Un circolo Acli, il Foyer delle Famiglie, nel cuore del centro storico della città di Asti, al fianco della Cattedrale, nato ormai più di una decina di anni fa, all’interno dell’antico complesso conosciuto come Opera Pia Caissotti. Un luogo di incontro e condivisione aperto alla città, quello di cui la città aveva bisogno.
Mauro Ferro, presidente provinciale Acli e consigliere del circolo, ne parla con noi come si fa con qualcuno di famiglia, con un concittadino legato al proprio territorio e così facendo ci apre le porte del Foyer.
Prova a guardare indietro, alle origini del vostro Circolo. Cosa vedi?
Vedo la Parrocchia della Cattedrale di Asti, vicina alla sede provinciale Acli (questa prossimità con la parrocchia da subito ci fa sentire a casa) che ha avuto in gestione un’Opera pia. Ad oggi l’Opera pia è ancora proprietaria della struttura che ospita il circolo nei pressi della Cattedrale. Due locali piuttosto grandi, con delle potenzialità enormi, diventano le fondamenta di un progetto più ampio: oltre ad essere un luogo di ritrovo e di aggregazione per i soci, ci si propone di diventare un luogo di accoglienza e al contempo di stimolo per tutta la città. Il parroco è amico delle Acli da tempo e, già da quando si trovava in un’altra parrocchia, aveva manifestato l’interesse di affidarci una struttura. Non volevamo uno spazio statico, che rispondesse alle esigenze di incontro dei soci, ma un luogo vivo, aperto alla comunità, sensibile alle diverse necessità, mediante un movimento dal dentro al fuori e viceversa. Un luogo politico, alla maniera aclista, con un presidio nel territorio, capace di offrire delle opportunità, di essere una presenza significativa vicino alle persone. A quel punto avevamo ottenuto lo spazio necessario, le mura, e diventava possibile far crescere questo pensiero.
Se ci sofferma sul nome “Foyer delle famiglie” si immaginano due caratteristiche principali del vostro circolo è vero?
Non è certo stato un caso il fatto di inserire nel nome un riferimento alle famiglie questo sì. Il termine “Foyer”, se non sbaglio, dovrebbe essere stato un’idea di Don Paolo, l’attuale parroco che sta per andare via a breve. Il nostro era uno spazio abitato da suore che, nell’ultimo periodo, gestivano una sorta di pensionato per ragazze e, prima ancora, è stato un orfanotrofio. L’opera pia Caissotti, legata a vecchi lasciti di alcuni Vescovi, si rivolgeva principalmente all’infanzia, ai ragazzi senza famiglia. In quello che potremmo chiamare il refettorio, sono rimasti due tavoli grandi e un camino. Penso che il nome Foyer dipenda dal camino, come il logo del nostro circolo. E’ possibile che con lo stesso termine si possa indicare anche una casa di accoglienza per senza tetto, che fornisce svariati servizi. Penso, tuttavia, che sia una questione anche di vezzo e il voler restituire l’immagine di un luogo caldo e accogliente, in particolare per le famiglie, anche se successivamente l’idea si è ampliata a tutti. Inizialmente le famiglie erano il centro del circolo, ma ora non è più così.
Ma qualche attività specifica indirizzata alle famiglie la state realizzando?
Al momento abbiamo dei corsi di lingua italiana per stranieri, in particolare per i minori non accompagnati che non possono frequentare i corsi ufficiali, quelli del CPIA e lo curiamo insieme ad un’altra associazione, gratuitamente. Si tratta di un percorso propedeutico all’inserimento in altre strutture scolastiche. Sul piano delle iniziative vere e proprie per la famiglia, direi che ospitiamo le attività dei gruppi di famiglie parrocchiali e diocesani, non abbiamo strutture o corsi per il supporto psicologico perché non abbiamo disponibilità di competenze. Non realizziamo attività in proprio, ma abbiamo uno spazio ad uso esclusivo delle famiglie che mettiamo a disposizione.
Quindi il circolo si è molto trasformato nel tempo, in che modo?
