i bagni, c’è da rimboccarsi le maniche e avremmo bisogno anche di più persone per gestire. Io vorrei dire a questi ragazzi che l’impegno nel circolo non si limita alla conoscenza di gente nuova, la fatica è un investimento che metti al servizio degli altri e il vero ritorno è vedere la gioia negli occhi delle persone che coinvolgi.

CIRCOLO ACLI MARIO CIATTONI (PESCARA): IL CIRCOLO DELLA RIVIERA E IL PARCHEGGIO IN MEMORIA DEL PRESIDENTE CIATTONI, SNODO DELLA VITA AGGREGATIVA NEL TERRITORIO.

Antonio Iachini Vicepresidente delle Acli provinciali di Pescara e Presidente del Circolo Acli “Mario Ciattoni” ci racconta il percorso di questo circolo, situato nella zona nord di Pescara, sulla Riviera. “Il nostro Sindaco uscente”, dice Antonio, “volle istallare una targa a nome di questo importante personaggio di nome Mario Ciattoni”. Fu presidente provinciale delle Acli negli anni ’50, prematuramente scomparso il 15 novembre 1963 in un incidente stradale, nonché anche fondatore del centro di formazione professionale Enaip e della Città dei ragazzi. Un uomo straordinario impossibile da dimenticare.

Quanti siete Antonio e quali sono le attività del vostro Circolo?

Siamo circa 120 iscritti. Il trenta per cento frequenta abitualmente e si tratta soprattutto di persone anziane. Per il resto dipende dalle attività e dalla posizione in cui ci troviamo, vicino al mare; abbiamo un ampio parcheggio e nel periodo soprattutto estivo il circolo è frequentato da numerose famiglie che non sono però sempre della zona. Un gruppo di persone del circolo, che si occupano di altro nella vita, almeno una volta l’anno danno vita ad una manifestazione e degustazione di cucina importante, con l’utilizzo del barbecue e sistemi particolari per la cottura dei cibi. Nel 2021 abbiamo ospitato un evento per imparare a cucinare le gustose ricette abruzzesi, attraverso l'utilizzo del barbecue con Abruzzo BBQ, la prima barbecue Community 100% abruzzese. Questo è solo un esempio.

Organizziamo delle cene per ritrovarsi e giocare insieme, a scopo puramente ricreativo. Durante l’estate, ogni anno a luglio, prepariamo una festa storica chiamata “festa della Porchetta” invitando soci e famiglie per un totale di quasi 250 partecipanti. Io sono di Pescara e riesco a trovare anche nei luoghi circostanti dove trovare le materie prime di qualità per organizzare la festa. Nel paese di Colledara la loro economia è centrata sulla porchetta e mi rifornisco dalle aziende di queste zone. Mandiamo un invito anche alle autorità locali e ci occupiamo anche della musica.

Un’altra attività che non manca per inostri soci sono le gite, almeno due volte l’anno, che organizziamo al santuario a Caserta, oppure ad Assisi e dintorni o in alcune parti della Toscana.

Queste sono le principali attività del nostro circolo.

Mi parlavi di un parcheggio e quali altri spazi avete a disposizione per ritrovarvi?

Ci sono locali che a suo tempo costruì i locali dove siamo, quattro, cinque stanze. Abbiamo un piccolo bar dove non ci occupiamo della ristorazione vera e propria, facciamo il caffè, proponiamo il gelato o la birra, quello che serve per un consumo veloce. Nel dopoguerra, attorno agli anni ’60, Ciattoni si preoccupò di costruire le palazzine dell’ENAIP per l’istruzione professionale dei ragazzi e poi una palazzina al piano terra, di cui parlavo all’inizio, dove le stanze al piano terra vengono usate dalla Sede provinciale e nel resto ci siamo noi del Circolo.

Abbiamo anche un gruppo di ciclisti con noi si chiamano “Cicloamatori”, sono nostri soci, ma sono dei professionisti e loro ci aitano nell’organizzazione di tutte le iniziative che pensiamo: quando mettiamo in piedi l’evento arrosticini, fava e prosciutto; oppure a novembre quest’anno abbiamo voluto preparare la “Festa del Cornuto”. Lo so è bizzarro, ma si tratta di una ricorrenza storica da noi che si festeggia il 10 novembre ed è usanza consumare castagne essendo il periodo adatto. Siamo un Circolo storico e tradizionale, qui le persone hanno bisogno di ritrovarsi in spazi comuni, di parlare e di vivere esperienze piacevoli insieme. Noi cerchiamo di creare queste occasioni anche con le poche risorse che abbiamo a disposizione.

Durante il periodo della Pandemia, abbiamo fatto un po' di autofinanziamento, poi ho riunito il direttivo e con il denaro che siamo riusciti a raccogliere, grazie ai soci, abbiamo dato in beneficenza per il sostegno agli ucraini. Abbiamo anche contributi da parte di diversi sostenitori.

Voi vi caratterizzate per……

Di certo per la dimensione. Siamo tra i più grandi di Pescara e dintorni e abbiamo una posizione favorevole. Inoltre, collaboriamo in modo stretto e molto produttivo con il Provinciale di Pescara. Poi tra le cose più importanti è che siamo Associazioni Cristiane Lavoratori Italiane, questo è lo spirito che coinvolge tutti noi; le porte sono aperte a chiunque senza nessuna distinzione. Questo è il nostro essere Acli.

“AMICI DI CASA JORN” APS DELLE ACLI (SAVONA): UN “MUSEO DI NUOVA GENERAZIONE” DIVENTA LA CASA IN CUI LA STORIA LOCALE INCONTRA I SUOI ABITANTI

A Savona conosciamo “Amici di Casa Jorn”, una aps delle Acli che nasce essenzialmente per la gestione della Casa Museo di Albissola Marina. L’origine dell’idea, ce la facciamo raccontare da Paola Gargiulo, operatrice museale, curatrice di mostre, e parte della grande famiglia degli “Amici di Casa Jorn”.

Tutto si concentra nel 2014 (inizia Paola) ma l’idea di un museo diffuso nasce prima, all’incirca nel 2011 e prevedeva che si mettessero in rete tutte le realtà che sono proprietà del Comune di Albissola Marina, ovvero le sedi civiche Centro esposizioni MUDA, Fornace Alba Docilia e Casa museo Jorn. Quando è stata avviata la gestione sperimentale del MUDA, la direzione del Comune ha deciso di affidare a delle associazioni culturali il coordinamento di questi tre luoghi. Ad Amici di Casa Jorn è stata affidata la Casa museo. Quindi Amici di Casa Jorn, associazione di promozione sociale, nasce nel 2015 con lo scopo di convogliare energie e risorse in un progetto di valorizzazione e sostegno della Casa Museo Asger Jorn di Albissola Marina. L’associazione nasce dall'incontro e dal desiderio di diversi professionisti nei campi della gestione, conservazione e promozione dell’arte e del patrimonio culturale. L’Associazione è composta nello specifico da storici dell'arte, alcuni di loro all'epoca, appena iniziata questa gestione, erano giovani studenti dell'Università di Genova. In collaborazione con il Comune di Albissola Marina, lavoriamo con passione alla valorizzazione di Casa Museo Jorn, migliorandone la conoscenza e fruizione e contribuendo a renderla un luogo vivace e creativo dove fare esperienza dell’arte, della cultura e della ricerca contemporanea.

Quindi, ora il gruppo come si compone?

Questo gruppo di studenti è cambiato nel tempo, si è specializzato con componenti che lavorano orami da anni nel settore e alcuni sono diventati dottorandi all’Università. C’è tra di noi sempre un importante ricambio, riusciamo a coinvolgere anche professionisti più giovani, altri trovano altre attività. Per capirci il più grande di noi ha 31 anni. Riguardo la possibilità di coinvolgere soci attivi indirizziamo la scelta su chi ha questo genere di competenze, con un background simile, sebbene con delle differenze, ma persone in grado di cimentarsi con il lavoro che facciamo di gestione museale. Però non sempre. Abbiamo anche una volontaria, ad esempio, che si occupa del giardino.

Il nostro intento è stato, ed è tuttora, quello di valorizzare l’eredità di Asger Jorn, che nel 1973 lascia la propria casa al Comune di Albissola Marina con l’intenzione di renderla un punto di riferimento per la popolazione del territorio. Jorn concepiva l’arte e l’architettura come un insieme organico di spazio, forme, colori spontanei, liberi e vivaci, in grado di migliorare la vita delle persone e della comunità. Rispettava la natura, gli animali, i bambini e condivideva volentieri con essi e con gli amici i momenti di festa e di relax, che alternava al tenace impegno artistico e intellettuale. Oggi, anche grazie al nostro contributo, Casa Museo Jorn è un “museo di nuova generazione” dove alla conservazione, alla ricerca e alla mediazione si affianca forte il desiderio di essere attore culturale attivo sul territorio, punto di riferimento per le comunità, nel rispetto delle eredità artistiche e umane che Jorn, anche tramite i racconti dei molti albisolesi.

Questo impegno si traduce per noi in due distinte attività: quella della gestione della Casa museo, in senso stretto, secondo i desideri del suo proprietario e quella della promozione e realizzazione di eventi culturali, mostre e quanto renda possibile alla comunità interagire con questo patrimonio incredibile. Nel perseguire la nostra mission collaboriamo all’accoglienza e organizziamo, in partnership con istituzioni nazionali e internazionali, visite guidate, laboratori, proiezioni, mostre e altri eventi che aspirano ad arrivare a molti con interessi variegati. Così facendo contribuiamo a promuovere una risorsa economica e sociale per il territorio.

Come procede questa seconda direzione? Che eventi organizzate?

C’è da dire che questa è stata un'esigenza che sta un po' nella natura stessa della casa e nei desideri del suo illustre abitante: Jorn ha dichiarato di donare la propria casa affinché potesse essere poi fruita da quante più persone possibili. Sapevamo che non potevamo permettere restasse una casa statica e immobile e che dovevamo sperimentare modi diversi.  Inoltre, la rete Muda, il museo diffuso di cui Casa Jorn fa parte, è gestito da una direzione scientifica, che ha indicato come modalità di operare la realizzazione di attività diverse. Il nostro è il polo che più è stato destinato alle attività in quanto ben si presta ad accogliere artisti del contemporaneo, piuttosto che rassegne di varia natura, o simili. Si tratta anche di attività che si pensano in base anche alle professionalità disponibili nel nostro gruppo, definendo meglio il taglio e il carattere dell’evento. Siamo liberi di proporre, immaginare. Progettiamo noi totalmente la proposta e curiamo un pò tutti gli aspetti, dalla comunicazione, all’organizzazione, e altro.

Quindi ci sono anche professionalità nell’ambito della comunicazione?

Siamo sempre noi ad occuparci di tutto, sebbene in affiancamento ad incarichi curatoriali, svolgiamo anche la comunicazione. Ci siamo strutturati nel tempo, nel senso che, ad esempio, adesso abbiamo un Dipartimento educativo molto importante che prima non avevamo e alcune ragazze si sono specializzate proprio nell'educativo ad esempio. Si tratta dei laboratori per bambini, ma anche per adulti, legate alle mostre o alle altre iniziative che organizziamo, alla storia dell’arte, che coinvolgono diverse fasce di pubblico.

Sul territorio costruite reti con altre realtà vicine a voi? E in che modo?

La particolarità della location, la spettacolarità del suo giardino e gli ampi spazi interni, sono elementi fondamentali per le tante partnership che negli anni si sono concretizzate. Alcune hanno portato alla realizzazione nei nostri spazi di veri e propri eventi esperienziali, altre alla concessione di certificazioni di qualità, altre ancora permettono allo staff di Amici di Casa Jorn di creare, anno dopo anno, un calendario ricco di iniziative diversificate e uniche.