Abbiamo avuto sempre una importante adesione, dipende anche dagli anni, come per tutti, ma ad oggi direi che siamo intorno ai 300 soci circa. L’80% forse sono famiglie, siamo riusciti a tesserare anche il Vescovo. Lo zoccolo duro di soci attivi con una certa regolarità è di circa 70 persone, ma riusciamo più o meno a coinvolgerle con più frequenza un centinaio. Guardando il Foyer delle famiglie adesso direi che è stato capace di slegarsi dalla parrocchia diventando più autonomo nella sua gestione, un percorso che ha richiesto tempo. Volendo individuare un momento che ha segnato un cambiamento importante per il progetto del nostro gruppo, potrei forse citare il covid. Un evento inaspettato e tanto meno voluto ma che, in collaborazione con la sede provinciale delle Acli, ci ha spinto a promuovere una serie di iniziative legate al tema della cura, fruttando oltre ai locali, anche il cortile esterno. Era d’estate e bisognava rispettare il distanziamento. Questa scelta ci ha permesso di dare vita ad una manifestazione che sentiamo vicina, intitolata “Senza perdere la tenerezza”. Un festival che intreccia i temi della cura, dell’accoglienza e dell’ambiente, integrando con altre questioni che ci sono più care. Nel 2019, ad esempio, ci siamo occupati della città e del modo in cui affronta la cura, attraverso la promozione di un modello di sviluppo più inclusivo, come ci insegna Papa Francesco. Ti racconto questo perché guardando indietro credo che la pandemia per noi abbia davvero rappresentato uno spartiacque, perché, nel confronto con altre strutture della città che hanno dovuto chiudere, poter disporre di uno spazio fisico gestito nella maniera adeguata, sensibile alle esigenze delle persone, poteva essere davvero il luogo che mancava. Uno spazio fisico che si apre alla città e diventa circolo nel modo in cui noi lo intendiamo, luogo generativo e pulsante, che non solo accoglie ma crea delle cose, crea occasioni di incontro, fa in modo che le esperienze crescano. Si cimenta nella presentazione di libri, ospita associazioni che richiedono un posto dove incontrarsi, si impegna nella realizzazione di attività culturali, muove pensieri e persone. Insomma un volano che è andato alimentandosi con una presenza nell’oggi molto significativa. Ci piace pensare che abbiamo ampliato anche il numero delle realtà associative che ospitiamo, molto diverse da noi che però nel circolo hanno trovato casa, alimentando lo scambio e il confronto.
Che significato ha per voi la gestione degli spazi, la possibilità di metterli a disposizione per altri?
Per alcuni di noi che hanno una visione più ampia del territorio è parso da subito chiaro che offrire ad altre realtà la possibilità di occupare i nostri spazi, sarebbe stata un’occasione di crescita anche per avvicinare i giovani. Qualche volta agganciamo gruppi informali con i giochi da tavolo, oppure abbiamo dato una stanza ad un gruppo di giovani che si fanno chiamare “Ultima generazione” che però sono fuori dal nostro giro. E’ più facile con chi viene da fuori perché qui i giovani fanno più vita di parrocchia e meno di circolo. Dare lo spazio è invece un aggancio per provare a far crescere anche i giovani nella loro attività lavorativa, coinvolgendone altri. Questa è un’idea che abbiamo chiara in mente, anche se comprendiamo che è una scommessa, nessuna garanzia.
Direi che questa è una nostra qualità interessante che, mi rendo conto, può essere compresa appieno solo per chi è parte del nostro territorio, lo vive e lo comprende. Asti è una città governata dalle destre che sta facendo molta fatica. Ci sono pochi spazi pubblici, ma anche privati, luoghi di circolo dove promuovere una crescita comune con la città, dove le persone si riconoscono e possono essere accolte, dove possono portare dei contributi, una visione. Dare ospitalità nei nostri spazi ha un significato più ampio, ci offre l’occasione di diventare un riferimento per molti, anche se non per tutti, perché come dice Manfredonia, siamo comunque di parte. E con noi le Acli. Questo scambio porta dei vantaggi: siamo dentro molte reti, cerchiamo di mantenerci come dire “liquidi”, creando anche un buon equilibrio tra sede Provinciale e circolo. Poi sarà il tempo a dirci se siamo cresciuti, non in termini numerici, ma di consapevolezza, di apertura, di nuove attività.
Se restiamo in tema di passaggi, avete fatto una scelta che ha dato un’impronta riconoscibile al circolo, una nuova sfida con cui misurarvi?
Una delle nostre soddisfazioni più grandi è stata, la creazione del GAFF (gruppo di acquisto Foyer delle famiglie), forse la novità che ci caratterizza in modo interessante, ci tendo a sottolinearlo. Abbiamo, infatti, dato vita da qualche tempo a questo gruppo di acquisto informale legato al circolo, piuttosto grande e partecipato, che opera con modalità un po' soft rispetto ad altri, con alcuni che animano il gruppo per decidere quale campagna lanciare. Comprende famiglie e persone che non frequentavano il circolo, quindi con la sua nascita, abbiamo potuto allargare la base associativa, connotandoci per alcune scelte significative in tema di sostenibilità e di attenzione alle realtà produttive non tradizionali. Le aspettative iniziali sono state, per buona parte superate: individuare produttori e prodotti biologici per andare incontro alle esigenze del gruppo; collaborare con i piccoli produttori locali rispettosi dell'ambiente; promuovere acquisti da realtà cooperative, in particolare cooperative sociali, che coniugano le proprie attività di produzione con la sensibilità verso il sociale. Ad esempio, lavoriamo con la coop. “Esperanto” che coltiva in Campania con un terreno confiscato alla mafia; poi collaboriamo con la coop. agricola “Maramao”, dove sono occupati dei ragazzi migranti e con una coop. che distribuisce caffè della Colombia. Infine, la collaborazione si è estesa alla comunità di Bose che, ad Ostuni, produce olio EVO. Le attività del gruppo di acquisto si estendono anche a momenti di incontro con i produttori, di approfondimento sulle tematiche ambientali, alla realizzazione di serate per degustazione di prodotti tipici. Il gruppo ha generato buone pratiche e ampliato le potenzialità del circolo.