In prevalenza, ovviamente, siamo in rete con le altre associazioni che gestiscono gli altri due poli museali, che sono “Cultura e solidarietà” e Associazione la fornace. Poi abbiamo lavorato con altre associazioni in passato

Molto bello abbiamo collaborato insieme a BAM! Strategie Culturali, per conto dell’Amministrazione del Comune di Savona, per portare avanti un percorso volto ad avvicinare sempre più i musei della città ai suoi cittadini, e viceversa. Dopo il progetto “Cari albisolesi”, siamo andati a Savona per lavorare insieme ad altre otto realtà museali e culturali (All About Apple Museum, Complesso Monumentale del Brandale, Complesso museale della Cattedrale e Cappella Sistina, solo per dirne alcune) e alla cittadinanza tutta. Abbiamo studiato come i musei di Savona conoscono e monitorano il loro pubblico e in che modo i cittadini savonesi percepiscono e frequentano il loro patrimonio culturale, per poi incontrare alcuni target di pubblico, per capire i loro bisogni e creare un bacino di potenziali ambasciatori dei musei. Inoltre, mi viene in mente l'associazione Angelo Ruga, un'associazione sul territorio con cui condividiamo magari progetti espositivi. Insomma, ce ne sono diverse. Siamo convinti che per offrire un prodotto culturale di qualità sia indispensabile creare una rete di collaborazioni ampia e variegata. Ecco perché abbiamo sempre coinvolto altre istituzioni culturali nei nostri eventi: da quelli sul territorio fino a partner di valore internazionale. Non manca uno stretto rapporto con le botteghe artigiane di ceramica delle Albisole.

Nel 2020, ad esempio, l’Associazione si è concentrata sulla stesura di nuovi progetti editoriali: in particolare, la fine del 2020 e il 2021 abbiamo pubblicato la prima guida del museo e uno strumento di mediazione a fumetti pensato appositamente come “guida dei piccoli visitatori”.

Una caratteristica che vi distingue, che sia solo vostra, quale potresti indicare?

Probabilmente il nostro valore aggiunto sta nella preparazione all’interno dell'ambito nel quale lavoriamo. Abbiamo tutti una formazione piuttosto specifica che in parte ci distingue da altre associazioni gemelle; abbiamo proprio una specifica competenza nelle cose che facciamo, anche a livello professionale elevato. La ricaduta è evidente, abbiamo un riscontro positivo su questo aspetto, sia sul territorio nazionale che internazionale. I progetti che abbiamo realizzato hanno sempre avuto una vasta risonanza anche loro. Poi il nostro è un modo di avvicinarci alle persone attraverso l'arte e la cultura.

CIRCOLO ACLI “NUOVA SCENA” (CATANZARO): LA FUNZIONE EDUCATIVA E SOCIALE DEL TEATRO AL SERVIZIO DELLA CITTA’

Il Circolo Acli “Nuova scena” si colloca nella zona Nord di Catanzaro, vicino allo stadio. Catanzaro è una città su tre Colli, per percorrerla a piedi impieghi in tutto mezz'ora. Alle spalle del laboratorio teatrale del circolo ci sono i Monti della Presila e alle volte la mattina i monti sono imbiancati. A sud c’è il mare: il circolo dista 15 km dal mare e 25 km dalla neve. Dal punto di vista della sua privilegiata posizione nel territorio non manca nulla.

Trent’anni prima esisteva il Circolo Catanzaro centro. Spiega Salvatore Conforto, Presidente di “Nuova scena” e delle Acli Provinciali di Catanzaro. Continua Salvatore: sono un’aclista da 45 anni. Sì, praticamente ho iniziato a fare Acli a 15 anni, con US Acli, con attività di pallavolo e poi sempre di più. Ho fatto un corso di formazione professionale all’ENAIP, che è durato due anni, per rimanere all’interno tutor. Oggi ho 33 anni di banca, ma se sono quello che sono lo devo esclusivamente alla formazione che mi hanno detto le Acli.

Nuova scena nasce da un mio desiderio, da un’esperienza che porto con me. Da bambino facevo teatro, ho anche fatto tournée con attori di un certo livello, poi sono andato all'Università e mi sono dedicato ad altro, ma non ho smarrito la passione per questa forma di arte. Per tale ragione nel 2009 nasce “Nuova scena” che, all’inizio però, si cimenta in alcune presentazioni di libri. Successivamente ci siamo dedicati al teatro, aprendo un laboratorio che, il 10 di giugno di quest'anno, fa il suo quasi ventesimo saggio. Abbiamo un laboratorio prettamente teatrale e una scuola che, praticamente negli ultimi 10 anni, non ha mai registrato meno di 25 allievi. I genitori dei ragazzi sono soci del circolo. Legata al laboratorio teatrale e sempre Acli, abbiamo fondato una compagnia teatrale. L'abbiamo chiamata “La compagnia di Irene”, il nome di una nostra allieva che purtroppo a 14 anni ci ha lasciato, senza neanche dirci il perché. E’ rimasta sul divano di casa sua e non l’abbiamo mai più potuta avere tra noi. Tutto quello su cui la compagnia ha lavorato lo abbiamo dedicato a lei.

Nel 2019, ci siamo fatti un po' più grandi, ricordiamo l’apertura di un Piccolo Teatro di 50 posti. In questo spazio continuiamo la presentazione di libri, e a settembre iniziamo una rassegna, che presenterà un libro ogni mese, all'interno del nostro del nostro circolo, con scrittori e poeti esclusivamente dell'hinterland catanzarese. L'abbiamo pensata come: “Aclilibriamoci”. Vediamo un attimo che tipo di riscontro avrà in futuro, perché Catanzaro non è grande, ma è piena di iniziative culturali. Ogni volta che qualcuno propone qualcosa ci dobbiamo coordinare, altrimenti alla fine chi ha 100 persone, chi ne ha 50, chi ne ha 20, chi ne ha ne ha 30. Spesso non riusciamo però.  

Con Nuova scena, poi, da sette anni abbiamo messo in piedi un momento che abbiamo chiamato “serata d'artista”, praticamente. Per il mio cinquantesimo compleanno, invece di una festa classica ho privilegiato l’idea di affittare un piccolo teatro e far inscenare qualcosa agli invitati, fummo 200 persone. Questa idea è piaciuta molto. Tutte le Compagnie teatrali di Catanzaro e le associazioni e anche i laboratori musicali aspettano questa festa e poi diventa una festa per poter partecipare e potersi esprimere. Quest'anno lo facciamo al teatro Politeama di Catanzaro, uno dei teatri più importanti da Napoli in giù, 900 posti, 25 per 25 il palco.

In un contesto così variegato come racconti, voi siete riusciti ad instaurare delle collaborazioni con altre realtà del territorio?

Allora noi abbiamo collaborato con Città solidale, che è una importante associazione di volontariato della zona. Ecco, qui a Catanzaro diciamo che il leader è Don Piero Puglisi, che non è quello lì che immaginiamo, ma un altro e con loro abbiamo lavorato molto. Loro realizzano molti progetti.

Noi dal 2015, perciò sono quasi 10 anni, l'anno prossimo facciamo 10 anni, portiamo in giro uno spettacolo che si chiama Barbablù. Praticamente è basato su circa dieci racconti che, ogni anno rinnoviamo e riadattiamo. Sono storie di impatto sul tema del femminicidio e in generale sulla violenza di genere. Vengono rappresentate dagli allievi più meritevoli della nostra scuola e con lo spettacolo abbiamo già girato mezza Calabria, siamo quasi alla venticinquesima replica, in dieci anni. Parliamo sempre di uno spettacolo che si autofinanzia e che non chiede contributi a nessuno. Città solidale ci ha supportato. Ci ha invitato per tre volte a una sua manifestazione sua, perché loro hanno anche una Casa-famiglia e propongono alle ospiti questo spettacolo. Quest'anno l'abbiamo rappresentato al teatro comunale di Soverato, che è una zona di mare vicino Catanzaro.

Durante il buio periodo della pandemia, abbiamo investito su un paio di progetti, sia con il Provinciale, sia con il Regionale. Ci siamo occupati di “Una mano per la spesa”, iniziativa promossa dalle Acli. Molto interessante perché abbiamo avvicinato anche persone che credevamo non potessero aver bisogno di noi. In quel periodo è stato tutto veramente un po’ difficile, ma poi ci siamo ripresi. Abbiamo collaborato con l'assessorato ai servizi sociali. Lì c'è un pozzo senza fondo, purtroppo. Abbiamo incontrato persone che non vogliono far conoscere la loro condizione di fragilità. Allora devi affrontare due problemi: quello del supporto primario e l’altro è il problema emotivo. È difficile, però qualche volta ci riusciamo.

Avete in piedi altre progettualità? Collaborate con altri circoli nel territorio vicino?

Comunque, noi i progetti non proviamo a farli, devi avere una struttura alle spalle per fare una cosa del genere e farla bene, altrimenti rischi di farti male. Però collaboriamo con un altro circolo qui a Catanzaro che si chiama Città del vento. Loro con, Alessandra Storino in testa, progettano molto e fanno progettazione di livello, hanno preso due o tre progetti anche importanti. Quello è un circolo, diciamo che si rivolge molto a progetti di reinserimento di persone disagiate. Poi ne hanno proposto uno sulla città di Catanzaro, praticamente bandito dal Comune e poi, l'anno scorso, hanno vinto un progetto della Regione Calabria. Poi ci si supporta.

Adesso anticipo che il 13 di settembre a Catanzaro ci sarà una cena straordinaria, sulla falsa riga di quanto organizzano a Parma, si tratta della “cena dei 1000”.  In pratica, il corso della città sarà attrezzato con mille posti a sedere, dove ci accomoderanno le persone che comprano il biglietto, per prendere parte ad una cena con la presenza dei sei cuochi più stellati di Calabria. Stiamo collaborando anche con Acliterra e anche con gli altri circoli è chiaro. Chissà speriamo di poter organizzare un bel tavolo Acli anche al Nazionale in occasione dell’Ottantesimo anniversario della nostra associazione. Al netto di tutto quello che si spenderà e non sarà poco, il ricavato della serata sarà devoluto agli “Insuperabili”, un'associazione di volontariato, con cui Acli Città del vento collabora da un po'.  L’associazione coinvolge ragazzi prevalentemente down che una squadra di calcio. E se tu vai a cercare qualche cosa su Internet, vedrai che sono rappresentati da Chiellini, Baggio e altre figure di spicco del calcio. Quindi questa è una manifestazione che promuoviamo insieme con il circolo, poi anche come provinciale.

Buone collaborazioni le abbiamo con la nostra parrocchia di San Pio decimo di Catanzaro. Poi con il circolo Arci Hercules: abbiamo fatto un esperimento comune, occupandosi loro di tetro dialettale, noi ci siamo occupati della rappresentazione in lingua e loro hanno fatto il teatro dialettale. Loro stanno nella parte sud di Catanzaro e noi siamo nella parte nord e loro hanno portato una piccola commedia nel nostro circolo e noi siamo andati da loro a portare il nostro spettacolo. Poi lavoriamo molto e da molto tempo con il Centro di solidarietà, un centro per tossicodipendenti su Catanzaro. Tu pensa che il Presidente una volta era Don Mimmo Battaglia, oggi arcivescovo di Napoli. Loro hanno in gestione un centro polivalente e ogni anno facciamo una prova generale aperta degli allievi a cui assistono i loro ospiti.