Ma non ci fermiamo qui. Un anno fa circa abbiamo aperto anche un bar con mescita, una decisione che è stata maturata con calma, e che prima di realizzarsi ha richiesto un po' di tempo e ponderazione. Abbiamo una cucina a norma, in regola con la asl e facciamo piccola ristorazione, ma solo per chi usufruisce dei nostri spazi per fare riunioni, incontri, ecc. Le due cose sono legate e anzi, avere l’opportunità di preparare dei pasti anche semplici ha incrementato il numero di associazioni che si rivolgono a noi per richiedere un posto dove stare. Noi chiediamo a tutti di fare la tessera, non perché il numero di tessere sia il nostro obiettivo, ma ci interessa poter condividere con altri i nostri principi. Per far capire cosa intendo, vorrei fare l’esempio di queste ultime settimane, riguardo la nostra adesione alla rete Welcoming Asti che promuove i valori dell’accoglienza, della giustizia sociale e della pace con cui ci attiviamo per delle iniziative e dei presidi. Al Fayer abbiamo ospitato la “Rete” per un percorso di formazione di tre incontri sull’accoglienza, che però noi abbiamo contribuito a caratterizzare molto, offrendo la nostra impronta come Acli, con un docente di Milano che ha trattato la questione delle frontiere sociali e culturali e poi esponenti esperti delle frontiere vicine al Piemonte.
La sfida più recente è stata quella di assumere una persona per la gestione del bar. Ci piace essere corretti e fare le cose in regola, poi volevamo offrire un’opportunità ad un uomo che faceva l’informatico e ad un certo punto cercava un’altra strada. La sua presenza ha un valore per noi dal momento che è in grado di creare occasioni di incontro.
Detto questo che c’entra siamo comunque il circolo dove si viene volentieri anche semplicemente per passare un’ora in compagnia e poi andar via.
Due battute finali sul futuro?
Nel prossimo futuro, direi che il cambiamento del parroco non è di poco conto. Il circolo potrebbe diventare una palestra per sperimentare nuove formule, nuove idee. Poi dipende da chi arriverà. Però ad esempio noi abbiamo immaginato di poterci porre come acli provinciali ma anche come circolo, come cerniera tra il mondo cattolico e il mondo laico, pur con la fatica che questo comporta a causa di alcune chiusure che delle Associazioni si portano ancora dietro. Noi vorremmo provare a ragionare e intrecciare alcuni ragionamenti con tutti, su delle questioni è più complesso, ma se lo fa il Papa potremmo provare anche noi.
Noi immaginiamo di restare un circolo vero, un luogo aperto, accogliente e quanto più possibile destrutturato, che possa essere frequentato senza necessità di troppe programmazioni. Ci rendiamo conto che è complesso, ancor di più ora con un dipendente, ma su questo ragionamento siamo ancora in cammino, ma vorremmo andare in questa direzione. Dobbiamo porci anche la questione di alcuni spazi inutilizzati dell’edificio. Abbiamo una saletta dove organizziamo corsi di ginnastica dolce al momento, ma poi ce ne sono molti altri. Il circolo potrebbe concorrere alla gestione di questi spazi al secondo piano. Insomma le prospettive ci sono, andranno prese delle decisioni, ma la condivisione di fondo è ampia nel circolo.
La nuova iniziativa è stata proposta da Acli Siracusa in collaborazione con Acli Terra. L’inaugurazione dello stand si è tenuto il 27 aprile 2024 all’interno della Festa della Fragola all’Ippodromo del Mediterraneo a Cassibile.
Nello stand, oltre ad essere esposti prodotti enogastronomici del territorio, sono state acquistate delle barrette di cioccolata solidale; le barrette di cioccolato alla fragola non sono solo un dolce piacere per il palato, ma anche un’opportunità per fare del bene.
“Qualche mese fa – racconta il presidente provinciale Acli Bianca - abbiamo incontrato una rete di associazioni che hanno allestito un orto sociale presso l’Istituto delle suore Francescane Missionarie di Siracusa. Vogliamo far crescere quest’orto grazie alla immensa generosità della gente”.
L’iniziativa ormai attiva da qualche anno si rivolge principalmente a gruppi di persone affette da patologia psichica grave, con il motto “curare un orto” per curare se stessi.
Grazie al supporto della rete Acli di Siracusa e di tante persone generose si è raggiunto l’obiettivo: si passerà da un orto sociale ad un GIARDINO TERAPEUTICO, con la realizzazione di aiuole rialzate su cassoni di legno che faciliteranno il lavoro manuale.
Verranno distinte le aree per la coltivazione delle piante aromatiche e quelle per le specie ornamentali, con l’inserimento di mangiatoie e nidi per uccelli.