Ma è vero che vi occupate anche di radio?

Assolutamente. Facciamo un programma radiofonico come circolo che è aperto, su radio Ciak, una radio in FM su Catanzaro. La nostra città ha un primato sulle radio libere, avevamo in proporzione tante radio quante ne aveva Milano. Poi con l’avvento della legge Mammì sono scomparse e per cinque anni c'è stato il buio totale. Ci siamo rimessi insieme con un'altra associazione che si chiama “Darwin”, sempre a livello volontaristico, non c'è niente di commerciale, è una radio libera a tutti gli effetti. Io faccio un programma la mattina di domenica e invece con tutta la mia troupe lo facciamo il giovedì pomeriggio dal titolo “Sipario aperto”, sempre attinente ad arte, musica e spettacolo.  

Il gruppo di Nuova scena che si attiva per l’organizzazione delle attività è composto da quante persone?

Come soci saremo una ottantina, poi dipende dagli anni: salgono e scendono, ovviamente. Mentre la cerchia di persone più attive che mi supporta è composta da circa una quarantina di soci. Adesso non siamo pochi, diciamo che dopo il Covid ci siamo un po’ ripresi: Durante il periodo del Covid, non abbiamo chiuso perché facevamo le lezioni online, però è stato terribile.

Dal tuo punto di vista, perché Nuova scena è importante per il territorio, quale è il significato della sua presenza a Catanzaro?

Offre a tutti l’opportunità di fare comunicazione e teatro come importante occasione di aggregazione, per stare insieme. Penso che abbiamo creato una combinazione tra chi ha interesse professionale per il teatro, chi viene per confrontarsi ed esprimersi e chi del teatro ne ha davvero bisogno. Noi non facciamo teatroterapia, però abbiamo coinvolto persone che hanno problemi di comunicazione e non riescono ad esprimersi; poi altri ragazzi che hanno disagi di carattere fisico e chi ha subito violenza sotto forme diverse. Per questo collaboriamo con la casa di Nilla, un'altra casa-famiglia, e da quest'anno abbiamo inserito due allieve che, purtroppo, hanno subito delle violenze in famiglia, e vengono dalla casa-famiglia. Probabilmente il teatro dovrebbe essere una materia scolastica ancora in Italia, non l'abbiamo capito.

Qualche sogno nel cassetto per il prossimo futuro?

Abbiamo programmato l’evento “Serata d'artista”.  Il 10 giugno facciamo il saggio e l'anno prossimo vorremmo provare a prendere in gestione un teatro di 100 posti, per farlo diventare un circolo. Abbiamo già trovato il posto, sono cento posti, vicino al centro storico, però va fatto un progetto perché i costi sono abbastanza importanti. Si tratta di un grande sogno. Vedremo se si realizzerà.

CIRCOLO ACLI DON PIERO CARPENEDO (VICENZA): PASSATO E PRESENTE SI INTRECCIANO NELLE OPPORTUNITA' AGGREGATIVE DEL CIRCOLO DI BREGANZE

Le radici del circolo di Breganze affondano nel territorio di un Paese collocato tra la pianura e le colline dell’Altipiano di Asiago, un riferimento forte all’agricoltura e alla produzione del vino.

“Il nostro comune vicentino conta circa 7000 abitanti e in una frazione vicino al nostro circolo, possiamo trovarne un altro con Acli Arte e Spettacolo. Dal punto di vista aclista, la presenza dell’associazione è piuttosto diffusa. Così racconta Oreste Fraccaro, Presidente, ora pensionato ed ex Direttore di Patronato Acli, dall’anno ’91, fino al 2011.

Quello che oggi è il circolo lo deve soprattutto al suo lontano passato. Per questo è impossibile comprendere se non si cerca di riscostruire i passi di questa esperienza lontana e i segni che ha lasciato.

Oreste prosegue: il nostro è un circolo storico. Il primo nucleo Acli costituito, sebbene ancora non proprio un circolo, risale al 1945. Dalla documentazione in nostro possesso si riscontra il circolo già costituito, presente ad un incontro provinciale del 13 gennaio del 1946, in cui si definiscono gli obiettivi associativi a livello locale. Pochi giorni dopo a Breganze si tiene una conferenza con Mariano Rumor, già membro del Comitato di liberazione Nazionale per promuovere la causa aclista. L’allora presidente del circolo di Breganze è Attilio Boschiero, maestro di musica, organista e partigiano e con grande capacità di visione del futuro. Con il passare del tempo prendono piede anche le iniziative acliste destinate al mondo del lavoro che all’epoca versava in una profonda crisi, all’interno di alcuni principali stabilimenti metalmeccanici. A Breganze, in particolare, c’era un’azienda di nome “Daverda” che si occupava di produrre strumenti meccanici per l’agricoltura, diventato poi il maggiore produttore di macchine agricole cambiando nome e storia. Quando ha attraversato una fase di crisi le Acli entrarono all’interno dell’azienda, un nucleo che sosteneva le attività e le lotte dei lavoratori. La prima sperimentazione.

Ad opera del circolo, in coincidenza con i tempi, nasce il “Segretariato del popolo” cioè il Patronato per l’assistenza ai lavoratori. Per un lungo periodo non viene collocato in una sede specifica e la funzione di addetto sociale viene svolta dal socio Armido Cogo. Nel 1946 il circolo vanta già circa 650 iscritti e già all’epoca inizia una tradizione storica molto viva anche oggi delle gite sociali. Adattandosi ad alcune prescrizioni di quel periodo di Mons. Borsato, queste escursioni riguardavano per lo più pellegrinaggi ad alcuni santuari e le zone montane, più adatte a non indurre la promiscuità. Il principale ricordo riguarda una gita a Recoaro. Degli stessi anni è l’attività culturale promossa dalle Acli breganzesi, percorsi educativi rivolti ai bambini in età scolare e lezioni di sociologia cristiana agli operai che apprendevano a confrontarsi sulle questioni sindacali. I soci passano a 800 e si cerca una sede appropriata con spazi adeguati a contenere persone e attività che si moltiplicano. All’inizio i contrasti con il parroco sono forti e questo impedisce di trovare una naturale collocazione nei locali della parrocchia, dopo però i contrasti si risolvono.

Il 1947 fino al 1949 rappresentano anni significativi per il ruolo assunto dall’emigrazione italiana all’estero con l’apertura delle frontiere dell’Argentina a circa centomila italiani che hanno l’opportunità di diventare proprietari delle terre che sono chiamati a coltivare laggiù. Il circolo di Breganze si attiva per promuovere corsi di lingua e di supporto con l’obiettivo di preparare i lavoratori alla partenza. Si segnala la fioritura di altre iniziative, corsi di istruzione professionale e la nascita di cooperative promosse dalle Acli, in particolare di generi alimentari (produzione vino), vestiario, edili (costruzione del Villagio Acli) e agricole. Molte anche le attività ludico-ricreative (teatro, giochi di bocce, gite, ecc.).

Importante, in quegli anni fu il progetto del corso di cultura post-elementare, per andare incontro al desiderio espresso dai lavoratori di allargare le proprie cognizioni ferme alla quinta elementare, considerando che per accedere alle scuole medie era necessario allontanarsi di molto da Breganze. Si chiese il concorso economico da parte del comune, ottenendo alcune aule del fabbricato scolastico per poter realizzare i corsi. Successivamente si attivano i corsi serali per l’apprendimento dell’italiano, del disegno e della matematica, con un’accoglienza di oltre 120 partecipanti.  

E volendo provare ad avvicinarci più ai giorni nostri, cosa è successo al circolo? Come è cambiato e su cosa si concentra maggiormente?

Io, di fatto ho un’esperienza più recente. Promuoviamo un calendario di attività molto diversificato che cerca di accogliere le necessità delle diverse fasce di età qui a Breganze. Abbiamo immaginato “le Acli e una fede” un ciclo di incontri di promozione e spiritualità: commenti settimanali al Vangelo con vari autori e condivisione di preghiere dal Vangelo; inoltre, approfondimenti di tematiche di fede, sulla Parola, gli avvenimenti, ecc. la vita con relatori vari.

Ci si è proposti di realizzare una banca del tempo, ci sembrava una cosa carina. Inoltre, stiamo pensando alla realizzazione di un progetto iniziativa “Gli angeli del bello” che riguarderebbe l’individuazione di alcune figure disponibili a promuovere iniziative di sensibilizzazione sull’ambiente e la sostenibilità. Questo riguardo ciò che c’è in cantiere. Poi svolgiamo corsi di inglese per bambini e adulti, sono sei diverse fasce d’età che abbiamo coinvolto nei corsi.

Un impegno particolare, che ancora è in corso, è il percorso di formazione politica per giovani e adulti ed è interessante sottolineare che alcune liste civiche, qui a Breganze, si sono costituite a partire dai nostri corsi e hanno amministrato. Anche per le prossime elezioni in programma, una lista civica è nata a partire da una nostra proposta. Un altro ambito di cura da parte nostra è quello dei bambini piccoli e delle mamme, sopportando i genitori con dei corsi di accompagnamento grazie all’ausilio di esperti psicologi e professionisti del comune. L’obiettivo è creare la possibilità di riflettere sull’esperienza di crescita ed educazione dei bambini fino ai tre anni, con l’appoggio di una figura o più figure competenti. Non dimentichiamo il corso di dama e scacchi che coinvolge anche i ragazzi e di teatro.

Le camminate sono un altro nostro fiore all’occhiello. “Le feste in cammino” sono un calendario di nostre proposte che spaziano dalla passeggiata all’alba, alla camminata della salute, pensata in orari momenti diversi del giorno, così da consentire la partecipazione anche a coloro che non riescono molto a muoversi, ma vogliono aderire ad un momento aggregativo, ad uno spazio della giornata da vivere in comune e contrastare la solitudine. Poi, un altro filone di uscite è rivolto alle scuole con cui collaboriamo. I temi sono di interesse anche per gli istituti quando intendono affrontare con i ragazzi gli aspetti della storia passata dei nostri luoghi, oppure per far conoscere come si fa il pane, il latte e la produzione locale delle nostre terre.

Abbiamo promosso nel 2018 anche il “Progetto essere giovani” occasione per stare incontro e realizzare momenti di condivisione su questi temi: “come stare insieme”; “la società ecologica e decrescita felice”; “la filosofia e condivisione nella società multietnica” e “la disabilità”; “la pace”; “la corruzione”; “i valori della politica” e “la finanza etica”. A seguito di questo progetto si è anche costituto un gruppo di lavoro.

In due parole, per concludere, se dovessi dire perché è importante il vostro circolo per il territorio, cosa diresti?

Ritengo che siamo una presenza stimolante e attenta al territorio, anche se adesso un po' di preoccupazione per il futuro c’è anche sulla sostenibilità del circolo, soprattutto dopo il covid è cresciuta l’incertezza. Ma siamo una presenza radicata nel nostro territorio e continuiamo a fare il possibile per aprire delle prospettive alla nostra comunità.

CIRCOLO ACLI PACHINO (SIRACUSA) CORALE TETRACORDUS. IL CORO "ETEROGENEO" E INTERGENERAZIONALE CHE ANIMA IL TERRITORIO

Nella punta più a sud della Sicilia si trova una località famosa per il pomodoro, testimonianza di tante culture approdate nella regione: il comune di Pachino. Tra questi luoghi, nel 2012 si costituisce sulla carta il Circolo Acli “Tetracordus”, al cui centro c’è il coro, un ensemble vocale che nasce nell’ambito dell’area di Arte musica e spettacolo. Non hanno una definizione Unasp, se così si può dire, sono un piccolo circolo che, insieme al Circolo Acli di Cassibile, investono in attività di promozione sociale, educative e aggregative, in una realtà, quella siciliana, difficile, in cui le iniziative non sempre riescono a germogliare.

“La maggior parte dei nostri aclisti si dedicano al canto corale, a cappella e quindi abbiamo voluto avviare una fase di sperimentazione”, spiega Giusi Spagnolo, Presidente del circolo. “Ci definiamo un circolo amatoriale, che nasce come coro parrocchiale, questo è il circuito in cui ci siamo mossi inizialmente. Avevamo dei legami con Caritas e con Don Maurizio Novello, ci siamo legati a lui e con lui è nata questa avventura, nello spirito cristiano che ci legava.

E con questa vostra “avventura”, Giusi, quali iniziative avete promosso?

In collaborazione con le Acli provinciali abbiamo certato di portare avanti progetti che ci sembravano utili e interessanti. Innanzitutto, siamo stati molto vicino ai terremotati dell’Emilia-Romagna. In quella triste occasione, non so ricordate, con il terremoto molte aziende locali hanno assistito alla distruzione di numerose forme di parmigiano e quelle rimaste rimanevano invendute. Allora, con il supporto delle Acli di Modena, con le Acli siciliane abbiamo avviato un’operazione per vendere pezzi di parmigiano da noi, inviati dalle Acli Modena. Il ricavato lo abbiamo rispedito con l’obiettivo di sostenere la ricostruzione. Seconda esperienza significativa è stata quella di “Mille voci per cominciare” questa volta a favore dei terremotati dell’Umbria. Insieme ad altri artisti provenienti da tutta Italia, abbiamo realizzato numerosi concerti, raccogliendo delle somme importanti da devolvere per la costruzione del teatro e a sostegno delle persone senza casa. Con le Acli di Siracusa, poi, un’altra raccolta di fondi recente l’abbiamo organizzata a favore degli ucraini, muovendoci con le parrocchie e le diocesi del luogo.

Abbiamo aderito al progetto “Smonta lo stereotipo”, con le Acli Sicilia e le Acli provinciali destinato a programmare nelle scuole interventi finalizzati alla prevenzione del fenomeno della violenza di genere e alla diffusione della riflessione sulla parità di genere. Noi lo abbiamo attuato in collaborazione con l’Istituto Paolo Calleri e nella versione serale dedicata agli adulti. SI è trattato di una magnifica esperienza vissuta insieme ad un nostro amico aclista che è psicoterapeuta. Dove c’è necessità noi ci siamo. Non siamo mancati alla PassioChristi, la processione ci vede coinvolti come coro. Aderiamo all’“Inverdurata”, famosa per l’arte effimera qui da noi, e con l’occasione proponiamo musica particolare. Metto insieme anche il concerto all'Hospice di Siracusa (per il fine vita) rivolto ai malati della struttura; inoltre, a Natale abbiamo regalato una sedia a Rotelle alla RSA della città di Pachino, luogo che accoglie malati di Alzheimer, o altre problematiche, ai quale serve riabilitazione, ed essendo Natale, abbiamo anche regalato dei panettoni.

Ci piace anche l’esperienza interessante al Congresso Regionale delle Acli, dove ci hanno chiamato e siamo stati visti anche dalle altre Acli, non più solo della zona di Pachino.  In Sicilia, forse, siamo una realtà unica: uno al massimo due saranno le associazioni coro delle Acli in questo territorio.

 

Dovendovi definire con una caratteristica distintiva, che vi renda riconoscibili nel panorama della musica e come circolo Acli, quale sarebbe?

Di sicuro possiamo ritenerci un coro “eterogeneo”, i nostri coristi spaziano dalla presenza di ragazzi di terza media fino alla partecipazione dei sessantenni. L’inclusione e il coinvolgimento dei diversi livelli di età per noi è un obiettivo. Siamo un circolo con una trentina di soci e un direttivo di circa 6, però le decisioni sulle attività sono prese per lo più di comune accordo, ci conosciamo da più di dieci anni e le idee possono venire da tutti, poi il direttivo si riunisce per capire come declinare meglio le azioni previste. Ci conosciamo da tanti anni e ci comprendiamo, questo è un altro punto di forza considerevole. Tutti i soci cantano, solo io mi occupo delle scartoffie e delle questioni amministrative.

Ci caratterizziamo per il grado di professionalità dei nostri insegnanti: Maria Laura Lizzi e Lucia Franzò sono insegnanti di livello nazionale e ci portano anche altrove. Di solito ci muoviamo all’interno del nostro contesto territoriale, ma quando è necessario, se ci chiamano per iniziative benefiche altrove, allora superiamo lo stretto di Messina. Loro come insegnanti sono spesso fuori dalla Sicilia, per dei corsi di aggiornamento. Noi, invece, tutti, ci siamo spostati per partecipare ad un importante evento a Napoli, qualche tempo fa, il “Mille cori”, che riuniva cori provenienti anche dall’estero. Siamo stati a Pompei, poi in Puglia. Dalla fine del Covid dobbiamo ancora un po' riprendere ma siamo stati in Vaticano con i cori delle diocesi riuniti, a Palermo, a Zafferana e Selinunte.

Quale significato ha per voi la parola comunità e il vostro maggiore contributo per coltivarla?

Come circolo Acli, che è anche un coro, il nostro principale lavoro per generare comunità è prenderci cura della scuola, portando un contributo per sostenere quella difficile funzione educativa che svolge nei riguardi dei ragazzi. La musica è un potente veicolo di coinvolgimento e di educazione; il cambiamento è un processo che nasce dalla sensibilità, dall’ascolto, dalla disciplina, che la musica può attivare, per questo le possibilità scaturiscono dalla scuola media, elementare e soprattutto dai bimbi più piccini. Lucia Franzò è il direttore artistico del nostro coro ed è anche insegnante di musica a scuola. Il nostro gruppo sente questa impronta. Anche Maria Laura Lizzi, l’altra nostra insegnante, fa corsi di piano ai ragazzi. L’obiettivo è offrire loro degli strumenti per avvicinarli, per fargli sperimentare un impegno di tipo diverso, solidale, sensibilizzandoli alla musica, ma anche a quello che succede nel loro territorio.

Una opportunità incredibile per fare la differenza è arrivata con il “Coro delle mani bianche”, una iniziativa in collaborazione con l’Associazione “Dopo di Noi”. Un’organizzazione riconosciuta a livello nazionale che accoglie coloro che con problematiche e disabilità varie si troveranno a non poter contare su nessuno al momento della morte dei propri genitori. Quindi persone che non possono appoggiarsi ad una rete di supporto in grado di andare oltre la più stretta cerchia familiare. Questa realtà pone problemi di solitudine e il rischio concreto di non poter essere accuditi e accompagnati nella vita in assenza dei genitori. Ci sono età varie, dai più piccoli agli adulti e noi abbiamo composto con loro il coro di voci delle mani bianche, chiamato così perché i partecipanti indossano dei guanti bianchi e cantano attraverso un sistema di segni, con i gesti, perché hanno difficoltà motorie e di linguaggio. Lucia e i ragazzi del nostro coro hanno lavorato per costruire questa meravigliosa esperienza, resa possibile grazie alle Acli di Pachino. Poter supportare le persone in difficoltà, anche giovani, dando l’opportunità di esprimersi è incredibile!

Lucia è il veicolo, è un vulcano e questo ci sostiene, però la nostra forza è nel collettivo. I ragazzi sono il cuore del nostro progetto, ma è complicato tenerli agganciati ad un impegno come quello del coro e comunque del circolo. Sono oberati, spesso stanchi, e noi chiediamo anche del tempo per le prove serali; forse la chiave è nel cambiare modalità di approccio, cercando di rendere la loro partecipazione più ludica. Alcune famiglie non riescono a sostenere questa partecipazione e contribuiamo. Ad esempio, li agganciamo attraverso la proposta di lezioni di piano ad un importo irrisorio, perché per alcune famiglie e gravoso. Quindi dedicano del tempo. Un’altra bella occasione è nata quando da una scuola ci hanno chiamato per preparare dei giovani per una esibizione con una canzone scelta. Un modo per entrare a scuola e stare a contatto con loro, tutto volontariato da parte nostra. Con amore per i giovani e per la musica. Poi, insomma 10, 12 ragazzi ci aiutano un po' anche nell’organizzazione.

Avete attraversato fasi critiche in questi anni?

Penso che la parentesi del Covid sia stata drammatica e deleteria per ogni realtà come la nostra, ma puoi immaginare cosa possa significare per un coro non esibirsi davanti al proprio pubblico, non potersi incontrare. Devi ripensarti insomma e trovare il modo per viverla al meglio. Così, con so se altri hanno fatto lo stesso, ci siamo esibiti via web. Fare corale online è difficilissimo: iniziano i bassi e prima che arriva la voce il tempo non aiuta, però è stata un’esperienza molto formativa. Non ci siamo limitati al canto web, ma abbiamo voluto esagerare con un concerto vero e proprio realizzato in una chiesa vuota, chiedendo il permesso all’Arcivescovo di Pompei e il parroco ci ha aperto la parrocchia. Da lì abbiamo fatto una diretta online aperta chiunque si volesse collegare, avvertendo la cittadinanza di questa opportunità durante il periodo natalizio. Non ci siamo mai fermati, siamo stati attivi per la cittadinanza anche in un periodo così buio come il covid. In particolare, a Natale, dove non ci si poteva incontrare. Le nostre esibizioni, sebbene a distanza, hanno ricevuto commenti sensibili e affettuosi e questo ti fa sentire bene. Il coro non è solo un mestiere o un veicolo di solidarietà, è un impegno che ti prendi se hai passione: durante la pandemia si cantava dai balconi, le persone cercavano di mantenere un legame attraverso la musica e il canto e per noi è stata una risposta, una esperienza positiva e malinconica allo stesso tempo, un’opportunità per essere nel territorio, già molto provato dagli eventi. Ma anche un’esigenza, un bisogno da parte dei coristi di incontrarsi la sera, provare e condividere insieme questo momento difficile senza fermarsi, facendolo però come di consueto con lo stesso rigore e determinazione, come fanno i cori di un certo livello, paragonabili a molta esperienza del Nord Italia. Qui al Sud, il coro non ha una tradizione come altrove, invece il nostro può vantare di una certa professionalità perché è un valore, fare musica impegnativa.

Giusi, progetti per il futuro?

In questo momento ci stiamo preparando per l’attività corale estiva. Molti sono gli eventi nella Provincia a cui saranno invitati i nostri coristi. Ci piacerebbe fare con le Acli di Cassibile, promotrici dell’iniziativa, i “Giochi senza quartiere” di cui sono io innamoratissima. Ovvero, quando il paese viene diviso in quartieri, in modo da formare delle squadre che si sfidano in vari giochi. Ci siamo ripromessi di riportare questa esperienza in altri contesti Acli, coinvolgendo i servizi, ad esempio, che in Sicilia sono molto importanti nei circoli; dobbiamo trovare tempo ed energia come Acli, fare rete tra noi. Il presidente provinciale delle Acli è di Cassibile e quindi vorremmo collaborare e già lo facciamo un po'. Ci conosciamo tutti, anche nelle riunioni in provincia ci incontriamo. Vogliamo coinvolgere le comunità per far capire cosa sono davvero le Acli. Far conoscere che esistono forze ed esperienze significative di Acli al Sud differenti da altre conosciute.

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